Cari lettori di questo umile e umido blog, dalla sorsa settimana vi do conto di alcuni aspetti straordinariamente interessanti non affrontati o affrontati di striscio nel corso degli Stati generali delle lotte alle mafie svolto a Milano e organizzato dal ministero della Giustizia.
Rimando ai link a fondo pagina per tutti i servizi precedenti.
Oggi proseguo con un argomento che ho cominciato a trattare venerdì scorso grazie agli spunti molto interessanti offerti dal direttore generale del dipartimento delle informazioni per la sicurezza Alessandro Pansa: il deep web, la Rete nascosta e più profonda.
Lo faccio andandovi a proporre lo straordinario contributo scritto (ma perché non è stata invitata a parlare? Perché non è stato proiettato un suo video intervento?), inserito nella chiavetta distribuita che forse in 3 o 4 (giornalisti compresi) avranno aperto, di Roraima Ana Andriani.
A Bruxelles ha partecipato all’elaborazione del primo Piano antidroga della Ue. Nel 1989 entra in Polizia: sarà la prima donna funzionario ad essere trasferita all’estero presso l’Ufficio europeo di Polizia dell’Aia. Prosegue la sua carriera passando all’Interpol dove, nel 2001 viene nominata direttore di Gabinetto, risultando la prima donna e la prima italiana ad occupare un incarico di così alto prestigio. Da settembre 2015 è direttore del Dipartimento crimine organizzato e crimini emergenti di Interpol.
In un’intervista resa sul sito di Aspen institute Italia del 1° marzo 2017, alla domanda “come sta cambiando il crimine organizzato?”, risponderà: «Nello scenario attuale anche quelli che noi consideriamo crimini classici – pensiamo al traffico di stupefacenti – si stanno adeguando ai cambiamenti tecnologici. Uno degli elementi che caratterizza il crimine oggi è l’utilizzo della rete: è ciò che noi chiamiamo enabling crime e cioè l’uso di strumenti digitali per traffici illegali. Il traffico di prodotti contraffatti, ad esempio, avviene sempre più spesso attraverso i social media, grazie all’anonimato garantito da questi strumenti. Tale mutamento pone nuove sfide nel contrasto alla criminalità: mentre in passato i container erano la via principale per trasportare nel mondo grandi quantità di prodotti illeciti, ora il crimine organizzato punta a una frammentazione dei traffici. La strategia di distribuzione è più parcellizzata e questo rende più difficile intercettare i prodotti ed effettuare sequestri».
Proprio sull’utilizzo della Rete tornerà nel suo documento scritto che vi ripropongo per due semplici motivi:
- Non potreste altrimenti mai leggerlo
- E’ talmente interessante che dovrebbe costituire la base per una formazione e per una presa di coscienza profonda per tutta la classe politica e dirigente (a parte i pochissimi che si sono affacciati alle due giornate di lavori degli Stati generali a Milano)
Ecco la prima parte dell’intervento. Domani si prosegue con un’altra parte.
«Viviamo un momento in cui lo scenario nel quale opera il crimine organizzato subisce continui mutamenti, la relazione stessa tra geografia fisica, le competenze territoriali ripartite tra i vari gruppi criminali e le loro operazioni criminali non poteva non adeguarsi ai processi di globalizzazione. Lo stesso concetto di “crimine transnazionale”, come definito dalla Convenzione Onu di Palermo del 2000, secondo cui, un reato è transnazionale se commesso in più di uno Stato o se vi è implicato un gruppo criminale organizzato impegnato in attività criminali in più di uno Stato, fa riferimento ad una relazione tra geografia fisica e gruppi criminali organizzati o attività criminali che non ha potuto tener conto del profondo impatto che il progresso tecnologico ha avuto sulle strutture criminali e le sue modalità operative.
