Corsi d’oro per la formazione in Sicilia: 1.600 enti, cinque volte quelli del Veneto e zero verifiche – Arresti eccellenti a Messina

C’era chi, secondo l’accusa, distraeva centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici destinati alla formazione e se ne appropriava in modo sistematico. C’era chi costruiva rendicontazioni infedeli traendo in inganno, anche in questo caso, la Regione Sicilia.

C’era chi emetteva e riceveva fatture per operazioni inesistenti e persino chi avvertiva che erano in arrivo i controlli dell’Ispettorato del lavoro. E poi c’era la politica che entra mani e piedi nella gestione dei corsi.

E’ lo spaccato, neppure tra i più inquietanti – verrebbe da dire, leggendo l’ordinanza di custodia cautelare, ricca di incredibili episodi – dell’indagine su alcuni corsi d’oro della formazione in Sicilia, condotta ieri a Messina dal procuratore aggiunto Sebastiano Ardita e dai sostituti Camillo Falvo, Fabrizio Monaco e Antonio Cerchietti. La Guardia di Finanza e la Polizia hanno eseguito 10 ordinanze di custodia cautelare. Ai domiciliari sono finite 10 persone accusate di far parte di una presunta associazione a delinquere che, a vario titolo, si sarebbe macchiata dei reati di peculato e truffa. Oltre al coinvolgimento di tre centri di formazione, sono indagati nomi pesanti, come Daniela D’Urso e Chiara Schirò, mogli, rispettivamente, degli ex sindaci di Messina Giuseppe Buzzanca e Francantonio Genovese.

Genovese, nel dicembre 2012, con 19.590 preferenze è stato il più votato in Italia nelle primarie del Pd, per il quale partito, il 25 febbraio di quest’anno, viene rieletto deputato nel collegio della Sicilia Orientale. Buzzanca, tra le file del Pdl, è stato invece anche presidente della Provincia e, nel 2005, si dimise dalla carica di sindaco di Messina per una storia legata all’uso di un’auto blu (gli succedette proprio Genovese).

Gestione privatistica con soldi pubblici.

Dall’indagine emergono spaccati di una gestione privatistica dei soldi pubblici. Alle pagine 138 e 139 dell’ordinanza firmata il 9 luglio dal Gip Giovanni De Marco, si legge testualmente, ad esempio, che «la stessa D’Urso, secondo quanto emerge dalle intercettazioni, risulta occupare una posizione di primo piano nell’ambito dell’organizzazione: infatti, come la stessa afferma nel corso di una conversazione, organizza i corsi dell’ente per tutta la Sicilia. Circostanza che appare confermata dalle dichiarazioni del menzionato Albert il quale ha riferito che in una circostanza, presso il proprio ufficio, si sarebbe presentata, in compagnia di tale…omiossis…, sindacalista della…omissis…, una donna che, qualificatasi come amministratore dell’Ancol, sarebbe stata individuata come la moglie di un sindaco di Messina. Costei l’avrebbe aggredito e minacciato, pretendendo di ottenere, per l’Ancol, una cosiddetta integrazione, cioè, evidentemente, un aumento dell’importo ammesso a finanziamento, per fare fronte, verosimilmente, a maggiori costi per il personale. In proposito l’Albert riferiva di avere denunciato le minacce direttamente al Presidente della Regione, precisando che le intimidazioni non avevano avuto ulteriore seguito. La donna in questione deve individuarsi nella menzionata D’Urso Daniela che, appunto, è moglie di Buzzanca Giuseppe, ex sindaco della città di Messina».

Viva la politica.

La politica – e non è una novità nella formazione siciliana come altrove – entra pesantemente in questa indagine, tanto che ad esempio, a pagina 11 dell’ordinanza, si legge, a proposito di un ente di formazione coinvolto, che «…la gestione è orientata anche a finalità di propaganda politico-elettorale e finanziata con fondi erogati dalla Regione Siciliana, ottenuti grazie anche all’accreditamento politico effettuato dagli esponenti politici di riferimento; nonché trarre profitto dalla predetta gestione attraverso società private fornitrici di servizi, di cui avevano il controllo, diretto o indiretto, persone appartenenti al medesimo gruppo politico e/o familiare che aveva la rappresentanza degli enti».

Anche le minacce.

