Teste mozzate di capretto e minacce: ecco come si convince un Comune a cedere appalti alla ‘ndrangheta ma…accade a Modena!

Un patto tra alcuni amministratori pubblici, qualche dipendente e soggetti legati alla ‘ndrangheta per spartirsi la torta degli appalti pubblici. Solo che la scena del crimine non è il Sud ma Serramazzoni, in provincia di Modena.

E’ su questa ipotesi investigativa ancora da approfondire visto che le indagini sono ancora in corso – spiega al Sole-24 Ore il colonnello Michele Pallini, Comandante provinciale della Gdf – che sono state arrestate dalla Guardia di finanza tre presunti affiliati alle cosche calabresi”. L’organizzazione criminale vede al vertice un soggetto calabrese ex soggiornante obbligato, originario di Polistena (Reggio Calabria), con numerosi precedenti penali per estorsione e detenzione di armi da guerra.

Gli indagati dalla Procura di Modena sono in realtà 12 per varie ipotesi di reato: associazione a delinquere, concussione, turbata libertà degli incanti, incendio, danneggiamento a seguito d’incendio ed estorsione. Tra di loro due ex sindaci del Comune che attualmente è commissariato da luglio a seguito delle dimissioni del primo cittadino alle prese con indagini che corrono da mesi.

La prima tranche dell’Operazione Teseo – che ieri si è arricchita di una nuova puntata – è infatti datata a questa estate. A fine giugno era stato arrestato ma poi scarcerato Enrico Tagliazucchi, ex responsabile dell'ufficio urbanistico del Comune. “Lo avevamo arrestato – spiega al Sole-24 Ore Pallini  – in flagranza di reato, mentre intascava 500 euro in contanti da un professionista, frutto in realtà di una pattuizione più ampia”.

Negli ultimi anni l’attività imprenditoriale del presunto sodalizio criminale è stata orientata nel settore immobiliare e nell’acquisizione di appalti pubblici di lavori, opere e forniture dal Comune di Serramazzoni, gestiti sia direttamente dal Comune che attraverso una società partecipata. “In tale contesto – spiega Pallini – ripetuti e numerosi sono stati i casi di turbativa d’asta accertati nell’affidamento degli appalti”.

Secondo l’ipotesi investigativa l’organizzazione nel tempo avrebbe stretto “relazioni e cointeressenze” con alcuni soggetti di vertice del Municipio, allo scopo di ottenere agevolazioni e la garanzia di un trattamento privilegiato nella gestione delle procedure di evidenza pubblica. Nel giro di qualche anno questa attività di infiltrazione, secondo le stime della Gdf, ha consentito di ottenere l’affidamento di alcuni appalti di importo superiore a 2,7 milioni.

In un caso risulta aver partecipato a una procedura per l’aggiudicazione di un appalto una società che – pur in mancanza delle attestazioni e/o dei requisiti tecnico-organizzativi ed economico-finanziari e presentando attestazioni false – è comunque riuscita, in virtù degli accordi collusivi, non solo a prendere parte alle procedure per l’assegnazione dell’appalto ma addirittura ad ottenerne l’affidamento.

In altri casi è stato accertato che l’organizzazione criminale ha utilizzato strumentalmente, come schermo, una società calabrese formalmente in regola con i requisiti richiesti: la società, una volta ottenuti gli appalti, ha provveduto successivamente ad affidare l’esecuzione delle relative opere in sub-appalto a imprese riconducibili all’organizzazione criminale disarticolata con l’operazione odierna.

Le metodologie utilizzate dall’organizzazione erano quelle tipiche di stampo ‘ndranghetista, particolarmente efficaci e convincenti: presso i locali di uno studio immobiliare, ad esempio, lungo le scale d’ingresso, è stata rinvenuta la testa di un capretto con la lingua fuori. In più occasioni sono state recapitate pallottole e bossoli di pistola, mentre in un solo episodio sono stati recapitati ad un soggetto 8 bossoli inesplosi, con un biglietto dal testo inequivocabile “… la prossima tocca a te”. Tra gli strumenti di “persuasione” non potevano mancare gli incendi. Gli immobili di un soggetto, ad esempio, sono stati interessati da incendi dolosi di intensità crescente: all’inizio, quale avvertimento, con lievi danni al portone d’ingresso, l’ultimo ha provocato ingenti danni economici, quantificati in oltre 150mila euro.

Sia il mandante che i materiali esecutori delle attività criminale si prefiggevano di “scoraggiare” la partecipazione di eventuali altre imprese alle procedure di assegnazione degli  appalti o subappalti ovvero “indurre” i funzionari pubblici che ricoprivano un ruolo centrale nell’aggiudicazione di un appalto a seguire le indicazioni dell’organizzazione; ottenere la corresponsione forzata di somme di denaro da altri imprenditori, ritenuti “responsabili” per non essersi sufficientemente “adeguati” nell’ambito delle trattative commerciali intercorse con la società riconducibile all’organizzazione criminale; estorcere utilità economiche di varia natura da imprenditori, ai quali l’organizzazione medesima risulta aver assicurato la propria protezione (una sorta di pizzo). Al gestore di un locale notturno è stato richiesto il pagamento del 12% dell’incasso serale: in caso di rifiuto, le minacce inequivocabilmente esplicitate erano quelle di provocare risse, che avrebbero determinato la chiusura del locale per motivi di ordine pubblico, o addirittura l’incendio dei locali.

Questa operazione accende i riflettori sul rischio che parte degli appalti post terremoto possano finire nelle mani di clan casertani e cosche calabresi ampiamente presenti nella provincia di Modena. “Ad essere oggettivi non è mai stata dimostrata a Modena l’associazione mafiosa e dunque siamo all’assurdo che qui la mafia non esiste – spiega amaramente Pallinima il rischio c’è e come, visto che è stato riconosciuto dallo stesso legislatore con la tracciabilità dei pagamenti esteso alla provincia di Modena. La costituzione stessa del Girer è finalizzata per questo. Sono fiducioso perché gli strumenti sono straordinari”.

r.galullo@ilsole24ore.com