Cari lettori, da due settimane sto trattando dell’operazione San Michele con la quale la Dda di Torino (indagine condotta dai pm Roberto Sparagna e Antonio Smeriglio) con il supporto dei Ros dei Carabinieri ha smantellato una presunta cellula di ‘ndrangheta piemontese che operava sull’asse con San Mauro Marchesato (Crotone) e che voleva tra le altre cose, secondo le accuse e la ricostruzione, “papparsi” alcuni lavori della Tav. Mica tutti, alcuni ma sostanziosi.
Ma non basta. Perché, sempre secondo l’accusa, questa presunta cellula era in grado (o voleva) condizionare anche il libero esercizio del voto.
Tra le pieghe di questa ricchissima indagine ci sono anche alcuni racconti che definire cruenti è poco. Sono il segno dell’aberrazione umana. Sono la dimostrazione che l’uomo sconvolto da una mente criminale non si ferma davanti a nulla.
La storia è quella di un uomo, ovviamente indagato (e toccherà ad uno o magari più giudici decretarne la eventuale condanna), che ad un certo punto vuole acquistare, con le buone o con le cattive, le quote di una società. Anzi: secondo la ricostruzione che ne fanno gli investigatori e che si può leggere in ordinanza, dapprima si presenta all’imprenditore e alla sua famiglia con fare suadente, sornione, “piacione”. Un’abile mossa per conquistarne la fiducia ma poi, quell’impresa, che si era aggiudicato un importo milionario (che nulla aveva a che fare con i lavori dell’Alta velocità) doveva diventare sua a tutti i costi, anche a costo di mostrare l’altro volto. Quello cattivo, quello malvagio, quello crudele. In altre parole, quello che non ha paura e che non si arresta di fronte a nulla. Questo è quanto racconta l’ordinanza.
E così il nostro (si fa per dire!) indagato, calabrese di origine, si avvicina a quell’imprenditore ogni giorno (secondo il racconto che lui stesso fa ai magistrati che ne acquisiscono più volte la testimonianza). Eccolo il suo racconto. Leggete, leggete: «Ogni giorno…omissis…, davanti a più persone mi diceva “non vali un cazzo” “sei un vecchio rincoglionito” “tu non farai mai i soldi” “io sono l’unica tua salvezza, l’unico a cui puoi aggrapparti”. Omissis…non si limitava a dire queste cose a me ma telefonava anche a mia moglie, a mia sorella, ed a mio cognato, il marito di…omissis….
Ogni tanto…omissis…mi portava nella sala riunioni, in disparte dagli altri, mi faceva sedere, e dopo avermi messo la mano sulla spalla mi diceva “Tu devi fare quello che voglio io, io sono la tua unica salvezza! Devi ricordarti che io sono legato a una famiglia di calabresi molto in alto! Io ti sparo in mezzo agli occhi! Io ti spezzo le gambe!” Facendo riferimento a mia sorella diceva “non avrà neanche più bisogno della sedia a rotelle, perché l’ammazzo prima!” e ancora “io sulla sedia a rotelle ci metto tuo cognato e poi facciamo fuori pure lui!”.
Non ricordo il nome della famiglia mafìosa calabrese che…omissis…citava nelle minacce, però ricordo che le sue affermazioni colpivano nel segno, gettandomi nel terrore che è stato causa di una profonda depressione.
Omissis…le stesse minacce le fece telefonicamente anche a mia sorella».
Quelle quote societarie il nostro (si fa sempre per dire, sic!) simpaticone deve averle a tutti i costi e così leggete come prosegue il racconto testimoniale dell’imprenditore che, tanto per essere chiari, è stato costretto a fuggire all’estero (non sarò certo io a dire dove) nella speranza di salvare se stesso ma ancor prima la sua famiglia: «A questo punto le minacce di…omissis…divenivano ancora più pressanti e violente. Questi quasi quotidianamente si appostava fuori dalla mia abitazione e quando mi incontrava mi diceva “Ricordati di mollare le quote, è ora di finirla! Tu le devi mollare gratis e quando potrò te le pagherò!” Rivolgeva anche minacce all’incolumità di mio figlio e della mia famiglia. Le minacce giungevano anche a mia sorella.
Omissis…si vantava di avere armi che nominava, e che all’occorrenza le avrebbe usate. Citava i nomi delle pistole in suo possesso, sebbene io non le ricordi. Di una ricordo il nome tedesco, credo dicesse una Glock.
Tutte le minacce erano corredate da richiami alla sua famiglia ma/iosa calabrese di cui vantava di appartenere ed al fatto che non avrebbe avuto bisogno di “sporcarsi le mani”».
COSTRETTO A ESPATRIARE
Specifichiamo, così, tanto per la cronaca, che alla fine l’imprenditore cederà le sue quote (visto che uno dei suoi soci aveva già ceduto) per un prezzo fittizio e oltretutto non entrerà mai in possesso della quota più sostanziosa.
Come accennato sopra, stremato, l’imprenditore decide di abbandonare l’Italia. Ora la sua situazione, per sua ammissione è drammatica e leggete cosa mette a verbale, sempre nel corso degli interrogatori del 2011: «Preciso che maturai la decisione di partire per la…omissis… perché molto spaventato ed in ansia per ciò che sarebbe potuto accadere ante o alla mia famiglia. La mia famiglia restava a Torino e pensavo che allontanandomi io li avrei messi al sicuro da eventuali ritorsioni di…omissis…. Speravo di trovare lavoro in…omissis…e risolvere anche parte dei miei problemi economici e di sostentamento familiare.
Preciso che la mia situazione economica in questo momento si può definire disastrosa.
Dalla…omissis…, nel dicembre 2010, inviavo un sms ad un amico che sapevo in cattivo stato di salute; per errore mandai il messaggio a…omissis… un architetto di Caselle Torinese con il quale ero in commissione edilizia nel Comune di…omissis…; quest’ultimo, ricevuto il messaggio, mi ha contattato e mi ha raccontato le sue vicissitudini con…omissis…e il cantiere di Rivoli
A.D.R (a domanda risponde, ndr) . Non mi sono mai rivolto alle forze dell’ordine per paura di ritorsioni. Temevo che se mi fossi rivolto all’autorità questa non sarebbe stata in grado di proteggermi, perché come ripeto considero…omissis…un mafioso ed uno psicopatico, con delirio di onnipotenza e quindi molto pericoloso. Mi sono determinato a rivolgermi alle Forze dell’ordine perché non ce la faccio più a vivere in questo stato ed il parlare della cosa con…omissis…mi ha convinto a denunciare questi fatti sapendo che anche lui avrebbe fatto la stessa cosa».
Mi fermo, anche se su questa operazione ci sarebbero ancora tantissime cose da raccontare. Ci sarà tempo e modo di riprenderle.
8 – the end (per le precedenti puntate si vedano http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/07/03/tav-e-cosche-1-loperazione-san-michele-mette-un-dito-sulla-piaga-delle-cave-che-utilizzate-a-fini-criminali-diventano-miniere-doro/;