Politica e minacce – vere o presunte lo appureranno i giudici – a parte, il menzionato Albert non è altri che Ludovico Albert, direttore generale del dipartimento “Formazione” della Regione Siciliana dal 23 febbraio 2011 al 22 novembre 2012. Le parole di Albert – pur nella loro evidente approssimazione ed inadeguatezza scrive testualmente il Gip a pagina 16 – hanno sottolineato come il Piano operativo regionale del Fondo sociale europeo, nell’ambito del quale si colloca la formazione come attività preponderante, per il settennio 2007-2013 prevedesse un budget dell’ordine di 2,1 miliardi.

Cinque volte gli enti del Veneto.

Albert – che in questo modo conferma tutte le nubi intorno alla gestione della formazione in Sicilia, vera e propria manna per la pioggia di soldi che arriva – ha sottolineato come l’ultimo bando, da lui stesso predisposto, per il finanziamento di progetti in Sicilia, avesse un valore complessivo di 850 milioni spalmati su tre anni e ha anche svelato che in Sicilia gli enti accreditati, di solito in base ad una mera autocertificazione e in assenza di veri e propri controlli sostanziali, sarebbero addirittura circa 1.600, quasi cinque volte più di quelli accreditati in regioni quali il Veneto.

Albert ha anche sottolineato come le verifiche, normalmente postume, avvengano a distanza di anni dallo svolgimento delle attività e dall’impiego del denaro pubblico.

Lo stesso Albert ha sostenuto di essere stato costretto, avendo assunto l’incarico di direzione, addirittura a blindare gli atti relativi alla formazione dei nuovi bandi, allo scopo di impedire sia interferenze più o meno indebite, che fughe di notizie, nonché di avere incontrato l’opposizione della stessa Commissione istruzione dell’Assemblea Regionale Siciliana quando aveva preteso di inserire nei bandi la clausola del costo standard, fissato, su base statistica, 135 euro l’ora per corsista (costo che, peraltro, per gli inquirenti appare tutt’altro che modesto), in luogo di meccanismi flessibili che, avendo maggiori margini di discrezionalità in ordine agli importi finanziabili, lasciavano più spazio ad operazioni irregolari. In proposito, «pur all’occhio inesperto e grossolano», scrivono ironicamente i magistrati, non può sfuggire come i costi per l’organizzazione di tali corsi – pur prescindendo dai risultati che non pare siano particolarmente lusinghieri – «appaiano spesso esorbitanti e, verosimilmente, fuori di ogni logica di mercato».

Zero verifiche.

Come si evince dalla documentazione allegata all’ordinanza e dalla relazione redatta dal consulente della Procura di Messina, il “sistema” formazione in Sicilia è, tra l’altro, strutturato secondo un meccanismo di corsi asseritamente di formazione professionale, organizzati da enti e strutture privati, formalmente senza scopo di lucro (come precisato dall’Albert: associazioni senza fine di lucro o, comunque, che agiscano, nello specifico, senza fine di
lucro), con costi interamente a carico della collettività (Unione Europea, Stato, Regione) e che esercitano, pertanto, una funzione pubblica.

Ancora, sempre secondo quanto riferito da Albert e riportato nell’ordinanza, fino ad epoca recentissima, nella valutazione e approvazione dei costi, non sarebbe esistito un sistema di verifica della congruità, nè di standardizzazione degli stessi costi, cosicché l’amministrazione pubblica, di fatto, avrebbe approvato regimi di costo notevolmente diversi, persino per corsi sostanzialmente identici, con la conseguenza che i costi orari dei corsi, per singolo corsista, avrebbero finito con l’andare da minimi di 71 euro a punte di 241 euro, come, a quanto sembra, per taluni tra i progetti approvati.

Ora mi fermo ma a breve proseguirò con il racconto di questa indagine dove – lo amo ripetere fino alla noia per ogni articolo che scrivo – sono tutti innocenti fino a eventuale sentenza passata in giudicato.

1 – to be continued –

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Francesca |

    Informazione MONCA. Il nome del sindacalista DEVE venire FUORI.

  • galullo |

    Ma perchè secondo Lei – Alberto Monaco – al Nord le cose funzionano diversamente? Se lo crede le auguro di svegliarsi dal suo beato e innocente sonno. Se la battuta voleva essere volutamente razzista, beh, con me ha sbagliato bersaglio. Sono italiano e fiero di esserlo nonostante le tante schifezze che affiorano al Sud, al Centro e del Nord.
    Quel che mi stupisce, comunque, è che invece di guardare alla luna (l’attività della magistratura, da lodare) qualcuno si fermi al dito (le eventuali aberrazioni nei corsi di formazione che, ovviamente, sono tutte da provare negli eventuali gradi di giudizio).
    saluti

  • alberto monaco |

    mannaggia quella volta che Garibaldi non è naufragato nel viaggio verso la Sicilia………………

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