Chi comanda a Monza? Peppe o ‘curt da Torre Annunziata ma Procura e Carabinieri smantellano la malavita campana – Parlano le vittime usurate

Che comandasse Monza è una parola grossa ma che – per la Procura di Monza, sotto la direzione del pm Salvatore Bellomo e per i Carabinieri del capoluogo, guidati prima da Marco Da Leo e poi da Luigi D’Ambrosio – fosse a capo di una cellula criminale che in Brianza imperversava, gli inquirenti e gli investigatori non hanno dubbi.

Lui è Giuseppe Esposito, da Torre Annunziata (Napoli) ma domiciliato a Villasanta (Mb), detto anche Peppe o ‘curt. In alternativa zio Peppe o – immeritatamente – Padre Pio.

Lo hanno arrestato il 4 marzo con un altro manipolo di persone grazie all’ l’operazione Briantenopea di cui – fugacemente – i media (fuori dagli angusti confini brianzoli) hanno dato notizia.

Quel che mi interessa sottolineare non è tanto il profilo criminale di Esposito – sarà la Giustizia a fare il suo corso e a giudicare – quanto la pervasività di sistemi che, sempre più, sono in mano alla criminalità organizzata di matrice meridionale. A partire da usura, estorsioni, ricettazione, traffico di droga, attribuzione di commesse pubbliche e – lo vedremo – presunti voti di scambio. Anche le gerarchie, le strategie e le articolazioni gestionali replicano i modelli rodati al Sud. Purtroppo, da questo punto di vista, sud e nord si avvicinano sempre di più.

A leggere i giornali locali la Procura avrebbe scoperto che a Monza è attiva «un’enclave della criminalità campana in Lombardia». E «caratteristica di questa associazione – ha spiegato Bellomo – è di non macchiarsi di fatti eclatanti, anche per non dare nell’occhio, ma di avere una pervasività nel territorio, un controllo totale».

Secondo quanto avrebbe affermato Esposito, era lui stesso a preservare Monza dall'invasione della 'ndrangheta. Un benefattore, insomma.

La parola camorra non viene mai nominata e già questo fa pensare che forse parlare di controllo totale della criminalità campana è eccessivo. Monza non è Torre Annunziata (cosa che non bisogna mai dimenticare) anche qualcuno si è spinto a dire che, la camorra in questa provincia si pappa la ‘ndrangheta. E’ vero che nel nome degli affari si raggiunge la pax mafiosa e dunque è indubbio che nel capoluogo la matrice camorrista prevale ma comunque vale la pena ricordare che proprio il Nucleo investigativo dei Carabinieri di Monza il 7 gernnaio 2008 stese un’informativa di 2.635 pagine sulla presenza della ‘ndrangheta in Lombardia, con la descrizione puntuale di infilitrazioni anche nella provincia di Monza-Brianza (corroborata in vero da precedenti e successive indagini).

Esposito viene definito da una sua presunta vittima come personaggio «piuttosto potente che comanda tutta Monza anche tramite la gestione di appalti e usure». Certo è che, si legge nell’ordinanza a pagina 47, aveva acquisito nel tempo una fama di criminale di spessore elevato.

SISTEMI RODATI

E a proposito di sistemi che si replicano al Nord, colpisce quanto l’ordinanza riporta in capo ad un indagato che ha iul compito, da Esposito, di «provvedere ai vaglia necessari per il sostentamento degli associati. Questa carica gli viene del resto riconosciuta dagli stessi associati».

Lo stesso indagato – in questa struttura piramidale e verticistica in cui si colloca in un ipotetico terzo posto – è il punto di riferimento all’interno dell’associazione per la gestione delle questioni finanziarie, più o meno lecite. Persone – attenzione – che non vengono mai scelte a case: costui, infatti, è dipendnete di una società di brokeraggio che opera nel settore dei finanziamenti ai privati.

Il vertice di questa presunta associazione a delinquere trova sempre, del resto, i profili giusti. Come quello del “vice”, che oltre a reati di vario genere che gli vengono addebitati, si «vanta di aver conosciuto Raffaele Cutolo nonché di essere il braccio armato di Peppe Esposito. Non solo. E’ a conoscenza di quanto investito da Esposito nella p.gi.emme e annoverà rapporti diretti con Giovanni Antonicelli, dal quale trae vantaggi estesi ai membri della sua famiglia…».

Su Giovanni Antonicelli torneremo con il post di domani, allorchè vedremo, dopo il volto “violento” (l’associazione, infatti, è solita minacciare per far giungere le vittime a più miti consigli, come ad esempio quando un indagato si lascia andare al seguente oxfordiano fraseggio captato il primo aprile 2011: «Alessà! Io voglio i picciuli Alessa! Ora ti alzo la voce! Alessà! Se no vado la dove i cani che dormono! E li svegliamo! » oppure: «Io lo sto cercando perché Peppe lo sta cercando per staccargli la testa sua e basta! Solo per questo la sto cercando! »), l’altro volto della stessa medaglia: vale a dire la contiguità che esiste, secondo l’accusa – a Monza come in sempre più vaste aree del nord – tra associazioni criminali e pubblica amministrazione.

1-    to be continued

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