Analisi Demoskopika per il libro “L’impero della ‘ndrangheta”: vessazioni per il 70% degli imprenditori (che però non mollano)

Forse quei pochi che ancora credono che la mafia crea lavoro e distribuisce ricchezza non crederanno al fatto che, ogni anno, la ‘ndrangheta deprime il Pil della Calabria del 3,5 per cento. In soldoni, una mancata crescita economica di 1,2 miliardi.

Per chi fosse affamato di paragoni, basti dire che il Por Calabria per il periodo 2007/2013 è poco più del doppio.

E’ una delle stime contenute nel libro “L’impero della ‘ndrangheta- Radiografia di un’organizzazione criminale in continua espansione” (Giulio Perrone editore), scritto dalla parlamentare Dorina Bianchi e dall’economista Raffaele Rio, la cui anteprima è stata presentata ieri a Catanzaro alla presenza di Antonino Marcianò, presidente di Confesercenti Calabria e Luigi Leone, direttore generale di Confindustria Calabria.

In sintesi, ciò che ancora emerge è che le attività criminali dell’usura e del racket colpirebbero oltre 40 mila commercianti e operatori economici. Inequivocabile il sentiment degli imprenditori contattati da Demoskopika, l’Istituto al quale è stata affidata la ricerca statistica (campione di 400 imprese intervistati tra gennaio e febbraio 2013 con il metodo di rilevazione Cati): il 38,5% non si sente assolutamente al sicuro, il 18,5% indica estorsioni ed usura tra i principali reati subiti, 1 su 3 è convinto che senza ‘ndrine il fatturato potrebbe crescere tra il 5% ed oltre il 20%.

Infine, il 74,9% ribadisce la volontà di non arrendersi. Quest’ultimo è un segnale di grande speranza che dà ossigeno a tutti gli imprenditori e operatori economici. Il capo della Procura di Reggio Calabria, Federico Cafiero De Raho, ancora pochi giorni fa ha ricordato che la denuncia – non isolata ma collettiva, che magari può passare attraverso le associazioni di categoria a partire da Confindustria – è l’unica via per battere la violenza delle cosche. E – come testimoniano anche le storie raccontate in “Ora Legale” ogni giovedì su www.ilsole24ore.com – gli imprenditori che in Calabria si fanno coraggio non sono più casi isolati.

LA PERCEZIONE

La ‘ndrangheta viene percepita da tutti come una componente “normale”, una forza talmente radicata e diffusa in alcune zone, da creare una sorta di assuefazione che condiziona le percezioni degli stessi imprenditori. Al contempo rappresenta un ostacolo allo sviluppo sociale ed economico del territorio ma sul versante sociale genera il consenso di pochi e l’acquiescenza di molti.

«Queste trasformazioni – raccontano i due autori – finiscono per avvicinare alla criminalità organizzata strati sempre più ampi di popolazione che, pur non appartenendo a famiglie mafiose e non volendo condividere nulla degli affari dei boss, sono in qualche modo condizionati da una presenza che trae la sua forza dalla capacità di esercitare un capillare controllo del territorio».

 

SENSO DI INSICUREZZA

Quasi quattro intervistati su dieci (il 38,5%) non si sentono al sicuro a causa dell’elevata diffusione delle attività criminali. Se a questi aggiungiamo il 35,1% di quanti sentendosi abbastanza sicuri fanno comunque rilevare che le attività criminali sono evidenti anche se piuttosto rare, si arriva al totale del 73,6% imprenditori che non si sente al sicuro.

USURA ED ESTORSIONI

Per il 70% degli intervistati le aziende calabresi sono vittime di vessazioni, imposizioni o di reati di vario tipo. Furti (23,6%), estorsioni ed usura (18,5%), danneggiamenti (7,7%) sono i reati di cui si sente maggiormente parlare, ma non manca chi, fra gli intervistati, denuncia forme alternative di controllo della criminalità sul sistema delle imprese quali imposizioni di manodopera, forniture e merci, attentati dinamitardi. Secondo le stime dell’istituto Demoskopika, in Calabria racket e usura colpirebbero oltre 40 mila commercianti e operatori economici.

