Cari e amati lettori, poche ore fa abbiamo letto su questo umile e umido blog la filosofia che anima ancora una parte vera e profonda della mafia: non bisogna affamare il popolo (vale a dire non bisogna strozzare con pretese estorsive gli imprenditori ai quali si chiede il pizzo) altrimenti il popolo si ribella. Non è una filosofia nuova per la mafia ma leggendola tra le carte dell’Operazione Cartaruga condotta dal pm Stefano Musolino della Dda di Reggio Calabria fa specie il fatto che sia ancora “viva e vegeta”. Se così è, è per una drammatica verità: lo Stato non c’è o non c’è nella misura necessaria
Oggi, dalla stessa operazione, leggiamo un altro lato della stessa medaglia: il vincolo di sangue mafioso è drammaticamente (e ancora nell’Anno Domini 2012) è molto ma molto più forte dell’amore tra un uomo e una donna.
In altre parole: se si deve scegliere, si sceglie il vincolo tra fratelli di sangue mafioso.
Non ci credete?
E allora leggete questo dialogo tra due fidanzati captato dalla sala ascolto di Reggio Calabria il 21 giugno 2011 alle 20.07 a bordo di una Fiat 500.
Del nome dei fidanzati non ci frega assolutamente nulla, anche perché, come leggerete, la fidanzata è atterrita dalla frequentazione della cosca del suo uomo. Uomo che, secondo gli investigatori e gli inquirenti, è un affiliato alla cosca Rosmini.
MI AMI? MA QUANTO MI AMI…
Nel corso del dialogo il fidanzato, nel discutere con la fidanzata, si riprometteva di non scrivere più al presunto boss («…lascia che non gli scrivo più a Natale!…») in quanto proprio il presunto boss aveva raccomandato alla moglie di riferire al giovane affiliato di non recarsi più a trovarlo in occasione delle udienze del processo che in quel periodo si stava tenendo («… Eh, perché quando sono andato a vederlo, c’erano quelli della Dia che hanno preso informazioni su di me… Infatti pure Natale gli ha detto a…omissis…ha fatto un bordello, ha bestemmiato un sacco, non è che lo devono inguaiare… Chi gli ha detto di venire a …omissis, non doveva venire, che lo inguaiano…(inc.)…dice a me mi hanno fatto un bordello, e chi era quello, e perché è venuto, e qua e là…cioè, c’erano tutti, solo per me hanno fatto le domande, solo per me!…»)
La fidanzata, preoccupata dalle conseguenze che sarebbero potute derivare al fidanzato, raccomanda di interrompere i rapporti e di prendere le distanze da quei soggetti: «… t’inguai così…Non andare… Ma che vai a fare, chi cazzo ti manda a rischiare?… No, con tutto l’amore che gli puoi volere, però tu ti devi allontanare da questa gente! ».
Di fronte a questo grido accorato di prendere le distanze da gentaccia, il fidanzato ribatte affermando che mai si sarebbe allontanato da loro in quanto quella era la sua vita: «No, non mi allontano perché questa è la mia…è anche la mia vita!».
Alle insistenze della donna che chiede cosa abbia in comune con loro («… Che cosa hai in comune con loro, qual è questa vita che ti accomuna a loro?… Non hai proprio niente…»), il fidanzato rispondeva, confermando esplicitamente la sua appartenenza alla cosca Rosmini, di essere legato da quel vincolo indissolubile che lega gli affiliati ad una consorteria mafiosa: «Tutto!…siamo legati dal vincolo di sangue…».
LE ANALISI DELLA PROCURA
Che il fidanzato in questione fosse legato da vincolo indissolubile alla cosca Rosmini gli inquirenti ne erano convinti fin dall’inizio dell’attività investigativa.
Infatti, già l’11 marzo 2011, a bordo dell’autovettura del fidanzato in questione, era stata registrata una conversazione intercorsa con due soggetti non identificati, dal cui tenore si comprendeva come questi nonostante lo stato di detenzione patito da un soggetto, continuasse ad intrattenere rapporti con questi.
Che dire? Scoprire che nel 2012 il vincolo di sangue mafioso (che, come sappiamo, in Calabria è innanzitutto un vincolo familiare) è più forte dell’amore tra un uomo e una donna lascia senza parole.
r.galullo@ilsole24ore.com
2 – the end (la precedente puntata è stata pubblicata il 30 ottobre)