L’ordinanza di custodia cautelare firmata il 13 maggio in tarda serata dal Gip di Reggio Calabria Barbara Bennato nell’ambito dell’indagine Fata Morgana (alla quale rimando con i link sotto) è il proseguimento di una svolta nel modo di intendere (e volere) l’evoluzione della ‘ndrangheta.
Ripropone infatti, come abbiamo visto da ultimo con il post di ieri, il ruolo dei cosiddetti “riservati” di mafia, vale a dire quegli “eletti” che – anche se la mitica, mitologica e mitizzata unitarietà della ‘ndrangheta non lo prevede – sono al di sopra della massa, del volgo, dei sottoposti fantozziani, in altre parole. Sono, se volete diversamente dire, gli “invisibili” di ‘ndrangheta e di Cosa nostra, vale a dire quella miscela esplosiva di Servitori dello Stato infedeli, professionisti collusi, politici allevati a vangelo laico e santini, imprenditori foraggiati dal riciclaggio mafioso e, non ultimo, giornalisti (!) schifosamente al soldo.
Questa indagine Fata Morgana, cristallizzata dalla Procura e avvalorata dal Gip Bennato, pur in attesa di eventuali gradi di giudizio (non sta alla stampa emettere sentenze) ci racconta plasticamente cosa intenda, ancora una volta ma – attenzione – questa volta più collegialmente delle altre volte, la Dda reggina per “riservato” di mafia. E questo profilo, per la Dda, si adatta, ad esempio (ma è solo un esempio in attesa del resto che verrà e pur considerando tutti innocenti fino a eventuale sentenza definitiva di condanna) all’avvocato Paolo Romeo (si scrive Romeo ma, per la Dda, si legge cosca De Stefano) già condannato in via definitiva a tre anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ex parlamentare e per il cui profilo abbozzato rimando ai link a fondo pagina.
Ebbene il 19 febbraio 2014 la Guardia di finanza reggina agli ordini del colonnello Alessandro Barbera, dalle 11.28 alle 12.04 capta una conversazione tra due soggetti interessati alle aree mercatali ortofrutticole e, proprio nel momento in cui Romeo si allontana dal luogo intercettato, l’uno dice all’altro a proposito di Rosario Aricò, autista e braccio destro storico dell’ex reggente dei Tegano, Paolo Schimizzi: «si deve trovare posto per lui, se questo ha i soldi per darglieli…perché poi questo qua è “mmanicato”, oltre che cesso lui, è il genero di Giovanni Tegano…fa parte del Cda questo…suo suocero fa parte da…da…Triade…fa parte della Triade questo, capisci?».
Romeo, annota il Gip, pur essendo perfettamente a conoscenza della caratura criminale di Aricò, mostra l’assenza di «qualsivoglia assoggettamento». La circostanza che Aricò o gli interessi di cui era portatore fossero quelli del cda o della Triade della ‘ndrangheta reggina (che, per chi non lo sapesse è De Stefano-Tegano-Condello) era indifferente a Romeo che, infatti, si preoccupava che l’istanza venisse formalizzata con modalità corrette, escludendo che Aricò potesse decidere quando e come entrare nel Consorzio ortofrutticolo e precisando, anzi, come per farlo sarebbe stato costretto anche a pagare le spese arretrate, pena la permanente esclusione.
Lo spessore criminale di Romeo, scrive il Gip a pagina 143 dell’ordinanza di custodia cautelare, «non conosce gli ostacoli né del Cda, né delle Triadi della ‘ndrangheta; egli è a un livello superiore nella gerarchia associativa…E se le relazioni di ‘ndrangheta e l’autorevolezza criminale che gli deriva gli valgono il rispetto necessario a gestire le vicende del mercato ortofrutticolo, quelle privilegiate mantenute nei confronti della classe dirigente locale, consentono a Romeo di essere individuato quale benefattore di coloro che si attendono svariati “favori” dalla pubblica amministrazione. Insomma, la citata rete relazionale, pazientemente intessuta da Romeo con la compiacente classe dirigente locale, viene messa a frutto alla bisogna per soddisfare le esigenze di coloro che gli riconoscono un’autorevolezza sociale che va ben aldilà dei ruolo formali, ma si fonda, invece, su più concrete dinamiche sostanziali. Insomma, Romeo rappresenta il potere e chi glielo riconosce ne beneficia; e ciò accresce la percezione sociale della sua autorità, amplificandola in un vortice crescente».
E il Gip Bennato, in questo circolo virtuoso di ordinanze e sentenze che, oltre Meta, rimandano all’area dei “riservati”, richiama l’ordinanza del 2015 cosiddetta Il Principe (De Stefano) nella quale si legge che «…il circuito informativo interno all’associazione è rigorosamente caratterizzato da un sistema di camere stagne che segnano la piramide gerarchica del gruppo in cui la base agisce sul territorio, alimentando l’intimidazione diffusa, mentre il vertice governa e gestisce gli affari della cosca, alimentando qualificate relazioni utili a consolidarne il predominio sociale.
In conseguenza, nonostante l’azione di contrasto giudiziario abbia registrato confortanti progressi, nei distretti calabresi come in quelli settentrionali, la ‘ndrangheta non sembra significativamente scalfita…L’analisi retrospettiva ci consegna un desolante risultato: poco o nulla è cambiato nelle linee di potere della struttura associativa criminale. Sono, infatti, sempre le stesse cosche a dominare alcuni territori e a coltivare storiche e consolidate alleanze che ne consentono l’espansione fuori dai confini territoriali tradizionali e verso nuovi profittevoli mercati criminali. Eppure, molto spesso, l’apparente linea di potere di una cosca è resa visibile, anzi è ostentata dalla relazione di familiarità o affinità tra i soggetti che vi succedono al comando. Da mezzo secolo o giù di lì, sono ancora le cosche De Stefano, Condello, Tegano, Libri, Serraino (la loro citazione è meramente esemplificativa, perché è inquietante verificare come il giudizio potrebbe agevolmente estendersi all’intero gotha provinciale della ‘ndrangheta reggina e vibonese) a dominare la scena criminale sul territorio locale e su quello nazionale. Le condanne e le conseguenti pene detentive inflitte ai massini dirigenti delle citate cosche, il sequestro e la confisca d’imprese o di ingenti immobiliari, non sembrano averne scalfito il potere».
In ultima istanza: nella mitica, mitologica e mitizzata ‘ndrangheta unitaria sono tutti uguali ma c’è sempre un “riservato”…più uguale degli altri!
Credete che i fermi qui? Certo, per oggi ma la prossima settimana proseguo.
5 – to be continued (per la precedente puntata si legga http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2016/05/11/con-lindagine-fata-morgana-la-dda-continua-la-caccia-alle-logge-selvagge-che-governano-la-calabria/