La provincia di Lucca presa d’assalto da Cosa nostra e ‘ndrangheta, che replica i meccanismi calabresi (vedette e bunker)

Il Milione si chiama la prima operazione. La seconda Runner.

Con la prima operazione il Comando provinciale della Gdf di Lucca (il comandante provinciale è il colonnello Gabriele Failla mentre il Tenente colonnello Pierfrancesco Bertini ha condotto l’operazione) il 4 ottobre ha sequestrato numerosi immobili (tra cui un agriturismo, terreni, appartamenti ed un capannone industriale) a Camporgiano, Viareggio e Lucca. A Venezia, inoltre, sono stati posti sotto sequestro altri due appartamenti di pregio situati in Sestiere di San Polo nei pressi del Canal Grande. Analoghi provvedimenti di sequestro hanno riguardato anche quote di partecipazione in una società immobiliare a Roma.

L’operazione costituisce l’epilogo di un’attività antimafia svolta dal Nucleo di polizia Tributaria di Lucca – con la collaborazione della sezione aerea di Pisa nella fase di ricognizione degli immobili – nei confronti di sette persone finite nel registro degli indagati della Procura di Lucca per trasferimento fraudolento di beni ed aggiramento delle verifiche antimafia.

La seconda (Runner) è stata condotta il 10 ottobre in Toscana (e in Calabria) da parte dei Carabinieri del comando provinciale di Lucca (a condurre l’operazione il capitano Sebastiano Sergio Pennisi) che hanno eseguito 13 ordinanze di custodia cautelare emesse da Erminia Bagnoli, Gip del Tribunale di Firenze, su richiesta della Dda. Gli indagati, nelle province di Lucca, Pistoia, Crotone e Reggio Calabria, sono accusati di far parte di due distinte associazioni per delinquere: una finalizzata ad estorsioni, minacce, incendi e detenzione di armi, l’altra al traffico di stupefacenti. Nel corso dell’operazione è stato sequestrato un milione e mezzo di euro, fra case, terreni e auto. Agli arrestati sono contestati diversi episodi di incendi e danneggiamenti ai danni di imprenditori locali (furgoni, abitazioni, capannoni), ai quali tentavano di estorcere il pizzo, e altri incendi, violenze e minacce a mano armata nei confronti di chi tardava a pagare le partite di stupefacenti acquistate.

Tanto basta (due operazioni nel giro di sei giorni) per riflettere sul fatto che la provincia di Lucca non può certo definirsi immune dal contagio mafioso. E si, perché ‘ndrangheta e Cosa nostra fanno bella (si fa per dire) mostra di se.

Andiamo per gradi.

IL MILIONE

Il 4 ottobre la Gdf di Lucca, con l’operazione Il milione ha sequestrato beni per 18 milioni nei confronti di un lucchese condannato per associazione mafiosa.

Il principale indagato è un imprenditore lucchese, P.R., 65 anni, abitante a Camporgiano (Lucca), già condannato dal Tribunale di Bari nel gennaio 2008 con sentenza definitiva per associazione per delinquere di stampo mafioso, contrabbando di tabacchi e riciclaggio, in quanto ricopriva un ruolo di primo piano nelle organizzazioni dei traffici di sigarette di contrabbando dal Montenegro verso le coste pugliesi procurando gli scafi superveloci utilizzati per i trasporti dei cartoni di “bionde” per conto dei clan della Sacra corona unita.

Secondo le indagini svolte dalle Fiamme Gialle lucchesi, P.R. operava attualmente nel settore turistico ed immobiliare, e con il concorso degli altri indagati, suoi prestanome, era riuscito a costituire società ed effettuare investimenti immobiliari, mediante plurimi negozi giuridici formalmente intestati a sei prestanome.

La falsa attribuzione della titolarità del denaro, dei beni e delle altre utilità era un espediente necessario per eludere le leggi antimafia che prevedono per i condannati per l’associazione per delinquere di stampo mafioso l’obbligo della comunicazione alla Guardia di Finanza di ogni variazione patrimoniale superiore a 10.329,14 euro per un arco di tempo di 10 anni dalla condanna definitiva.

