Che a Roma ci siano le mafie lo sa anche un bambino che, ovviamente, voglia o abbia voluto vedere.
Non c’è voluta certo l’indagine Mondo di mezzo e la sua mafia “cacio, pepe e corruzione” per scoprirlo. Chi è romano – come me – gente come Carminati & C. la mastica, mediaticamente parlando, da quando era “pischelletto” (“bambino”, ndr).
Che il suo potere di influenza fosse rimasto identico – rectius – amplificato, lo avrebbe potuto prevedere anche sor pampurio, vista l’ininterrotta vicinanza der cecato agli amichetti della destra fattasi regime.
Dunque nessuna sorpresa per l’esistenza di sistemi criminali senza dimenticare comunque che – nel caso della “cupoletta” della presunta Mafia Capitale – bisognerà attendere il verdetto dei giudici.
Sorpresa – semmai – c’è per il fatto che dopo almeno 40 anni di dominio mafioso a Roma (da Cosa nostra negli anni ’70 alla ‘ndrangheta di inizio anni ’90, tutte comunque a fare i conti con i reduci dell’ex Banda della Magliana (visto che erano e sono loro a detenere le leve degli ingranaggi politici di destra, sinistra, centro, sopra e sotto) i livelli attaccati sono sempre stati quelli bassi se non infimi e la cupola vera (quella miscela esplosiva fatta di mafie, servitori infedeli dello Stato, massoneria deviata, politici allevati a santini e vangelo e professionisti al soldo) l’abbia finora sempre fatta franca mettendo nel sacco non solo i cittadini romani ma l’Italia intera.
La stessa identica ingenua e fanciullesca meraviglia – ooohhhhh – la si scopre quando si parla di Ostia che non è Roma. Di più: è la quintessenza capitolina dello strapotere criminale evoluto.
E se è vero che sono i dettagli a identificare le cose, ecco che i dettagli della criminalità evoluta di Ostia sono evidenti da decenni ma mai come adesso. Volete un esempio dello strapotere e della strafottenza di chi sa di restare impunito a fronte di retate e processi mediatici ancor prima che giudiziari?
Bene e allora l’esempio lo leggete mentre – in queste ore – la Commissione parlamentare è in “trasferta” proprio ad Ostia per approfondire le tematiche di natura criminale. Ecco cosa dichiara in Commissione parlamentare antimafia il 14 novembre Alfonso Sabella, ex pm a Palermo (sua la caccia e la cattura dei più importanti latitanti siculi), per sua sventura amministratore straordinario di Ostia per un periodo della sua vita.
Per quanto riguarda gli aspetti della mafia tradizionale, incalza Sabella, sono successe alcune cose molto particolari. E lì inizia il suo racconto. Godetevelo (si fa per dire).
«Quando io sono arrivato a Ostia – afferma di fronte ai commissari parlamentari – ho preteso immediatamente che venissero sostituiti tutti i dirigenti. In particolare, sono arrivati un nuovo direttore del municipio, un nuovo direttore dell’Uoal (l’Ufficio ambiente e litorale), era stato sostituito da poco il direttore dell’ufficio tecnico, e una nuova direttrice dei servizi sociali. Sono successi diversi episodi che magari non hanno alcun collegamento tra loro, ma che mi hanno confermato quanto sia inquietante lavorare in quel territorio.
La dottoressa Proverbio, dirigente del municipio, era appena arrivata. Al primo o secondo giorno da quando aveva assunto le funzioni trova la sua macchina parcheggiata negli stalli destinati al direttore del municipio di Ostia davanti al municipio con i vetri infranti.
Qualche giorno dopo la direttrice dei servizi sociali subisce un bruttissimo tentativo di violenza sessuale, probabilmente a opera di una persona che non c’entra assolutamente nulla con la mafia. Si tratterebbe di un cittadino straniero ubriaco, ma sono tutti episodi che uno mette dietro. Questa povera donna finisce in ospedale, con lividi. Io sono andato a trovarla. Aveva tanti lividi. Si è difesa come un leone ed è riuscita a farla franca in qualche modo.
L’altro episodio inquietante è che la terza dirigente, la direttrice dell’Uoal, è stata oggetto di minacce pesanti da parte di uno dei gestori dei chioschi che avevamo abbattuto e poi di una minaccia indiretta che sarebbe arrivata da parte di uno dei Triassi. Tra le tante cose che abbiamo scoperto è che c’era una spiaggia libera, nota come la “spiaggia delle suore”, perché prima era stata affidata in concessione alle suore, le quali, però, non pagavano la concessione, che quindi era stata loro revocata. In questa spiaggia libera qualcuno dei Triassi aveva collocato in una piattaforma un chiosco abusivo e da alcuni anni gestiva questa spiaggia. La nuova direttrice del litorale, ovviamente, era intervenuta per fare in modo che questa illegalità non si perpetrasse più, ma per vie traverse sono arrivate le minacce. Credo che la dottoressa Esposito abbia sporto una regolare denuncia alla procura della Repubblica su questi fatti, anzi ne sono sicuro. Questi sono episodi che riguardano quello che io ho visto in termini di tentativi di infiltrazione delle mafie di tipo tradizionale».
Già questo basterebbe per far accapponare la pelle ma il bello del racconto di Sabella – siore e siori – deve ancora venire. Il suo discorso prosegue e seguitelo con attenzione.
«Come delegato del municipio – spiega questo degno Servitore dello Stato riferendosi all’immobile dell’Ufficio tecnico, che è sul lungomare ed è abbandonato da anni – io volevo vedere questo immobile nel dettaglio, ragion per cui andai a fare un giro in questo immobile. Era il mese di maggio. Se arriva uno scemo in giacca e cravatta che gira intorno e dall’altro lato sulla spiaggia, viene immediatamente notato. La cosa che mi colpì fu che, quando io girai intorno, c’erano quelli dello stabilimento accanto che mi chiesero: “Lei che sta guardando?” Io risposi: “l’accesso alle spiagge è libero?” “Sì” mi dissero, “saranno affari miei” conclusi». Sabella torna in municipio e continua la sua giornata di lavoro. «A un certo punto – conclude come in un racconto fiabesco ma di quelle favole senza lieto fine – esco a prendermi un caffè e mi trovo davanti al municipio questi due signori che si erano cambiati ed erano lì. Mi chiesero se fossi l’assessore e che cosa fossi venuto a vedere nel loro stabilimento. Questo era l’atteggiamento. C’era la sensazione a volte anche di un controllo del territorio che, purtroppo, io ho avuto, ma sto parlando di sensazioni».
Capite cari e amati lettori di questo umile e umido blog: tomi tomi, cacchi cacchi – direbbe Totò – quattro bellimbusti, fottendosene di tutto e di tutti, dell’autorità e dell’autorevolezza di un amministratore e Uomo di legge come Sabella, sono andati a sfidarlo fin dentro casa sua. Impuniti, soliamo dire noi capitolini. E tali – in fatto e spesso in diritto – sono questi quaquaraqua che hanno ridotto in ginocchio Roma ben oltre (molto oltre) er cecato.
Caro Sabella, lei che romano non è, se lo lasci dire da un romano: le sue sensazioni sono esatte. Le mafie e i sistemi criminali evoluti, a Roma, il territorio lo controllano. Eccome! Non da oggi. Da decenni. Se non fosse che il rimedio sarebbe peggiore del male, ci sarebbe da gridare: “Aridatece er puzzone”.
r.galullo@ilsole24ore.com