Scusate il ritardo ma – solo lo scorso fine settimana – ho avuto il tempo di leggere l’ordinanza del 4 aprile 2011 del giudice milanese Ghinetti sull’omicidio del presunto boss di ‘ndrangheta Carmelo Novella, ucciso a San Vittore Olona (e su questo non ci sono dubbi) il 14 luglio 2008. Lui sarebbe stato il capo della Lombardia e ai vertici del “locale” di Guardavalle (Catanzaro). E’ stato ucciso con il colpo di grazia alla testa. Come si addice ai “migliori”.
Di quell’omicidio e di altri (ma ora concentriamoci su questo) si è accusato dopo un travaglio (falso? presunto? vero?) il killer lombardo-calabro di ‘ndrangheta Antonino Belnome (si leggano i post del 17, 19 e 20 aprile quanto agli aspetti più interessanti, a mio giudizio, delle esternazioni messe a verbale), le cui dichiarazioni sono alla base di quella ordinanza di custodia in carcere a carico di alcune persone accusate di quello, di altri omicidi e amenità varie.
Ebbene quell’ordinanza va letta “insieme” a una trentina di verbali per centinaia e centinaia di pagine di Belnome che – scusate sempre il ritardo – ho avuto la possibilità di leggere nello scorso fine settimana perché solo da poco ne sono entrato in possesso. Non un ritardo voluto, dunque, ma un ritardo obbligato.
Però meglio tardi che mai.
Infatti la lettura dell’ordinanza e la (corroborante) lettura dei verbali fanno sorgere molti dubbi sulle reali motivazioni per le quali Novella fu ucciso.
Perché vedete: un fatto è certo (la morte di Novella) ma un altro è incerto (il movente). Un conto, infatti, è dire che è stato ucciso perché voleva recidere il “cordone ombelicale” tra “mamma-Calabria” e “figlia-Lombardia” (il che presuppone nuovi e imprevedibili scenari non solo nel crimine ma soprattutto nella lotta al crimine mafioso) e un conto è dire che è stato ucciso per un regolamento di conti basato su una miscela pur sempre esplosiva: ripicche, donne e affari.
Siamo (stati) convinti che Novella si era messo in testa un’idea meravigliosa, un po’ come Cesare Ragazzi: dichiarare l’indipendenza della ‘ndrangheta lombarda da quella calabrese. Insomma: era un “secessionista” e per questo folle ma visionario progetto, venne ucciso come un cane.
Questo è ciò di cui siamo (stati) convinti ma…
Ma quel che appare strano è quel che emerge dalla lettura puntigliosa e attenta (sapete com è, sono un rompicoglioni che ha il brutto vizio di leggere le carte e leggerle con la mia testa) innanzitutto delle pagine 31, 32 e 33.
Per questi motivi ho deciso di dedicare alcuni post all’omicidio del (presunto) “secessionista” Novella.
LA CATTURA E IL PENTIMENTO
Belnome è stato catturato il 5 luglio 2010 proprio come capo locale di Seregno e per l’esecuzione materiale dell’omicidio di Novella.
Ora occhio a tutte le date.
Il 20 settembre successivo chiede di essere interrogato.
All’interrogatorio del 13 ottobre ricostruisce in modo dettagliato le fasi ideative ed esecutive dell’omicidio Novella, indicando mandanti ed esecutori materiali, escludendo comunque il coinvolgimento proprio e del cugino nella fase dell’ esecuzione. Racconta anche due episodi di “lupara bianca” ai danni di Antonino Tedesco e Rocco Stagno, soggetti di cui i familiari avevano denunciato la scomparsa rispettivamente il 29 aprile 2009 e 31 marzo 2010.
A seguito delle contestazioni mossegli in occasione dell’ interrogatorio del 27 ottobre 2010, nel successivo interrogatorio dell’11 novembre Belnome decide di collaborare con la giustizia rendendo innanzitutto piena ammissione circa le responsabilità proprie e del cugino in merito all’omicidio Novella.
Il 17 novembre 2010 inizia la redazione del verbale illustrativo della collaborazione.
