Il presidente dell’Associazione dei testimoni, Cutrò, replica al vice capo della Polizia Cirillo – Dura lettera (e reazione) di un altro testimone

Le riflessioni concrete, provocatorie, reali e, come tutto nella vita, opinabili, del vicedirettore generale della pubblica sicurezza, Francesco Cirillo, che il 29 maggio si è seduto di fronte alla Commissione parlamentare antimafia e ha affrontato il nodo dei testimoni di giustizia, non potevano restare senza risposta.

Questo umile e umido blog ne ha dato conto (si veda http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/06/20/per-il-vicecapo-della-polizia-cirillo-lassociazione-dei-testimoni-di-giustizia-pone-dubbi-e-domande-senza-risposta/) e non potevano mancare le reazioni, giunte già a pochissime ore dalla pubblicazione del mio articolo. Cirillo, infatti, si interrogava, tra l’altro, sulla necessità di un’associazione dei testimoni di giustizia.

Do conto, senza ulteriore commento, delle due lettere giunte da Ignazio Cutrò, a capo dell’Associazione e di un testimone, e dal testimone Luigi Coppola. Vedrete che il taglio delle due lettere è molto diverso e, forse, anche questo, contribuisce alle polemiche sulla distanza che separa i testimoni dallo Stato.

A voi lettura e riflessioni (ma si legga anche http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2014/06/20/per-il-vicecapo-della-polizia-cirillo-lassociazione-dei-testimoni-di-giustizia-pone-dubbi-e-domande-senza-risposta/).

 

LA LETTERA DI CUTRO’

Caro Roberto,

l’Associazione nazionale testimoni di Giustizia s’è sempre distinta per il rispetto delle istituzioni e il decoro nel portare avanti le sue rivendicazioni.

Noi, che abbiamo scelto da che parte stare, cadremmo in contraddizione se portassimo avanti manifestazioni e forme di rivendicazioni scomposte e volgari. Con quel po’ che ci concede la nostra cultura e la nostra educazione siamo consapevoli di dovere, a tutti i costi, mantenere un profilo sobrio ed equilibrato. Non condividiamo le risse verbali o le manifestazioni aggressive contro le istituzioni.

Certo, siamo in attesa di scelte politiche delicate: da questa ne va il destino delle nostre famiglie e la nostra stessa possibilità di vivere e lavorare. Continuiamo la nostra battaglia nel rispetto delle forme e dei ruoli, con la certezza che le istituzioni sanno di avere a che fare con persone per bene che hanno messo a rischio la propria vita per denunciare le mafie e i sistemi criminali.

Il dottor Cirillo è un dirigente dello stato integerrimo. Il suo impegno contro la mafia è dimostrato da quel che ha profuso quando ha lavorato in Sicilia. ci dissociamo da qualsiasi polemica o aggressione verbale nei suoi confronti o alle istituzioni.

Cordiali saluti

Ignazio Cutrò

 

LA LETTERA DI COPPOLA

Egregio dott. Galullo.

le parole del vice capo della polizia di stato Dott. Cirillo sono a dir poco offensive e forse lanciano un avvertimento nei confronti dei testimoni di giustizia. Offensive perche il dott. Cirillo con le sue dichiarazioni da dei falliti a noi testimoni (imprenditori) ma non fa alcun accenno sui fallimenti di un sistema vecchio e distruttore di uomini e interi nuclei famigliari.
Il dott. Cirillo lancia quasi delle accuse e fa di tutto per salvare la faccia ad un sistema carente sotto ogni profilo .
E noi testimoni questo possiamo dimostrarlo.
Anzi inviterei il dott. Cirillo a chiarire meglio pubblicamente chi sono i testimoni di giustizia che si sono resi incapaci nel portare avanti attività imprenditoriali
Mentre il dott. Cirillo fa simili affermazioni molti di noi, me compreso, siamo costretti ad elemosinare ogni diritto tra cui anche la sicurezza e qui mi sento di dire che uno Stato che risparmia soldi con la sicurezza nei confronti di chi ha messo in discussione tutto a cominciare dalla propria vita per finire alla dignità che come nel caso in oggetto viene calpestata da un uomo dello Stato credo che non ci sia più niente da dire.
Anzi una cosa la voglio dire io al dott. Cirillo: lo invito a venire a Pompei dove io e famiglia esempio di legalità, onesta e coraggio vivo in un capanno senza un euro e senza sicurezza dove gli stessi clan che denunciai vivono e fanno affari mentre io sopravvivo in attesa di essere ammazzato.
Questo e lo Stato anzi questo è il fallimento dello Stato.

Saluti

Luigi Coppola