Per tecnologia si intende certamente il Web e tutte le opportunità offerte da Internet, come la moltitudine di piattaforme digitali, di canali di comunicazione, il deep web ma allo stesso tempo anche innovazioni tecnologiche come i droni, le stampanti 3D e l’automazione dei sistemi logistici. Il crimine organizzato ha sviluppato un business model da impresa criminale sempre più senza frontiere, con una spiccata flessibilità ed intangibilità. I crimini finanziari sono i più significativi. Identità bancarie e dati finanziari possono essere rubati con il semplice ausilio di un digital device e di una connessione Internet, utilizzati o rivenduti senza che nessuno degli hackers si sia alzato dalla sedia, abbia passato frontiere o controlli di identità ma, al contrario, avvantaggiandosi di un alto indice di anonimato. Si assiste sempre più a furti milionari a seguito di attacchi hacker cross border ai sistemi bancari, come nel caso dell’attacco alla Central Bank del Bangladesh nel febbraio 2016. Alcuni account della Banca centrale del Bangladesh furono manomessi da hackers che inviarono alla Federal Reserve di New York diverse richieste di trasferimento di fondi. Ottanta milioni di dollari finirono su altri conti correnti in Asia con un semplice clic. La tecnologia è in continua evoluzione ed i criminali diventano sempre più attenti e sofisticati.
Altro aspetto innovativo del business model criminale è lo sviluppo incessante dell’e-commerce. Dimensione questa che si sovrappone e supera il concetto di traffici illeciti attraverso le rotte aeree, marittime e terrestri. Il mercato on line di prodotti e servizi illegali è in continua espansione sia nel web in superficie che nel deep web. Quando parliamo di web in superficie e deep web stiamo facendo riferimento ad una dimensione virtuale che non e rapportabile a nessun dato conosciuto. Se stabilire la dimensione esatta del “web visibile” è impresa ritenuta particolarmente difficile, stimare quella del “web invisibile” è addirittura inimmaginabile. La vendita on line di prodotti e servizi illeciti non è più considerata solo come un modus operandi ma come un vero e proprio mercato illecito robusto, in continua espansione e di grade dinamicità. Gli analisti stimano che nel medio e lungo termine sostituirà quasi completamente i tradizionali modelli di distribuzione. Si assiste ad una frammentazione della catena di distribuzione dei prodotti e servizi illeciti. Dalla commercializzazione, alla raccolta, offerta e consegna. I trafficanti per pubblicizzare la disponibilità della merce illegale e reperire i clienti utilizzano i social media come whatsapp, instagram, facebook, weChat, ask me e altre piattaforme. Una piattaforma come weChat può, per esempio essere paragonata ad un coltello svizzero digitale con funzionalità multiple. E’ senza costi e consente lo scambio di messaggi scritti, vocali, foto, video, chiamate e anche pagamenti attraverso WeChat play.
Molte tecniche sono adoperate per eludere le possibilità di essere intercettati, come l’utilizzo contestuale di piattaforme diverse. Foto vengono scaricate su facebook o instragram, negoziazioni vengono effettuate mediante l’alternanza di messaggi scritti con quelle orali. Li accounts, ovviamente, hanno delle vite brevi e circoscritte per la tutela dell’anonimato. Prodotti illeciti sono assemblati in centri di raccolta dove convergono da varie destinazioni e, in genere, in quantità ridotte. La vendita al minuto è parcellizzata e la consegna si effettua tramite servizi postali con mittenti inesistenti direttamente dal fornitore al consumatore, con evidente abbattimento dei costi di intermediazione» (fine prima parte).
Ora mi fermo ma domani continuo con questa straordinaria analisi. Ne vale la pena perché è con questo che le Istituzioni e i governi mondiali devono e dovranno fare i conto, partendo già da un ritardo clamoroso.
5- To be continued (per le precedenti puntate si leggano
http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/12/01/lotta-alle-mafie4-alessandro-pansa-dis-la-mafia-del-bidone-di-toto-riina-sara-sostituita-dalle-mafie-del-bitcoin/)