Commissione antimafia/ Il pg Roberto Scarpinato spiega come le Procure di Palermo e Trapani spolpano il tesoro di Matteo Messina Denaro

Perché la Dda di Palermo, la Procura generale di Palermo e la Procura di Trapani entrino a piedi uniti su Matteo Messina Denaro e dunque per questo siano esposte al rischio della vendetta del boss è presto detto.

Con una decisione condivisa, forte e ricca di risultati, le due procure e la Direzione distrettuale antimafia palermitana stanno infatti azzerando i capitali mafiosi e illeciti della provincia di Trapani, molti dei quali riconducibili direttamente o indirettamente alla famiglia Messina Denaro. Tutto questo avviene grazie ad un’opera incessante di sequestri e confische. Più che alla vita i mafiosi tengono al portafoglio e così lo Stato intelligente (merce rara) sa dove colpire per accerchiarli e colpirli.

Ma come questo avvenga con pochi proclami e zero chiacchiere ma con molti fatti, ce lo racconta per filo e per segno Roberto Scarpinato, procuratore generale di Palermo, che alle ore 15.20 del 20 gennaio, si è seduto davanti alla Commissione parlamentare antimafia per essere audito. Ai commissari, molti dei quali lo conoscono da tempo, come il giornalista ora deputato Claudio Fava (Sel), spiegherà come si fa l’antimafia dei fatti e non quella parolaia. E’ bastato un suo provvedimento e tanta collaborazione tra Istituzioni.

IL PERCORSO

La competenza per le misure di prevenzione è infatti attribuita dalla legge alla Direzione distrettuale antimafia (in questo caso di Palermo) e alla Direzione investigativa antimafia. Tuttavia, nonostante le proposte non siano formulate dalla Procura di Trapani, quest’ultima svolge un ruolo incisivo e importantissimo che consiste nella gestione della fase successiva all’inoltro della proposta e nella presenza a tutte le udienze che si svolgono dinanzi alla sezione misure di prevenzione.
Nel corso di tali udienze si svolge un’attività di integrazione probatoria a volte molto importante, che viene a determinarsi perché, per esempio, gli amministratori giudiziari, nell’inventariare i beni, si rendono conto che esistono ulteriori indizi della presenza di beni occultati, perché vi sono le controdeduzioni della difesa, perché occorre fare alcune perizie, perché a volte occorre integrare il materiale probatorio affinché la proposta di sequestro si converta in confisca. «Per questo motivo, come procuratore generale – ha spiegato Scarpinato alla Commissione antimafia – ho predisposto un provvedimento con il quale designo alcuni sostituti della Procura di Trapani a essere rappresentanti della pubblica accusa in tutte le udienze sulle misure di prevenzione. Sostanzialmente, si può dire che la gestione della fase dibattimentale delle misure di prevenzione sia delegata alla Procura di Trapani, che svolge questo lavoro egregiamente e con grande attenzione».
Il ruolo incisivo svolto dalla procura di Trapani – guidata da un magistrato di valore come Marcello Viola – nella gestione delle misure di prevenzione antimafia, dichiara Scarpinato in Commissione antimafia, «è stato percepito perfettamente dagli esponenti di Cosa nostra», come dimostra una serie di circostanze alle quali farà riferimento. E nel prossimo articolo vedremo quali sono queste circostanze.

1 – to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com