Cooperative di servizi e logistica a Milano: Cosa nostra e ‘ndrangheta “sposi” nel nome degli affari

Ah cosa non si farebbe nel nome degli affari…

Prendete l’operazione Esperanza con la quale ieri la Squadra Mobile di Milano ha smantellato una presunta (e questo va sempre sottolienato) organizzazione mafiosa (otto gli arrestati) attiva in Lombardia e ritenuta emanazione diretta di Cosa nostra siciliana. Al centro delle indagini della Polizia di Stato, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia di Milano (il pm titolare è Marcello Tatangelo), una rete di società cooperative attive nella logistica e nei servizi, che, mediante false fatturazioni e sfruttamento di manodopera, hanno realizzato profitti in nero almeno dal 2007.
Parte di questi profitti è stata poi utilizzata – secondo inquirenti e investigatori – per sostenere, dal punto di vista logistico ed economico, importanti esponenti di Cosa nostra, detenuti o latitanti. Altro denaro è stato invece investito in nuove attività imprenditoriali, infiltrando ulteriormente l’economia lombarda.
Tra i capi dell’organizzazione una figlia e un genero di Vittorio Mangano, morto nel 2000 e ritenuto al vertice del mandamento mafioso di Porta Nuova. Le accuse, a vario titolo, sono di associazione mafiosa, estorsione, false fatturazioni, favoreggiamento e impiego di manodopera clandestina.

Ebbene in questa operazione c’è una parte – riassunta a partire da pagina 12 e poi di nuovo da pagina 85 dell’ordinanza firmata il 18 settembre dal Gip Stefania Donadeo – in cui Cosa nostra, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, “bacia” la ‘ndrangheta.

E già perché questa indagine nasce, come stralcio, laddove finisce quella che nel maggio 2007 aveva portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 22 calabresi, tra i quali Salvatore Morabito e un altro soggetto (condannati in primo grado e in appello).

Dopo l’esecuzione dei provvedimenti restrittivi, la Procura di Milano estese l’attività investigativa ad alcuni personaggi e, tra questi, un nipote di Salvatore Morabito u tiradrittu e un altro soggetto domiciliato a Milano.

Su di loro partono le intercettazioni telefoniche, osservazioni e pedinamenti. Da questo gli investigatori documentano contatti tra i due e Giuseppe Porto (arrestato ieri, ex uomo di fiducia di Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore), palermitano residente dagli anni Ottanta a Milano, con rapporti “qualificati” (così si esprime il gip) con esponenti di primo piano delle famiglie mafiose palermitane dei mandamenti di Pagliarelli e Porta Nuova.

I rapporti tra di loro erano datati, visto che il 15 novembre 2007, pedinando il nipote del tiradrittu, gli investigatori scoprono che era giunto in aereo dalla Calabria il giorno precedente ed era andato a pranzo, tra gli altri, proprio con Porto. Un viaggio, concludono inquirenti e investigatori, che aveva quella sola finalità: incontrarsi e parlare.

L’ampia attività di indagine ha così consentito di comprendere la ragione dei contatti tra gli esponenti della ‘ndrangheta e Porto.

I MORABITO

I Morabito di Africo – infatti – fin dagli anni Novanta, come si legge nell'ordinanza, avevano forti interessi a Milano nel settore delle cooperative di servizi e nel medesimo settore lo stesso Porto era già affermato.

All’inizio del 2003 però cambia qualcosa: Salvatore Morabito deve lasciare Milano per sottoporsi a misure di sicurezza ad Africo ed è allora – si legge a pagina 17 dell’ordinanza – che si appoggia a Porto «per poter penetrare attraverso le sue cooperative all’ortomercato di Milano. E’ Pino Porto che mette a disposizione della organizzazione di Morabito la sua struttura di cooperative per poter consentire alla ‘ndrangheta un ulteriore salto di qualità in questo settore dell’economia»”. E ciò avviene – concludono ancora i magistrati di Milano – perché «Pino Porto costituisce diretta espressione sul territorio milanese degli interessi di Cosa nostra; è componente di quel gruppo di uomini operativi a Milano di fiducia di Vittorio Mangano; è il gestore (occulto) di una serie di cooperative di servizi del tutto funzionali alle esigenze di Cosa nostra e che vengono anche utilizzate per garantire una copertura economica ed una apparenza di attività lavorativa lecita agli esponenti di Cosa nostra già presenti a Milano negli anni Novanta».

Questa struttura la Procura se la ritrova pienamente operativa con l’avvio delle indagini di fine 2007. Nel frattempo i rapporti di affari con l’organizzazione dei Morabito si rafforza.

La cosca dei Morabito – si legge a pagina 86 dell’ordinanza – in coincidenza con il forzato allontanamento di Salvatore da Milano, si appoggia per mantenere e anzi incrementare la forza di penetrazione delle sue cooperative a Milano sul gruppo delle cooperative di Pino Porto e Cinzia Mangano (figlia dello stalliere assunto ad Arcore). Da questo momento fino all’arresto di Salvatore Morabito numerose saranno «le cointeressenze economiche che si verranno a creare tra i due gruppi».

Al gruppo di Pino Morto gli africoti si appoggiano non già e certo per le sue mere qualità imprenditoriali ma perché quel gruppo «rappresenta sul territorio un’altra organizzazione di pari livello e pericolosità sociale e autorevolezza, Cosa nostra siciliana».

STESSO COMMERCIALISTA

La stretta cointeressenza, in questi anni, tra le attività dei due gruppo è anche confermata dal fatto che, entrambi, si avvalgono della consulenza dello stesso commercialista. Consulenza, si può leggere a pagina 88, che si traduce non solo nel diventare il professionista di riferimento di entrambi i gruppi criminali per la costituzione e la tenuta della contabilità delle società ma anche nella piena consapevolezza dell’esser, tali coop, uno strumento che attraverso il ricorso alle false fatturazioni consente di creare liquidità in nero. Ma che si traduce anche nel mettere a disposizione strumenti societari, a loro direttamente riferibili, per aprire conti correnti sui quali effettuare operazioni di concessioni di finanziamenti bancari e operazioni di anticipo fatture, nonché per produrre fatture false e quindi creare liquidità in nero, da utilizzare per scopi criminali.

Ora mi fermo ma domani proseguo con altre spigolature di questa interessante operazione.

1- to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com