Non si uccidono così anche i cavalli? Il pm Alberto Cisterna perde vincendo e la cupola mafiosa continua la sua maratona di ballo

I colleghi Lucio Musolino del Corriere della Calabria e Consolato Minniti di Calabria Ora nei giorni scorsi hanno illustrato l’archiviazione del fascicolo contro il magistrato antimafia Alberto Cisterna, accusato di corruzione in atti giudiziari nientepopodimenoche dal pentito-ito-ito (ma proprio ito per la tangente come diciamo noi romani) Nino Lo Giudice.

Ma sì, il pentito più veloce della Calabristan, quello a cui non crede neppure il fratello Luciano e alcui colleghi di pentimento-ento-ento.

Il pentito al quale invece la Procura di Reggio Calabria (e avrà tutti i legittimi motivi) assegna fede, speranza e carità.

Nessuno può certo fermarmi (so che in molti ci hanno provato e ci staranno ancora pensando, con tutti i mezzi) nel continuare a dubitare delle verità fuori tempo massimo e ad orologeria di Lo Giudice. Questa archiviazione, se permettete, aggiunge farina al sacco degli scettici, girone dantesco al quale sono iscritto d'ufficio perchè il dubbio è l'anima del giornalismo sano. Nella richiesta di archiviazione la Procura di Reggio ha profuso centinaia e centinaia di pagine. Cosa ci sarà mai scritto in un tomo così corposo? 

Ebbene il Gip di Reggio Calabria, Barbara Bennato, facendo propria la richiesta della stessa Procura, ha messo in soffitta il fascicolo su Cisterna. Sui dubbi e sulle follie delle accuse di Lo Giudice a Cisterna non mi dilungo: rimando ai pregevoli articoli dei compagni di merenda (la mia, fatta di trasparenza, incorruttibilità, schiena dritta, legalità, valori e principi) Musolino e Minniti suwww.corrieredellacalabria.it e www.portale.calabriaora.it.

Passo dunque con un salto ad analizzare quello che c’è ma non si vede dietro questa archiviazione (ricordando, incidentalmente, che per il magistrato pende un altro fascicolo per falso sul quale non spendo parole; se ha sbagliato spero che paghi così come doveva pagare per la corruzione in atti giudiziari se fosse stata provata).

Dunque, una vittoria per Cisterna? Macchè! Una sconfitta sonora ma – soprattutto ed è quello che più inquieta – un messaggio che giunge a lui affinchè raggiunga tutti.

La riflessione che vi sottopongo è assolutamente personale (lo voglio dire agli autori della prossima informativa sulla mia penna “manovrata”, così gli risparmio l'ennesima fatica) ma, sapete com è, il pensiero unico non fa per me. Lo lascio a chi ama mettere cazzate a comando su facebook e a chi scrive sotto dettatura. A me questo – mettetevi il cuore in pace – non capita. Mai.

Orbene seguite le mie riflessioni. Ovviamente sbagliate ma sapeste quant è bello sbagliare!

Cisterna – per una quota parte della cupola – doveva essere eliminato. Punto. Non “avrebbe potuto” ma “doveva”. Non era necessario che finisse sotto un metro di terra (negli anni Novanta, con il suo compagno di merende, Roberto Pennisi, fu allontanato da Reggio proprio perché la ‘ndrangheta reggina l’aveva giurata a entrambi ma la memoria in questo Paese non esiste).

Le cosche – che hanno invece la memoria lunghissima – non avevano più bisogno di sparare proiettili. Bastava distruggerlo. Fu proprio Cisterna a dirmi – correva il 2009 – in un colloquio che avemmo in Dna questa frase: “Stai rompendo troppo i coglioni Roberto. Vedrai. Se non riusciranno a fermarti corrompendoti o con le minacce, ci proveranno con i dossier. Ti delegittimeranno come uomo e come giornalista. Hai amanti? Sbarazzatene. Giochi d’azzardo? Smetti. Hai amicizie pericolose? Digli addio. Sei corrotto? Smetti di incassare mazzette”.

Alberto, gli risposi, ormai non trombo dai tempi dell’Università, delle minacce me ne frego, non ho mai giocato più di un gratta-e-vinci, sono figlio di un generale che badava alle mie amicizie prima delle sue e quanto alle mazzette, l’ultimo che ci ha provato ancora se lo ricorda. Mi dispiace ma non ho un cavolo di vizio che sia uno! Ah adesso che mi ricordo, si, uno ne ho: gioco d’azzardo, è vero. Azzardo il gioco del giornalista che pensa che il libero esercizio delle democrazia passi attraverso la libertà assoluta di stampa.

