Il cuore dell’operazione Erinni – che ha portato a Reggio Calabria 20 provvedimenti di fermo nei confronti di altrettante persone presunte affiliate alla ‘ndrangheta, accusate a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, di alcuni omicidi, intestazioni fittizie di beni e di avere reimpiegato proventi di attività illecita nell'acquisto di immobili – va oltre, molto oltre i pur importanti risvolti che hanno condotto investigatori e inquirenti a svelare omicidi, rapimenti e trame torbide. L’indagine è scaturita dalla ripresa della faida che vede contrapposta la cosca Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo a quella Ferraro-Raccosta, scoppiata nel ‘91 e ha portato al sequestro di 80 immobili tra case, negozi e terreni, per un valore di oltre 70 milioni. I magistrati che hanno condotto le indagini sono per la Dda di Reggio Calabria Gianni Musarò,Giulia Pantano e per la Procura di Palmi Sandro Dolce.
Negli ultimi post di fine novembre e inizio dicembre abbiamo visto l’amore per gli investimenti a Roma e nel Lazio, gli affari con i russi e i conti all’estero ed un tema devastante: la corruzione tra le forze dell’ordine e nelle istituzioni. Poi abbiamo analizzato come il presunto capo della locale di Oppido Mamertina desse del tu alle principali famiglie mafiose calabresi e, in particolare, ai Pelle di San Luca.
Oggi, invece, finiamo la nostra analisi dell’operazione Erinni con uno dei delitti eccellenti nelle guerre di ‘ndrangheta: quello di Carmelo Novella, avvenuto il 14 luglio 2008 a San Vittorio Olona (Milano) e al quale, anche in questo umile e umido blog sono stati riservati molti articoli ai quali rimando (in archivio).
E’ storia che il suo omicidio fosse legato al fatto che Novella voleva dichiarare la “secessione” del suo gruppo dalla madrepatria calabra (che per l’indagine Infinito/Crimine è il segno dell’unitarietà della ‘ndrangheta mentre, più umilmente, per chi scrive è la conferma di ciò che è sempre stato, vale a dire, l’indissolubilità dei rapporti tra la “mamma” e i cuccioli in periferia che se volete, chiamate pure unitarietà ma è così dai tempi del summit intercettato a Montalto nel 1969).
Le risultanze relative alla Lombardia e all’omicidio Novella – si legge nel decreto di fermo – risultano particolarmente interessanti, in quanto a Bresso (Milano) esiste ed opera una delle più antiche locali di 'ndrangheta radicate in Lombardia, composta pressoché esclusivamente da soggetti originari di Oppido Mamertina.
La circostanza viene confermata nella sentenza pronunciata dal Tribunale di Milano il 6 dicembre 2012; in particolare, nelle pagine 1141/1142, viene riportata una frase di Saverio Minasi, originario di Oppido Mamertina che, con l’appoggio di Carmelo Novella, ambiva a diventare capo locale di Bresso.
Il processo Infinito, nella parte relativa alla locale di Bresso coinvolge, sia pure tangenzialmente, il principale indagato dell’operazione Erinni, Rocco Mazzagatti, confermando che si tratta di un personaggio di vertice della locale di Oppido e, più in generale, secondo i tre pm delle Procure di Reggio e Palmi, di un personaggio di altissima levatura della 'ndrangheta a livello nazionale.
L’omicidio di Carmelo Novella determinò la fine di ogni ambizione per Saverio Minasi e il ruolo di capo locale, nella ricostruzione degli inquirenti, fu conferito a Vincenzo Cammareri.
PESI E MISURE
La vicenda relativa alla nomina del capo-locale di Bresso, quindi, fornisce elementi significativi per comprendere anche il diverso peso delle due cosche che fanno parte della locale di Oppido, i Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo e i Ferraro-Raccosta: i primi erano quelli legati al cosiddetto Crimine, quelli che facevano parte della Provincia, quelli cui spettava prendere ogni decisione rilevante, anche in merito ad una locale (quella di Bresso) distante più di mille km dalla Calabria (ennesima conferma del principio dell'unitarietà della 'ndrangheta per i magistrati, compresi quelli che hanno fermato il decreto di fermo che stiamo commentando da giorni), quelli che avevano contribuito a decretare il "licenziamento" (e la relativa uccisione) di Carmelo Novella.
I secondi non avevano pari peso, neanche all'interno della locale, e avevano provato ad acquisire potere appoggiandosi a Saverio Minasi, all'interno della cui auto veniva spesso intercettato Vincenzo Raccosta (che il 28 aprile 2008 partecipò anche al summit presso un ristorante di Solaro, in provincia di Milano, nel corso del quale furono conferite nuove doti).
Lo scarso peso dei Raccosta-Ferraro all'interno della locale di Oppido é confermato dal fatto che i vertici di Oppido negarono l’appoggio a Saverio Minasi come capo locale di Bresso, senza neanche prendere in considerazione il fatto che Minasi fosse appoggiato dallo schieramento Ferraro-Raccosta.
CONCLUSIONE
Può quindi affermarsi – scrivono i tre magistrati nel provvedimento – che le risultanze dell’operazione Infinito:
1) confermano l’esistenza e l’operatività della locale di Oppido Mamertina e il suo inserimento nell'ambito della ‘ndrangheta (unitaria);
2) dimostrano che la locale di Oppido é una delle più importanti del mandamento tirrenico;
3) fotografano in modo fedele, sia pure di riflesso, i rapporti di forza all'interno della locale negli anni 2007/2008 e consentono di sostenere che già in quel periodo il capo-locale era l’odierno indagato Rocco Mazzagatti, personaggio di indiscutibile spessore criminale.
Pertanto, le emergenze acquisite nell’ambito del procedimento Erinni a carico di Rocco Mazzagatti si pongono in una linea di logica continuità rispetto a quanto già emerso in altri procedimenti nei quali sono stati acquisiti elementi a suo carico.
7 – the end (le precedenti puntate sono state pubblicate il 29 novembre, il 2, 3, 4 e 5 e 6 dicembre)