Per chi dubitasse di come il Comune di Reggio Calabria – sciolto dal Governo per contiguità mafiosa – programmasse i lavori pubblici, progettasse ed eseguisse gli stessi, partiamo dalla fine. Cioè dalle conclusioni sul punto messe nero su bianco dalla Commissione di indagine prefettizia la cui relazione è stata alla base dello scioglimento stesso.
“Nel settore lavori pubblici – si legge testualmente a pagina 230 della relazione – l'assenza di adeguati protocolli di legalità tesi a vagliare più rigorosamente ed analiticamente l’attività contrattuale dell'amministrazione pubblica, anche al di sotto delle soglie comunitarie, in un territorio caratterizzato da un consistente numero di ditte in rapporti con la 'ndrangheta, ha fatto sì che numerosi e cospicui affidamenti siano stati assegnati ripetutamente ad imprese caratterizzate da controindicazioni di tipo mafioso”.
Controindicazioni le chiama la Commissione, come quelle che si leggono nel “bugiardino” dei farmaci. La controindicazione è una ed è di poco conto: si chiama “’ndrangheta”. “Balza all'occhio dell' osservatore come – si legge nella relazione –pur in presenza di un tessuto economico-sociale fortemente condizionato dalla presenza di gruppi criminali, l'amministrazione non si sia avvalsa di strumenti quali, ad esempio i protocolli di legalità, vigenti in gran parte del Paese ed aventi la finalità di rafforzare i presidi di prevenzione dei tentativi di infiltrazione mafiosa”.
Ora, detto che personalmente ripongo nei protocolli di legalità la stessa fiducia che può porre un diabetico in una cura miracolosa a base di bignè, non c’è dubbio che a Reggio Calabria anche il solo dotarsi di un protocollo ha una valenza che va oltre, ma molto oltre il gesto simbolico.
Ma non basta. Il Comune di Reggio Calabria – dopo aver aderito su impulso della Prefettura il 12 marzo 2009 – alla stazione unica appaltante provinciale, costituita presso la Provincia insieme ad altri 86 comuni, ha deciso, alla scadenza, e cioè il 30 settembre 2010, di non rinnovarla. La convenzione è stata rinnovata il 13 aprile 2011 da 75 comuni della provincia ma non dal Comune -di Reggio Calabria, ed è stata estesa la competenza sia ad appalti di lavori pubblici sotto 150mila euro che ai procedimenti relativi all'acquisizione di beni e servizi al di sotto della soglia comunitaria. “Da allora mancano – scrive impietosamente la Commissione prefettizia – strumenti di"tutela anticipata della legalità, ormai sottoscritti in gran parte del Paese, poiché posti, in una fase preventiva, a presidio e protezione del preminente interesse pubblico alla legalità e alla trasparenza in un settore delicato quale quello dei lavori pubblici e delle forniture fortemente esposto a possibili tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata; presidio da attuare attraverso il meccanismo dell' estensione delle cautele antimafia, nella forma più stringente delle informazioni del Prefetto, all'intera filiera degli esecutori e dei fornitori anche negli appalti di lavori pubblici sotto soglia, in relazione alla normativa generale in materia antimafia”.
In assenza di "accordi di legalità" che estendano le informazioni antimafia all'intera filiera degli esecutori e dei fornitori che intervengono in sub-appalto o si occupano delle lavorazioni minori, è di fatto sottratto alle incisive cautele antimafia l'intero settore dell'indotto, “esposto senza troppe difficoltà per la mancanza di controlli – si legge nella relazione – al rischio di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata.
In ragione della già evidenziata ridottissima disponibilità di bilancio, frutto della scellerata gestione finanziaria delle risorse di cui si è avuto modo di riferire ampiamente, l'attività del Comune di Reggio Calabria, anche riguardo ai due settori che si occupano di lavori pubblici, risulta notevolmente e significativamente condizionata”.
Per ora ci fermiamo qui. Da lunedì ritornerò sulle vicende del Comune di Reggio Calabria.
Vi do – eccezionalmente – appuntamento anche a domani, domenica 21 ottobre, con un altro articolo. Sarà di natura completamente diversa, riguarderà il Piemonte, Biella, dove ancora c’è chi cade in certe pratiche che ricordano la mia infanzia. Curiosi? A domani allora, con la catena di Sant’Antonio!
6 – to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate il 16, 17, 18 e due il 19 ottobre)