Nino De Masi: «A Gioia Tauro chiudo per crimini di Stato» – Nove giorni ai 101 licenziamenti e i sindacati sperano nel miracolo

Prendete la foto di uno a scelta tra i 44 colpi di khalashnikov sparati contro la sua azienda a Gioia Tauro nella notte del 12 aprile 2012 e mettetela in bacheca a imperituro ricordo di chi, tra le cosche dell’area, lo vuole morto.

Aggiungete, nella stessa bacheca, la foto del Premio Ambrosoli, ricevuto lunedì scorso a Milano, a imperitura memoria del sacrificio con il quale crea lavoro in Calabria senza piegare la testa di fronte alla ‘ndrangheta.

Applicate – nella bacheca di cui sopra – le foto dell’Esercito con i mitra spianati di fronte alle aziende e quella della macchina di scorta che lo guida ovunque.

Aggiungete – nella medesima bacheca del medesimo imprenditore, Antonino De Masi, di Rizziconi – la lettera spedita il 28 giugno al mondo istituzionale, politico e associativo intero: dal presidente della Repubblica al presidente di Confindustria, dai sindacati ai presidenti di Camera e Senato passando per il presidente del Consiglio, il Governo, i parlamentari tutti e i politici calabresi al gran completo. Una lettera che – nuda e cruda – dice sostanzialmente a 101 dipendenti: «Grazie di cuore per tutto, è stato bello finche è durato ma dal 10 luglio tutti a casa. Chiudo baracca e burattini per crimini di Stato».

Ora guardate tutte le foto alla luce della comunicazione ufficiale della chiusura – data non più tardi di un’ora fa – alle rappresentanze sindacali del Gruppo meccanico e il gioco, mortale per l’economia dell’area, è fatto.

De Masi – a meno di un intervento miracoloso, vale a dire l’erogazione del Fondo di solidarietà per le vittime di racket e usura, attesa entro 9 giorni – getta la spugna.

A fermarlo non sono le cosche che gli hanno regalato raffiche di mitra e lasciato in eredità una scorta e neppure – paradossalmente – le banche con le quali vanta un contenzioso di anni e anni. No, a sfibrarlo, è la burocrazia di Stato che, dopo ben 14 sentenze del Tar e del Consiglio di Stato a lui favorevoli non gli riconosce ancora il diritto all’erogazione di quel fondo di solidarietà per (almeno) una decina di milioni.

L’ultima sentenza è del 20 giugno è viene dal Tar di Reggio Calabria che ha dichiarato l’illegittimità del decreto 460 del 1° agosto 2012 con il quale il Commissario straordinario del Governo per il coordinamento delle iniziative antiracket e antiusura aveva tentato, per l’ennesima volta, di rigettare la richiesta di mutuo con motivazioni dichiarate inconsistenti.

Nella lettera spedita il 27 giugno all’attuale Commissario antiracket, Elisabetta Belgiorno, con la quale i legali del Gruppo hanno chiesto ancora una volta il rispetto delle sentenze, De Masi ha anche calcolato, con una dettagliatissima perizia allegata, il danno subito dal 2006 ad oggi per la mancata, immediata erogazione del 50% del mutuo agevolato previsto per le vittime di racket e usura: 45.766.879,30 euro per la De Masi Costruzioni Srl e 42.767.019,68 euro per la Calfin Spa. Complessivamente, dunque, oltre 88 milioni.

A difesa dell’imprenditore non un solo politico si è mosso, eccezion fatta per la senatrice Doris Lo Moro (Pd) che il 27 giugno ha presentato un’interrogazione parlamentare al ministro dell’Interno Angelino Alfano.

C’è da domandarsi che cosa ne vorrebbe fare De Masi di quei soldi, il cui 50% attende, così come comunicato per lettera al Commissario antiracket, entro metà luglio e il saldo entro il 31 agosto. «L’erogazione dovrà avvenire a favore del soggetto giuridico richiedente – si legge nella missiva del 27 giugno – ma finalizzato esclusivamente alla costituzione di una Newco con l’acquisizione del ramo di azienda dalla esistente società, per consentire la ripartenza dell’attività imprenditoriale. Si evidenzia che tutto ciò è diretto solamente a cercare di sanare le conseguenze delle illegalità da Voi commesse».

Va da sé che con l’erogazione del fondo i licenziamenti rientrerebbero e forse – visto che un’azienda del Gruppo De Masi ha brevettato a livello mondiale una cellula di protezione antisisma – nuove assunzioni.

Quell’ultima lettera del 27 giugno di De Masi si chiude con amarezza: «Ecc.mo Commissario, confidiamo che comprenderà bene che tutto ciò è la diretta conseguenza di vostre azioni che in questi anni hanno massacrato le aziende, causato una malattia “depressiva” e fisica degli imprenditori con la distruzione dell’armonia delle proprie famiglie, e causato la perdita di centinaia di posti di lavoro. Fatti e conseguenze di una gravità assoluta che prima o poi nel nome della legge verranno chiariti nella loro totalità dagli organi preposti».

Mancano nove giorni nel conto alla rovescia per l’erogazione del fondo, dopodiché la Piana di Gioia Tauro avrà 101 dipendenti in più a spasso. Centouno drammi in più in una provincia, quella di Reggio Calabria, già “piegata” dalla mancanza di lavoro e “piagata” dalle cosche. Il braccio di ferro di un imprenditore con lo Stato? Beh di questo dramma in più non se ne sentiva francamente il bisogno e difatti, mentre si avviava all’incontro con i sindacati, De Masi ha dichiarato «che un pezzo dello Stato è riuscito laddove ha fallito la criminalità».

L’ultima parola spetta allo Stato ed è per questo che – all’uscita dalla riunione – i sindacati hanno suonato l’allarme rosso e sperano ora nel miracolo. Non solo loro.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • NON CLICCARE! |

    ottimo articolo, lunga vita a questo blog!

  • il_grande_danton |

    nessuna speranza per la calabria e i calabresi

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