Ah, nel frattempo comincia a scrivere un memoriale di quasi 50 pagine che ho avuto la possibilità di leggere riga per riga: una “povertà” torale. Cinquanta cartelle che potevano essere riassunte in una riga: “Sono un (ex) padrino di ‘ndrangheta. Mi pento e voi giovani state lontani dalla ‘ndrangheta. E’ brutta, sporca e cattiva”. Lettura inutile (col senno di poi; col senno di prima grandi aspettative e suspence tradita).
Quanto alla spontaneità e genuinità della sua scelta, si legge nell’ordinanza, è “opportuno sottolineare che essa è intervenuta allorché Belnome era in stato di custodia cautelare per il reato di cui all’ articolo 416 bis c.p. e per un omicidio “ indiziario”, in relazione al quale non vi era ancora la prova conclamata della sua responsabilità. Collaborando, Belnome ha confessato oltre all’omicidio Novella, un ulteriore omicidio in relazione al quale mai sarebbe stato indagato”.
L’omicidio era certamente maturato nell’ambito della stessa organizzazione criminale. La ricostruzione del profilo di Carmelo Novella e il contenuto di alcune conversazioni ambientali captate nell’immediatezza dei fatti “facevano emergere in modo chiaro che il progetto di Novella rispetto ad una autonomia della Lombardia aveva determinato non solo un risentimento nei suoi confronti, ma una netta contrapposizione con il gruppo egemone calabrese, che riteneva Novella soggetto in grado di scardinare gli equilibri interni della stessa organizzazione mafiosa”.
Ma è (era) davvero così devastante il suo proposito secessionista? Tanto da essere il motivo principale (si badi bene: principale) di quella morte violenta?
IL MOVENTE
Fin dal primo interrogatorio del 13 ottobre 2010 Belnome riferiva che, per quanto gli risultava, il movente dell’omicidio Novella era di carattere personale. Ohibo! Ma come!
I mandanti venivano indicati in Vincenzo Gallace, Cosimo Leuzzi e Andrea Ruga (quest’ultimo deceduto il 13 gennaio 2011). Secondo il collaboratore costoro sarebbero gli alleati più potenti della costa ionica: “sono oggi i numeri uno e sono tutti e tre insieme”.
Nel successivo interrogatorio del 26 novembre Belnome torna sul movente e ribadisce che Gallace era portatore di un interesse personale all’eliminazione di Novella che traeva origine nella lettura della carte processuali dell’ indagine Mythos. Addirittura, Novella, in una conversazione intercettata con tal Domenico Origlia si sarebbe lasciato andare ad espressioni irriguardose nei confronti della madre di Gallace, comportamento che nel contesto ‘ndranghetistico non può essere definito una semplice “trascuranza”.
Anche Ruga avrebbe avuto motivi di risentimento nei confronti di Novella, poiché costui, in occasione del matrimonio del figlio di Ruga, si sarebbe comportato in modo irriguardoso.
Al collaboratore – a quel punto e lo si legge testualmente nell’ordinanza a pagina 36 – quanto alla scenario che aveva condotto all’omicidio Novella, venivano contestate le risultanze dell’ indagine Infinito, in particolare la conversazione 12 giugno 2008 con la quale tal Domenico Focà, reggente del locale di Grotteria, comunicava al cognato Pietro Francesco Panetta di una riunione tenutasi in Calabria all’esito della quale un soggetto che gli investigatori identificano in Carmelo Novella sarebbe stato “licenziato dalla Provincia”. In altre parole: fatto fuori. Più chiaro di così!
“Belnome si mostrava a conoscenza del progetto autonomista di Novella – si legge ancora testualmente a pagina 36 – anche se aggiungeva che non aveva alcuna probabilità di successo poiché a suo dire la Lombardia “nulla può” senza l’assenso della Calabria”.
Ora mi fermo qui ma domani ne saprete di più su questa morte il cui movente “secessionistico”, forse, dovrebbe essere riletto.
1 – to be continued
P.S. Ora potete acquistare il mio libro: “Vicini di mafia – Storie di società ed economie criminali della porta accanto” online su www.shopping24.ilsole24ore.com con lo sconto del 10% e senza spese di spedizione