Ebbene Alberto, quelle frasi erano scolpite per te.

Io no sono un giudice. Non so se tu sia giusto o sbagliato. Se tu abbia o meno scheletri nell'armadio. Se tu sia corrotto o meno.So che anche tu hai rotto i coglioni. Non da oggi. Ma da quando ti mettesti in testa di firmare il 30 marzo 1994 alle ore 20.45 (all’epoca eri giovane gip a Reggio) un decreto con il quale disponesti il rinvio a giudizio e/o lo stralcio di una serie di simpatici figuri (la cui posizione fu poi archiviata) accusati dell’uccisione del giudice calabrese Antonino Scopelliti.

Riuscisti d’un colpo in un miracolo: mandasti all’inferno il gotha di Cosa nostra e quello delle cosche reggine amorevolmente a braccetto per uccidere un giudice. Ma non ti accontentasti, no. Pur di fare il tuo mestiere (cazzo, ma che ti hanno insegnato a scuola e i tuoi genitori!) tracciasti persino un ritratto del giudice e del suo humus sociopolitico che, beh, insomma, non era propriamente quello che gli agiografi avrebbero voluto leggere.

Avendo messo il nasino in quella vicenda – ora riaperta nonostante le smentite – ti eri cacciato in un brutto pasticcio. Pensavi di passarla liscia? Sapevi tu – come lo so io e come lo sa il pm Giuseppe Lombardo che in questi mesi ci sta lavorando e miglior erede non potevi trovare – che quell’omicidio segnò l’inizio (voluto e calcolato) della stagione delle stragi mafiose e della fine di certi politici. Quell’omicidio fu il capolavoro della triade De Stefano-Condello-Libri in barba ai rozzi Corleonesi: la morte di Cosa nostra, la nascita della nuova stella ‘ndranghetista con cui la politica avrebbe presto fatto i conti.

Negli stessi anni – giacchè ti sembrava poco – a Reggio imperversavi con quei mattacchioni di Roberto Pennisi e Vincenzo Macrì (tra i primi nomi che mi vengono in mente) per dare un calcio a quella cupola mafiosa che a Reggio è fatta poi di ‘ndranghetisti ma prima di politici corrotti, massoni deviati, uomini dello Stato infedeli e magistrati compiacenti.

Poteva la cupola perdonarti tutto questo? Ma mi faccia il piacere, diceva Totò!

Poteva perdonarti il nasino che hai ficcato – questa volta da Roma e in buona compagnia – nelle vicende oscure di Gioia Tauro e delle influenze americane sui traffici che in quel porto devono essere lasciati liberi come l’uzelin della comare?

Poteva la cupola perdonarti le ricerche di latitanti in armonia con i servizi segreti, quando a Reggio i servizi deviati la fanno da padrone?

Poteva la cupola calabro/siciliana perdonarti gli scontri sui misteri veri o presunti sulla cattura di Bernardo Provenzano?

Poteva la cupola – e potrei andare avanti per ore – perdonarti di fare il braccio destro di Piero Grasso in Dna? Non un braccio “ingessato” ma un vero numero 2.

Poteva la cupola perdonarti – e qui finisco –  di voler ritornare a Reggio Calabria come capo della Procura? No Alberto, non è necessario che tu volessi davvero tornare. Per la cupola era sufficiente un “sembra, pare, si dice che…”, come avrebbe detto lo sgangherato pseudo giornalista Pier Francesco Loche nella trasmissione-cult Avanzi.

Ora la cupola mafiosa – ma la Procura di Reggio Calabria ha chiesto l’archiviazione dimostrandosi ancora una volta baluardo invalicabile della legalità contro quella cupola – è contenta. Ha vinto. Non voleva stravincere. Almeno non ora. Se rialzi il nasino, stravincerà.

Sei stato distrutto, azzerato. Questo conta. Ora (e per sempre) non puoi neppure più fargli il solletico all’ultimo dei tirapiedi aspiranti all’ingresso nella cupola!

Sei stato spedito a Tivoli – perché lì è stato disposto un trasferimento con motivazioni che non mi permetto di giudicare e che sono certo siano condivisibili – impegnatissimo nel giudicare uno sputo al commendatore o le corna al farmacista.

Fantastico, meraviglioso. Bene, anzi benissimo. Utile, anzi utilissimo. E’ giusto premiare il merito e le competenze acquisite per giudicare le conseguenze di uno sputo (impara perché a Tivoli potrebbe tornarti utile: a Roma e in provincia si dice scaracchio).