EFFETTI PERVERSI

Un imprenditore su tre (il 33,4%) dichiara che il fatturato aziendale sarebbe più alto se potesse svolgere la propria attività in un contesto territoriale più sicuro e libero dai tentacoli della criminalità organizzata. Il 13,6% del campione stima che la crescita potrebbe essere addirittura del «20% e oltre» rispetto ai valori congiunturali, il 9,3% ritiene che ci potrebbe essere un incremento almeno del 10%, mentre il 10,5% calcola che potrebbe aumentare del 5%. Maggiori, infine, le percentuali, il 43,7%, di quanti fanno sapere che la criminalità non costituisce una reale e grave causa ostativa alla crescita del proprio giro di affari a cui si aggiunge il 22,9% di chi preferisce non rispondere o di non sapere o di non voler fornire alcuna stima o valutazione.

«Applicando la crescita media ponderata aggiuntiva stimata dalle imprese contattate al valore aggiunto depurato dalla componente pubblica – spiega Raffaele Riosi ha una mancata crescita stimabile in 3,5 punti dell’intera ricchezza prodotta in Calabria quantificabile in circa 1,2 miliardi».

LE AZIONI DI CONTRASTO

Ciò che gli operatori economici chiedono a gran voce è una maggiore presenza e un più capillare presidio del territorio da parte dello Stato (lo rileva un imprenditore su due a rilevarlo). Da non trascurare una maggiore solidarietà tra colleghi imprenditori (7,4%) e una maggiore attenzione accompagnata, se possibile, da interventi più mirati da parte della associazioni di categoria (6,3%). Minori le percentuali, infine, di chi pensa che il rischio di subire azioni criminali si potrebbe contrastare attraverso l’impiego di moderni e sofisticati sistemi di sicurezza e di vigilanza privata, (5,5%) o con sistemi e premi assicurativi ad hoc di copertura ai reati criminali (3,9%).

NON ARRENDERSI MAI

La ‘ndrangheta in Calabria (e non solo) si respira ma l’analisi apre uno squarcio di speranza perché la quasi totalità degli imprenditori e dei commercianti calabresi intervistati (74,9%) non sembra intimidita, mostra fermezza e ribadisce la volontà di non arrendersi e di continuare a lavorare nella propria terra, non considerando, dunque, nemmeno lontanamente l’idea di trasferire o chiudere  la propria attività. Ad ogni modo, deve far comunque riflettere che un 13,3% del campione degli imprenditori intervistati ha deciso di trasferirsi o di chiudere definitivamente la propria attività (3,2%) o che sta considerando l’ipotesi di lasciare la Calabria e iniziare altrove l’attività o farla cessare (10,1%).

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Numzco |

    Caro Bartolo,mi hai anticipato!!!
    Si dice che la ndrangheta anticipi sempre il cambiamento e che individui sempre il cavallo vincente… Beh la Dorina di cambiamenti è esperta e punta sempre sul cavallo vincente!
    La Calabria muore a CAUSA DELLA SUA CLASSE POLITICA COLLUSA e Dorina cos’ha fatto per la “sua” terra???

  • bartolo |

    dorina bianchi è una politica italiana. deputata (2001-2008) e senatrice (dal 2008 al 2013) e nuovamente deputato dopo le elezioni politiche del 2013, ha iniziato la sua esperienza politica nel centrodestra col ccd e l’udc, poi è passata al centrosinistra con la margherita e il partito democratico. in seguito è ritornata nell’udc e infine ha aderito al popolo della libertà. è una dei parlamentari italiani che hanno cambiato maggiormente la propria affiliazione ai partiti politici nell’arco di pochi anni
    laureata in medicina e chirurgia, di professione neuroradiologo, risiede a roma.non è sposata; vive con il compagno marcello, anche lui medico, ed il figlio albino.
    questo profilo di dorina bianchi, calabro-romana, è liberamente rintracciabile su internet.
    il dramma della calabria è: si studia una vita per fare il medico, quindi, si finisce in politica. va male la politica? scrittore! nel frattempo gli ospedali chiudono ed i pazienti facoltosi emigrano, mentre gli altri, unitamente ai disoccupati e agli imprenditori, vengono presi in cura dalla ndrangheta

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