Negli elenchi siciliani e calabresi di quattro obbedienze massoniche, sequestrati dalla Gdf il 1° marzo 2017, c’è la presenza di alcuni sacerdoti (si vedano i servizi che ho scritto nel passato nei link a fondo pagina).
Tra le tante puttanate (scusate il francesismo) che ho letto nel periodo successivo alla presentazione della relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia ce n’è una che mi ha particolarmente colpito. Perché mai – si sono chiesti alcuni presunti soloni del nulla sotto vuoto spinto – la Commissione parlamentare antimafia si è occupata (ahimè di striscio) del rapporto tra massoneria e religione?
A queste persone – che o sono ignoranti, e allora posso scusarli o sono in malafede e allora periscano nell’inferno della nullità umana – si potrebbe rispondere con mille motivazioni.
La prima e la più ovvia: la Chiesa Cattolica e la massoneria sono ideologicamente e culturalmente distanti tanto quanto può esserlo il dio pagano Francesco Totti dal tifo ultrà della Lazio.
La Declaratio de associationibus massonicis emanata dalla Congregazione vaticana per la Dottrina della Fede il 26 novembre 1983 – presieduta dal Prefetto cardinale Joseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI – vi è inconciliabilità tra l’adesione alla Chiesa cattolica e alla massoneria. Nella Declaratio si ribadiva che rimane «immutato il giudizio della Chiesa nei riguardi delle associazioni massoniche, perché i loro principi sono stati sempre considerati inconciliabili con la dottrina della Chiesa e perciò l’ iscrizione ad esse rimane proibita». Papa Francesco, più recentemente, il 23 ottobre 2017, ha respinto le credenziali di un libanese, indicato dal suo Stato come ambasciatore presso la Santa Sede, perché iscritto alla massoneria.
Ma come dimenticare la motivazione giudiziaria, che vede anche ultimamente uomini di Chiesa (o presunti tali) indagati per incestuosi rapporti affaristico-malavitosi all’ombra di una cupola massonico deviata in cui (come scrivo ormai da oltre un decennio) politica, professioni, giornalismo, falsi servitori dello Stato e ‘ndrangheta condizionano la vita economica e sociale della Calabria e su per li rami di ampie porzioni di ciò che resta dell’Italia.
Che qualcosa di perverso, incestuoso e criminale possa annidarsi sul rapporto tra massoneria e ‘ndrangheta deve essere venuto in mente – ohibò – anche alla Conferenza episcopale calabra (Cec) che ha tenuto a Catanzaro, nella propria sede del Seminario S. Pio X di Catanzaro, una intesa sessione di lavori tra il 12 e il 13 marzo.
Ebbene, in una nota ufficiale – non dunque in un bisbiglio sommesso – ha scritto quanto segue: «Prima di entrare nel merito dell’odg la Cec ha prospettato al presidente Mons. Vincenzo Bertolone alcune indicazioni di cui farsi portavoce al prossimo consiglio permanente della Cei. È quindi tornata ad interessarsi del Corso sulla ‘ndrangheta, suggerendo che nella formazione dei giovani chiamati al sacerdozio sia preso in debita considerazione anche il rapporto ‘ndrangheta-massoneria e che il Corso coinvolga anche gli Istituti Superiori di Scienze Religiose della regione ed altre realtà interessate».
Ora, giusto per capire la valenza straordinaria della cosa, ricordo innanzitutto a me stesso che gli Istituti superiori di scienze religiose (Issr). La loro configurazione giuridico-accademica è stata delineata da due documenti, emanati dalla Congregazione per l’educazione cattolica: la “Nota illustrativa” del 10 aprile 1986 e la “Normativa per l’Istituto Superiore di Scienze Religiose” del 12 maggio 1987. Gli Issr offrono la conoscenza degli elementi principali della teologia e dei suoi necessari presupposti filosofici e complementari delle scienze umane. Questo percorso di studio, più specificamente, ha lo scopo di: promuovere la formazione religiosa dei laici e delle persone consacrate, per una loro più cosciente e attiva partecipazione ai compiti di evangelizzazione nel mondo attuale, favorendo anche l’assunzione di impieghi professionali nella vita ecclesiale e nell’animazione cristiana della società; preparare i candidati ai vari ministeri laicali e servizi ecclesiali; qualificare i docenti di religione nelle scuole di ogni ordine e grado, eccettuate le Istituzioni di livello universitario.
Insomma, se anche la Chiesa calabrese invita a studiare un motivo ci sarà, no!
r.galullo@ilsole24ore.com
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