Neppure la voce della Cassazione (fosse a te favorevole) ti riabiliterà. Obiettivo raggiunto. Sei innocente (questa è la verità giudiziaria al momento accertata), non sei stato corrotto da nessuno. Ma che vuoi di più dalla vita? Un amaro Lucano o un amaro Romano, Calabrese o forse Siciliano?

Non si uccidono così anche i cavalli? La maratona di ballo continua Alberto, lo scriveva Horace McCoy nel 1935…Vuoi che qualcuno si fermi? La cupola balla e gira, balla e gira, balla e gira ma loro non scendono mai, imparalo.

Questi sono i motivi che io sono riuscito a scorgere sulla necessità di tenerti alla larga. Se poi ce ne sono altri che esulano da questo e si incasellano in altri contesti questo puoi saperlo solo tu, chi ha deciso di darti la caccia e il buon Dio!

r.galullo@ilsole24ore.com

  • Francesca |

    Che tristezza,vivo in questa terra dimenticata da Dio… dove ndrangheta, politici, massoni ecc… la fanno da padroni.
    La speranza per uscire da questa situazione sono i giornalisti come lei, magistrati come il Dott. Gratteri e il Dott. Cisterna.
    Dopo aver letto questa vicenda, mi chiedo il nostro presidente della Repubblica perché non batte un colpo???? Cristo si è fermato veramente a eboli. sto seriamente pensando di prendere mio figlio e trasferirmi lontano da questo pantano fatto di fango di “quaquaraqua” di codardi e ruffiani di uomini senza dignità. Bisogna commissariare tutte le amministrazioni pubbliche calabresi per un decennio ed il commissario deve essere un tedesco

  • attilio |

    Beh che dire, sembra di leggere un quadro, dove soggetti in primo piano appaiono figuranti, e dove configuranti assurgono a ruolo di protagonisti. Una cosa è certa: dipinge il comparto con i tratti di un Tintoretto dai toni ancora più scuri di quelli che usava il maestro normalmente. Ma appare in tutta evidenza il dramma amletico: simu o non simu e si simu amu a essiri, che tradotto per i fuori regione recita: siamo o non siamo uomini e se lo siamo lo dobbiamo essere. Cisterna è un uomo come gli altri, ma con quel quid in testa di BorseFalconismo di antica e grande memoria. Grazie sig. Galullo e grazie dott.Cisterna. Non credo che si tratti di vittorie o sconfitte, d’altronde Cesare non perse una battaglia eppure sul patio del senato fu fatto fuori dai soliti noti.

  • campacavallo |

    QUANDO L’ANALISI E’ PERFETTA: LA VITTORIA VERRA’
    Caro Dott. Galullo
    Come sempre le sue analisi anticipate portano sempre ad una, purtroppo per noi poveri calabresi, amara realtà, quella che le vittorie ritardate nel tempo non aiutano l’unica vittima di questo stato di cose, il popolo onesto, quello che le parole giustizia e liberta non sapranno mai cosa siano se non cambiano il loro registro mentale.
    Per questo però, mi permetto di migliorare la sua definizione della parola DUBBIO, quale unica via di un corretto e sano giornalismo.
    Bene lei non ci crederà ma io questa parola la uso da tempo immemore, forse prima ancora che lei inziasse ad essere cosi illustre per il suo lavoro, ma su questo non ho la presuzione di quanto detto prima, come dire in DUBBIO VERITAS.
    Per me la parola DUBBIO, vale per ogni cosa che faccio e sopratutto nella mia attività, affermando in tal senso che SOLO IL DUBBIO MI PUO’ AIUTARE AD AVERE CERTEZZE.
    Per il resto chi vivrà vedrà e soprattutto anche per quelli che colgono le sfide(vedi post sul caso del fallimento di Reggio) nel quale non solo non si raccolgono ma anche quando si fa, per me resta il dubbio del perchè lo fanno, dopo essere stati comunque compiacenti di un certo andazzo sociale e politico in questa terra, maledetta solo dai suoi stessi rappresentanti e non certamente da dio.
    Per concludere e con il DUBBIO IN MANO le posso garantire che nulla sarà come prima ma la fame della gente potrà far tornare tutto, come e peggio di prima, purtroppo.
    Per parte mia sarà sempre NOT IN MY NAME, che suona meglio detto in calabrese “ULTRA”, “A NOMU MEI MAI” anche se questo mi costringerà alla fame perenne.
    Come sempre, cordiali saluti dalla calabria ultra

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