Le Fiamme Gialle hanno accertato sia l’interposizione di soggetti incensurati per intestare le attività riconducibili al condannato sia la mancata segnalazione di movimentazioni patrimoniali per 17.700.000 euro anch’essi riconducibili direttamente o indirettamente, al condannato.

Pertanto, fino a concorrenza di questa cifra, l’A.G. procedente ha disposto il sequestro delle disponibilità immobiliari, finanziarie, nonché delle aziende e delle autovetture a lui riferibili.

RUNNER

Con l’operazione Runner gli inquirenti hanno individuato nella provincia di Lucca una «vera e propria organizzazione criminale ruotante intorno alla figura di Giuseppe Lombardo, composta da persone prive di scrupoli e ossequiose alle direttive del capo», si legge ad esempio a pagina 14 dell’ordinanza.

Un’organizzazione talmente organizzata – e perlopiù dedicata al traffico di stupefacenti – che, come si legge a pagina 13 della stessa ordinanza, un uomo di fiducia e tuttofare di Lombardo, domiciliato in una casina di legno, aveva il compito di «vigilare e informare il capo di ogni accadimento riguardante la zona di Altopascio».

Insomma, una vigile vedetta.

Come se non bastasse, ecco a voi un’altra “replica” dei meccanismi che si generano da decenni in Calabria: nella villa di Spianate di Altopascio di Lombardo è stato trovato un bunker nascosto, buono alla bisogna per sparire. Proprio come a Palmi, Rosarno e compagnia cantando…

Ma sto Lombardo – che vive ad Altopascio ed è nato a Cittanova – pregiudicato calabrese, chi è?

Come si legge a pagina 20 dell’ordinanza, nella guerra tra i due schieramenti di Cittanova, ha perso un fratello (Angelo) e si è poi ritrovato ad Altopascio per le traversie giudiziarie che hanno visto coinvolto il padre, «pur dovendosi sottolineare che Lombardo Giuseppe non ha mai rinnegato l’attività criminale del primo».

Investigatori e inquirenti registrano contatti e incontri «con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata calabrese e riconducibili alla nota famiglia ‘ndranghetista Facchineri cui lo stesso Lombardo apparteneva, per sua stessa ammissione».

Frequenti i suoi viaggi nella provincia di Milano, dove (a Lacchiarella e Cesano Boscone) risiedono i familiari dei detenuti Vincenzo e Giuseppe Facchineri. Viaggi che lo stesso Lombardo, intercettato, asserisce di dover effettuare proprio per «portare soldi per i carcerati».

La famiglia di Lombardo, che per gli inquirenti è il leader indiscusso – si legge a pagina 19 dell’ordinanza – «risulta da sempre organicamente inquadrato nel clan Facchineri…».

Anche il Gip interviene direttamente poco dopo, a pagina 28. «Delineata alla stregua delle risultanze che precedono, la personalità di Giuseppe Lombardo, ritiene il giudice che nei suoi confronti possa essere affermata con cognizione d
i causa l’appartenenza alla cosca di ‘ndrangheta Facchineri, la quale costituisce per l’indagato un costante punto di riferimento per lo svolgimento dei suoi traffici illeciti. I ripetuti viaggi che il Lombardo effettua in Lombardia, monitorati dalla polizia giudiziaria in modo da poter affermare con categorica certezza che l’indagato si è sempre recato a far visita ai componenti della citata famiglia, sono la più evidente testimonianza del rapporto di militanza e ossequio che intercorre tra i Lombardo e i Facchineri, dai quali riceve direttive anche sotto forma di “pizzini” e dei quali, una volta caduti in disgrazia, è tenuto a occuparsi contribuendo anche economicamente al loro mantenimento…
».

Non c’è che dire! Confortante…

r.galullo@ilsole24ore.com