Nella relazione conclusiva sulle mafie spedita il 6 febbraio 2013 dalla Commissione parlamentare antimafia ai due rami del Parlamento ci sono, annegati ora qui ora li, documenti, relazioni e audizioni molto interessanti.
Un serio (e disarmante) spunto di riflessione si trova nell’audizione del presidente dello Svimez (Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno), Adriano Giannola, il 12 ottobre 2011 di fronte al IV Comitato “Mafie e sviluppo economico del Mezzogiorno” della Commissione parlamentare, coordinata dal senatore Giorgio Costa (PdL). L’audizione è stata declassificata da “riservata” a “libera” con deliberazione della Commissione del 18 settembre 2012.
Anche quel giorno si parlava della capacità del Mezzogiorno di attrarre investimenti.
Il IV Comitato cercava – anche con quell’appuntamento – di comprendere, per quanto possibile, quali siano le attività su cui la criminalità organizzata trova conveniente incentrare la propria azione e quali potrebbero essere invece, per esclusione, le attività – pur esse pregevoli e idonee allo sviluppo economico delle aree interessate – dove la disoccupazione determina vasti “vacuoli” (è proprio questa l’espressione usata dai commissari parlamentari!) che sono serbatoi di assunzione della manodopera della criminalità – per le quali la criminalità, non avendo alcun interesse, non presta attenzione.
In tale contesto è stato affrontato l’argomento dell’attrazione degli investimenti esteri in Italia, con particolare riferimento alle regioni meridionali.
Al riguardo, Invitalia (l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa), nell’ambito degli approfondimenti del Comitato e con riferimento all’anno 2008, aveva segnalato la limitata capacità del Paese in tema di attrazione diretta degli investimenti dall’estero, con specifico riferimento al Meridione.
L’opinione era che la criminalità organizzata non fosse un fatto ostativo tout court, perché non aveva un livello di pervasività omogenea nel Mezzogiorno – mentre gli investimenti della specie erano quasi del tutto assenti nell’area in questione – seppure la presenza della criminalità emergeva, in tale contesto, quale fattore presente nella rappresentazione dell’immagine del Mezzogiorno.
Ulteriore fattore era comunque costituito dalla burocratizzazione del sistema che dilatava oltre misura i tempi necessari per avviare un’attività di impresa.
Successivamente la stessa Invitalia ha evidenziato un miglioramento della situazione nei confronti del Sud, anche se la maggiore concentrazione degli investitori stranieri e` ancora al Nord. Nel dettaglio si registra un tasso di crescita nel 2010 rispetto al 2009 del 66% e nel 2011 rispetto al 2010 del 30%.
Molti degli investitori stranieri – e` stato segnalato – non hanno problemi relativi agli incentivi, ma piuttosto alla certezza e alla sicurezza dell’investimento ed all’assistenza nei confronti della burocrazia.
IRROMPE LO SVIMEZ
Sul tema dell’attrattività del Sud verso gli investimenti esteri, il Presidente dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno (Svimez), Adriano Giannola, ha presentato uno studio ad hoc che, nella parte dedicata a «L’impatto complessivo e il mancato sviluppo», evidenzia che «… anche se un giorno la mafia venisse sradicata, molti imprenditori stranieri o comunque esterni desiderosi di operare legalmente presumibilmente non investirebbero comunque nelle regioni del Sud d’Italia in ragione di considerazioni legate alla qualità della regolazione e forse ancor di più allo scadente livello dell’enforcement. Una scarsa capacità attrattiva di investimenti esterni, infatti, la ritroviamo anche nel Centro-nord, ove la criminalità organizzata, che pure e` presente e si sta diffondendo, non e` certo endemica come in alcune regioni meridionali. E’ il Paese nel suo complesso che risulta scarsamente attraente. Il Mezzogiorno, poi, ha una capacità attrattiva pressoché pari a zero, e ciò sia a causa della criminalità di stampo mafioso, sia perché, come e` noto, il rendimento della pubblica amministrazione, della giustizia, delle infrastrutture, dei servizi pubblici qui è assai inferiore a quello delle regioni centro-settentrionali…».
Prendere alla lettera quel che è stato detto da Giannola (“il Sud ha una capacità attrattiva pari a zero”) vorrebbe significare dire addio al Sud stesso. Ci ostiniamo a non crederlo anche se di fronte agli indegni spettacoli della politica di questi giorni che rimandano anziché affrontare i problemi del Paese, c’è quasi da ritenere che oramai tutto è perduto.
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