Domani, giovedì 28 maggio, in allegato al Sole 24 Ore, esce in edicola mio nuovo libro “Finanza criminale – Soldi, investimenti e mercati delle mafie e della criminalità in Italia e all’estero” nell’ambito della Collana “Ora legale – Storie di eroi, mafia e antimafia”, partita il 14 maggio e che si chiuderà il 24 settembre. In tutto sono 20 volumi.
Il libro resterà in edicola una settimana al prezzo di 8,90 euro oltre al prezzo del quotidiano ma, come del resto i volumi dell’intera collana, potrà poi essere acquistato presso www.ilsole24ore.com/oralegale
Eccovi la presentazione che ho premesso al volume
La vasta produzione letteraria sulle mafie e sulla criminalità organizzata, negli anni ha accelerato, diventando copiosa in quest’ultimo periodo storico segnato da una profonda crisi economica e di valori e da una crescente sensibilità nell’opinione pubblica nazionale e internazionale.
Libri, pubblicazioni, analisi e ricerche – senza dimenticare il binario parallelo della cinematografia, della televisione, dei nuovi media e dei social networks – hanno scavato a fondo nell’anima nera della criminalità, delle mafie e di quelli che il capo della Procura generale di Palermo, Roberto Scarpinato, definisce da almeno 20 anni sistemi criminali.
Ogni singola mafia nazionale e internazionale è stata messa a nudo con migliaia di volumi e studi più o meno sintetici e la maggior parte delle attività criminali è stata raccontata con maggiore o minore dovizia di particolari.
Anche il Gruppo 24 Ore, con due precedenti volumi editati nel 2010 (Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate) e 2011 (Vicini di mafia – Storie di società ed economie criminali della porta accanto), sempre a mia firma, ha affrontato il tema, con la prospettiva di un gruppo multimediale che del racconto dell’economia e della finanza fa la propria forza.
Il ritorno alla pubblicazione di un libro, inserito nella collana editoriale Ora legale, è dettato dalla necessità di ampliare lo spettro e la portata dei fenomeni criminali, raccontando una realtà che vada oltre i meri numeri, vista anche la complessità delle stime di un’economia che è illegale o reimpiega nell’economia legale capitali sporchi. Le statistiche, come sarà facile scoprire leggendo le pagine che seguono, non sempre convergono.
Un ritorno dettato anche dal fatto che le consorterie italiane – ‘ndrangheta in testa – nonostante i duri colpi inferti da investigatori, inquirenti e giudici, sono sempre più forti e dunque, dal traffico di droga a quello dei rifiuti, passando attraverso contraffazione, gioco e arte, dettano legge o contribuiscono a crearla nel nome degli affari. Questi e altre decine di mercati sono stati messi sotto la lente del libro, dando maggiore spazio a quelli meno conosciuti o meno spiegati in questi anni.
Nasce cosi “Finanza criminale – Soldi, investimenti e mercati delle mafie e della criminalità in Italia e all’estero” che trae linfa anche dalle ultime indagini (come quella romana sulla Mafia Capitale) ma non è né poteva essere un libro esaustivo. Rappresenta una tessera in più per capire, con i fatti e il rigore, che non c’è più al mondo un settore che non entri nel radar delle organizzazioni criminali, delle mafie e dei più evoluti sistemi criminali.
Come tutti i libri, anche questo ha un filo comune, che in realtà si dipana dai precedenti, vale a dire la consapevolezza e la coscienza che il fine ultimo di questi sodalizi è l’arricchimento e la certezza, inoltre, che nelle società evolute, quali si ritengono quelle occidentali, la corruzione è l’altra faccia, necessaria, dei fenomeni malavitosi e mafiosi.
