Questo mio servizio è stato pubblicato sul Sole 24 Ore di domenica 12 luglio. Lo ripropongo – in versione più lunga e dunque arricchita di nuovi contenuti – per i lettori del blog
"Il distretto della Corte d'appello di Torino prima della riforma aveva 17 Tribunali e di quelli cancellati nessuno avvertirà la mancanza". Non le manda certo a dire Luciano Panzani, 62 anni, dal 2009 presidente del Tribunale di Torino e prima, per 10 anni, a capo di quello di Alba. "Il Tribunale di Torino – dice – trarrà effetti positivi perchè abbiamo necessità di concentrare le forze per dare risposte ai cittadini attraverso giudici sempre più specializzati in un quadro di carenza amministrativa".
Panzani apprezza la riforma e non vede alcuna controindicazione anche perchè il presidio giudiziario che dirige è stato tra i primi a puntare sull'informatizzazione. "Visto che le risorse sono limitate – spiega al Sole-24 Ore – se si riducono le sedi gli effetti di efficacia ed efficienza sono immediati. L'informatizzazione consente di non vivere la chiusura come un evento drammatico. Oramai sono sempre di più gli avvocati che si collegano telematicamente e vengono sempre di meno in Tribunale per sapere se la causa è stata o meno calendarizzata. Dall'altro lato, soprattutto in materia civilistica, sono sempre di più i giudici che notificano i provvedimenti attraverso la posta certificata ".
La direzione è segnata dunque e Panzani trova pretestuose le polemiche che hanno accompagnato la decisione degli allora ministri della Giustizia Angelino Alfano e Nitto Palma di procedere con un'informatizzazine a macchia di leopardo. "In realtà i progetti sono partiti laddove c'era un humus favorevole" conclude Panzani.
Il plauso è totale anche per quanto riguarda la centralizzazione del lavoro. I Comuni più grandi della cintura torinese erano serviti da 4 sezione distaccati del Tribunale con 9 giudici sui 153 complessivi del presidio. "Se si chiudono le sedi che costavano centinaia di migliaia di euro – continua nel ragionamento Panzani – i magistrati vengono trasferiti al centro, vale a dire a Torino, dove sono messi in grado di rendere molto di più. Questo l'ho sperimentato ad Alba dove la produttività era modesta perchè aveva migliaia di cause civili ma quando si trovava di fronte a cause complesse non sapeva spesso come comportarsi. Inserito in una struttura unificata il giudice potrà crescere ed essere applicato non solo per il suo meglio ma anche e soprattutto per soddisfare le esigenze di giustizia dei cittadini". E per farsi capire meglio ricorda cosa disse al battagliero sindaco di Susa, Gemma Amprino, che le aveva tentate tutte per convincerlo che i Tribunali minori in Piemonte dovevano sopravvivere. "Mi risulta – ripete Panzani – che se qualcuno si rompe una gamba sciando nelle valli non si reca a Susa dove pure esiste un ospedale ma va all'Ospedale traumatologico di Torino".
Come dire: la specializzazione – volontaria o forzata che sia – è la cura per molti mali anche se Panzani è pronto a riconoscere che per gli anziani e le fasce meno tutelate è necessario provvedere ad una "rete" di tutele che non li costringa a viaggiare da un capo all'altro della provincia.
Panzani, in sede di dialettica con le Istituzioni, aveva proposto che il Tribunale di Moncalieri diventasse una sede di appoggio di Torino ma il Governo ha preferito accorpare quello di Pinerolo a Torino. Pinerolo ha numeri modesti: 10 giudici e 3 sostituti procuratori che verranno ora ospitati nel capoluogo di regione fino a che lo stesso Tribunale non andrà a pieno organico. "A me mancano 26 giudici", fa infatti presente Panzani.
E a proposito di organici lo stesso Panzani afferma che se è vero che, come qualcuno afferma, nelle Corti di appello si trova il ventre molle della giustizia, allora meglio sarebbe stato prevedere che il personale dei Tribunali "tagliati" potesse integrare le Corti di appello, dopo adeguate verifiche e preparazione visto che non sono sedi che possono raggiungere giudici di prima nomina.
Infine l'ultima riflessione che, come ammette Panzani, è assolutamente controcorrente. "Non sono d'accordo – dice – con chi ha difeso i cosiddetti mini-Tribunali soggetti a ipotetici tagli nei territori di mafia. Quei Tribunali piccoli sentono la pressione del territorio e, inoltre, la stragrande parte dei giudici è nativa di quei luoghi e dunque soggetta a sua volta a pesanti pressioni. Molti di loro sono obbligati a vite blindate. Senza tener conto che il criterio della specializzazione, che non a caso ha dato vita alle Direzioni distrettuali antimafia, vale a maggior ragione. Non avrei gridato allo scandalo se li avessero soppressi".