Rapimento di Aldo Moro/3 ‘Ndrangheta, Frank Coppola e politica: tutti interessati a far morire lo statista Dc pur di salvare i propri traffici

Amati lettori di questo umile e umido blog, da martedì scrivo della relazione (pressoché conclusiva) della Commissione di inchiesta parlamentare sul rapimento e la morte di Aldo Moro. Nella seduta del 20 dicembre 2016 – come sempre presieduta dal Pd Giuseppe Fioroni– è stato presentato un ricco elaborato che – tra le tante cose – tocca anche il nervo scoperto del ruolo della criminalità organizzata nelle fasi (quante? quali?) di quei drammatici giorni che segnarono per sempre la storia della democrazia italiana.

Un (altro) nominativo emerso nel traffico d’armi, quello di Frank Coppola, detto “tre dita”, boss italo americano, è stato più  volte  evocato  in  relazione  al  possibile  coinvolgimento  di  ambienti  criminali ’ndranghetisti nelle vicende relative a contatti con la ’ndrangheta per l’individuazione della prigione di Moro.

Vincenzo Vinciguerra, elemento della destra eversiva, riferì della conoscenza fatta in carcere con il calabrese Francesco Varone (detto Rocco). Questi gli aveva raccontato che si era incontrato con l’allora onorevole della Dc Benito Cazora, il quale gli avrebbe chiesto di attivarsi per trovare la prigione di Aldo Moro. Dopo un certo periodo di infruttuosa attività sarebbe stato convocato a Pomezia, in casa di Frank Coppola. Qui un’altra persona avrebbe detto a Varone di sospendere le attività per ricercare Moro, anche offrendo denaro e, alla domanda della ragione di tale richiesta, gli sarebbe stato risposto: «Quell’uomo deve morire».

L’intervento di Frank Coppola – che secondo quanto dichiarato da collaboratori di giustizia non fu l’unico – diretto a vanificare ed interrompere l’impegno di affiliati alla criminalità per ricercare la prigione di Moro, richiama ancora una volta la vicenda del traffico d’armi scoperta nel 1977 (si veda il post di due giorni fa, peraltro richiamato in fondo al pezzo con un link).

Secondo Luigi Guardigli, infatti, Coppola fu interessato in relazione alla vicenda della richiesta di fornitura di armi per il Libano. Guardigli era amministratore della società Racoin (Rappresentanze commerciali industriali) una società a responsabilità limitata, con sede a Roma, in via Clementina 2, con oggetto sociale “Esportazione, importazione e vendita conto proprio di ogni tipo di merce da e per tutti i paesi del mondo”. Racoin, tra l’altro, secondo la ricostruzione della Commissione, si occupava di compravendita di armi per Paesi stranieri.

Come abbiamo letto nei giorni scorsi su questo umile e umido blog, anche dalle attività di intercettazione dell’Arma dei carabinieri fu evidenziata una telefonata di Guardigli ad un’utenza del Ministero dell’interno, nel corso della quale lo stesso riferì al maresciallo Gueli della Polizia di Stato che verso le 17 sarebbe arrivato a casa sua Frank Coppola.

La Commissione parlamentare d’inchiesta segnala che, a differenza di quanto emerso rispetto a De Stefano, nel carteggio processuale non si rinvengono riscontri sulle attività di Coppola, sul quale Guardigli successivamente sosterrà di aver mentito per cercare la benevolenza della Polizia e divenire un informatore. Ma nell’ultima escussione con la Commissione parlamentare Guardigli  ha  invece  confermato  di  aver  conosciuto Coppola nel 1976 e di averlo rivisto almeno in un’occasione nel 1977.

Anche il pentito siciliano Tommaso Buscetta riferì di un tentativo di adoperarsi per la liberazione di Moro, promosso da Ugo Bossi, un criminale comune vicino a Francis Turatello, il criminale veneto-lombardo ucciso e sventrato il 17 agosto 1981 nel carcere nuorese di massima sicurezza di Badu ‘e Carros da Pasquale Barra, deceduto in carcere a Ferrara dove stava scontando l’ergastolo il 27 febbraio 2015, esponente di spicco della Nuova camorra organizzata di Raffaele Cutolo. Anche in questa vicenda si registra un intervento di Frank Coppola che, secondo alcune suggestioni mediatiche sarebbe stato il padre naturale di Turatello e che secondo quanto riferì Bossi in un interrogatorio del 22 aprile 1993, si sarebbe recato a Milano proprio per scoraggiarlo a proseguire la sua opera per ottenere notizie utili a liberare Moro.

Sarebbero quindi due, riferiti ad attivazioni in ambienti criminali diversi, gli interventi di Frank Coppola per “bloccare” le iniziative finalizzate a ottenere informazioni utili per una positiva ricostruzione della vicenda Moro.

r.galullo@ilsole24ore.com

3  – the end

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