Settimana di ordinari sequestri e confische alle mafie della Dia: da Torino ad Agrigento passando per Salerno

Ogni giorno ha il suo buongiorno.

Il buongiorno del contrasto alle mafie si deve, ormai appunto quotidianamente, alla raffica di sequestri e confische che ringraziando il buon Dio colpiscono, da sud a nord, la criminalità organizzata.

Spesso queste misure di prevenzione patrimoniale passano sottotraccia, non fanno cioè notizia (se non, parzialmente, a livello locale) perché i media nazionale sono ovviamente presi d’assalto da una miriade di avvenimenti.

Visto che le mafie sono finanza ed economia (oltre che sottomissione e omertà), il grazie del popolo italiano deve andare a chi impoverisce i portafogli delle mafie. E deve, dunque, andare, questa settimana alla Direzione investigativa antimafia.

QUI AGRIGENTO

Martedì la Direzione investigativa antimafia (Dia) di Agrigento (il capo centro della Dia  da cui dipendono le sezioni di Trapani ed Agrigento è il colonnello Riccardo Sciuto) ha confiscato beni mobili e immobili, per 54 milioni, riconducibili ai fratelli Diego e Ignazio Agrò, rispettivamente di 68 e 76 anni, originari di Racalmuto (Agrigento) ma da anni residenti ad Agrigento, che producono e commercializzano olio alimentare. I decreti di confisca, emessi dalla sezione misure di prevenzione del tribunale di Agrigento, presieduta da Luisa Turco, nascono dalla proposta avanzata dal procuratore di Palermo Bernardo Petralia. I due provvedimenti comprendono 58 immobili, tra fabbricati e terreni, in provincia di Agrigento, a Giardini Naxos (Messina) e a Spoleto (Perugia); 12 imprese con sede ad Agrigento e provincia, a Fasano (Brindisi) e Petilia Policastro (Crotone); 56 tra rapporti bancari, postali e polizze assicurative. In Spagna sono stati confiscati sei fabbricati e tre imprese dedite a produzione e compravendita di olio. I fratelli Agrò erano stati arrestati nel luglio 2007, nell’ambito dell’indagine “Domino 2” – relativa ad una serie di omicidi avvenuti all’inizio degli anni ’90 in provincia di Agrigento – scaturita dalle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, tra cui Maurizio Di Gati, già capo di Cosa nostra agrigentina. Erano stati condannati all’ergastolo (e poi assolti dalla Corte d’Appello, dopo il rinvio della Cassazione) per concorso nell’omicidio dell’imprenditore Mariano Mancuso, dopo che Salvatore Fragapane, all’epoca capo del mandamento mafioso, ne aveva deliberato l’uccisione. I due fratelli, seppur non organici, sono ritenuti contigui a Cosa nostra agrigentina.

QUI SICILIA

Tempo, in Sicilia, anche di consuntivi. Il centro operativo della Dia di Palermo, con le sezioni di Agrigento e Trapani, nel corso del 2014, nell’ambito dell’attività finalizzata all’aggressione dei patrimoni illecitamente accumulati dalla mafia, ha proceduto al sequestro di beni mobili, immobili, aziendali, quote e capitali societari, autoveicoli e imbarcazioni, per un valore di oltre 2 miliardi e 46 milioni

Sono stati confiscati beni per  oltre 18 milioni.

QUI TORINO

Giovedì 29, vale a dire ieri, il Centro operativo di Torino della Dia ha dato esecuzione al decreto di confisca di beni, emesso dal locale Tribunale, nei confronti di Salvatore Demasi, 71anni, ritenuto da investigatori e inquirenti capo indiscusso del “locale” (vale a dire una cellula di ‘ndrangheta con almeno 50 affiliati) di Rivoli (Torino),  condannato nel novembre 2013 in primo grado a 14 anni di reclusione per associazione per delinquere di stampo mafioso.

Salvatore Demasi, ritenuto affiliato alla ‘ndrangheta dal 1994, ha partecipato alla “società maggiore” con la dote di “padrino”, decidendo ed intervenendo ai riti di affiliazione e ha diretto ed organizzato l’articolazione criminale denominata “locale di Rivoli”, impegnata non solo a commettere delitti concernenti le armi, le sostanze stupefacenti, le estorsioni e l’usura, ma anche a gestire illecitamente attività economiche, in particolare nel settore edilizio, acquisendo appalti pubblici e privati, nel movimento terra , nella ristorazione e nelle sale da gioco.

Demasi, attesa la sua accertata pericolosità sociale, è stato contestualmente sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, aggravata dall’obbligo di soggiorno per cinque anni.

Tra i beni confiscati, tutti di proprietà o riconducibili a Demasi, figurano il capitale sociale della Demasi Costruzioni srl, della Mongoia s.s. e di altre società intestate a terze persone, oltre a cinque immobili situati a Rivoli, conti correnti, autovetture, polizze vita e buoni postali.

QUI SALERNO

Oggi, infine, sempre la Dia di Salerno ha eseguito una confisca di beni immobili (appartamenti e terreni) riconducibili a Domenico Chiavazzo, 36 anni, residente ad Angri (Salerno) e ai suoi congiunti.

Il provvedimento è stato disposto dal Tribunale di Salerno, su proposta del Direttore della Dia, nell’ambito di un procedimento di prevenzione instaurato a carico di Chiavazzo, al quale è stato contestato un illecito arricchimento mediante la commissione di attività criminali.

L’operazione è il frutto di approfonditi accertamenti patrimoniali condotti dal personale della sezione operativa di Salerno che hanno dimostrato come il patrimonio intestato a Chiavazzo, condannato, ricorda il comunicato stampa della Dia, nel 2011 per associazione a delinquere finalizzata all’usura e all’estorsione, non fosse congruo con quanto comunicato in sede di dichiarazioni dei redditi ma consistesse in capitali provenienti dalle attività illecite poste in essere.

In passato, nei confronti dell’uomo sono state più volte emesse ordinanze di custodia cautelare per delitti associativi finalizzati a favorire la prostituzione di ragazze straniere e il traffico di sostanze stupefacenti.

Il provvedimento di confisca è stato emesso ai sensi del “codice antimafia” che consente di acquisire al patrimonio dello Stato tutti i beni intestati a coloro che, sulla base degli elementi raccolti dagli organi investigativi, si ritiene che vivano abitualmente con i proventi di attività delittuose.

In particolare, sono stati confiscati due fabbricati ed un terreno nel comune di Angri, tra cui una sontuosa villa con piscina dove Chiavazzo dimora con il proprio nucleo familiare.

Il valore complessivo dei beni confiscati ammonta a circa 1,5 milioni.

Beh, non resta che attendere il buongiorno della prossima settimana e di molte altre a venire.

r.galullo@ilsole24ore.com