La realtà criminale – che mina potenzialmente ogni passo del nostro vivere quotidiano, dall’acquisto di un cd a quello di una casa – si può efficacemente spiegare con le parole, drammatiche e dolorose, del pentito di Cosa nostra Antonino Giuffrè il 18 febbraio 2004 nel corso di un processo: «Ho detto io poco fa all’inizio della mia dichiarazione che Giovanni Falcone mirava al cuore di Cosa nostra, cercherò ora di spiegare nei fatti. Sin dall’inizio degli anni ‘80, comincia a delinearsi la pericolosità, tra virgolette, del dottore Falcone. Il dottore Falcone è una persona che capisce, intuisce, è onesta ed inizia, ripeto, all’inizio degli anni ottanta una lotta contro Cosa nostra, ha avuto delle tappe importanti, cioè un fatto che lascerà un marchio indelebile della pericolosità di… del dottore Falcone, cioè sarà un’operazione che poi prenderà il nome di Pizza Connection, accanto a questa più in vi è un’altra operazione importantissima, che se ricordo bene, io a mala pena capisco un pochino d’italiano, prenderà un nome in inglese, vado a ricordare importante che per la prima volta un giudice va a braccetto, un giudice italiano porta avanti delle inchieste con la magistratura americana e in questa circostanza in modo particolare intendo a riferirmi a un personaggio che poi sarà un personaggio storico americano, intendo riferirvi al Rodolfo, Rudolf Giuliani, cioè inizierà una collaborazione tra la magistratura italiana, e Giovanni Falcone in modo particolare, e quell’americana. Questa sarà un’operazione che mirerà, come ho detto, al cuore di Cosa nostra, quando arriva al cuore e intendo riferirmi in modo particolare all’economia di Cosa nostra ed è un fatto che in questa operazione in modo particolare colpirà personaggi di grossissimo spessore italo-americani, cioè verranno arrestati Gambino e se ricordo bene Giovanni, Johnny, Rosario e Joseph, Giuseppe Gambino, cioè a quell’apparato italo-americano che per tanto tempo, diciamo, aveva governato, assieme a loro troveremo gli Inzerillo e anche gli Spatola. Cioè porto semplicemente questo esempio non tanto per l’importanza che non ha nessuna importanza, mi scuso del bisticcio di parole, dell’operazione in se stessa, ma della pericolosità del Falcone, cioè Giovanni Falcone era diventato un nemico non solo della Cosa nostra italiana, era diventato anche per Cosa nostra americana, mirando appositamente all’economia di Cosa nostra…».
Pubblicare e riflettere è importantissimo perché questo passo delle dichiarazioni rese da Antonino Giuffrè dicono – sinteticamente – due cose di una straordinaria e al tempo stesso banale forza: 1) le mafie sono organizzazioni transnazionali che hanno il principale e mortale scopo di fare soldi su soldi distruggendo il libero mercato e la concorrenza; 2) Falcone, per primo in Sicilia e tra i primissimi in Italia e non solo, capì che seguendo l’odore dei soldi sarebbe arrivato a mettere in discussione la forza di Cosa nostra. In quegli stessi anni un’altra coraggiosa figura in terra di Sicilia, quella di Pio La Torre, intuì che le ricchezze e i patrimoni delle mafie (il segno del comando) dovevano essere braccate e sottratte loro.
Per questo fa impressione leggere – nella richiesta per l’applicazione di misure cautelari della Procura di Caltanissetta, che il 17 aprile 2013 portò all’arresto di otto persone ritenute coinvolte nella strage di Capaci – che nel piano stragista deliberato dalla commissione provinciale palermitana di Cosa nostra era confluita, a proposito di Falcone e Paolo Borsellino, l’originaria decisione di morte già assunta nei loro confronti proprio agli inizi del 1980 e mai revocata.
Il metodo che si avvaleva di indagini finanziarie presso banche e istituti di credito in Italia e all’estero e che permise di individuare il flusso dei capitali sospetti è ancora oggi un pilastro internazionale per combattere la criminalità organizzata e quel rigore investigativo, quelle indagini finanziarie e l’estrema capacità di coesione all’interno del pool antimafia sono rimaste un’eccezione nel panorama italiano, nonostante i proclami e i segni di vittoria contro il crimine mafioso, sparsi a piene mani in questi anni, da Milano a Reggio Calabria, da Torino a Roma.
Nella celebre, ultima intervista resa il 10 agosto 1982 a Giorgio Bocca della Repubblica e, dunque nello stesso arco temporale in cui Falcone e La Torre capirono profondamente la mutazione genetica delle mafie, il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, diceva: «Non chiedo leggi speciali, chiedo chiarezza. Mio padre al tempo di Mori comandava i carabinieri di Agrigento. Mori poteva servirsi di lui ad Agrigento e di altri a Trapani a Enna o anche Messina, dove occorresse. Chiunque pensasse di combattere la Mafia nel pascolo palermitano e non nel resto d’Italia non farebbe che perdere tempo».
Poco dopo, sottolineando che l’Italia non poteva e dunque non può a maggior ragione oggi disinteressarsi delle mafie, aggiungeva plasticamente: «La Mafia ormai sta nelle maggiori città italiane dove ha fatto grossi investimenti edilizi, o commerciali e magari industriali. Vede, a me interessa conoscere questa “accumulazione primitiva” del capitale mafioso, questa fase di riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi e ristoranti a la page.
Ma mi interessa ancora di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari passati a mani insospettabili, corrette, sta nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere».
Interessa anche a questo libro.
r.galullo@ilsole24ore.com