Questa è la mia inchiesta sulla Regione Sardegna, pubblicata due settimane fa sul Sole-24 Ore, nella serie “I conti delle Regioni”. La ripropongo anche al pubblico del mio blog.
Provateci voi a fare un bilancio familiare o aziendale con soldi che vi promettono ma che non vi arrivano mai. E magari provate anche a protestare, a fare la voce grossa con chi è molto più grande di voi e quei soldi proprio non li vuole sganciare. Abbaierete, anche voi, senza poter mordere.
La Regione Sardegna spera, prima o poi, di assumere le vesti di Davide che decapita, con fionda e pietre, il filisteo Golia, lo Stato centrale che dal 2010 promette miliardi ma non sgancia un centesimo. Per il momento subisce come un onta il ruolo del ragionier Fantozzi costretto a mendicare un aumento al mega direttore generale che lo rimanda al posto con una busta paga più leggera.
Il bilancio 2012 sarà il terzo consecutivo nel quale la Regione Sardegna iscriverà alla voce “entrate” risorse virtuali. Colpa di quel maledetto/benedetto articolo 8 dello Statuto speciale, riscritto in apparente armonia tra Stato e Regione, con la Finanziaria 2007. Una rivoluzione, a partire dal 2010, con il nuovo regime di compartecipazione della Regione alle entrate erariali, a fronte dell’assunzione delle spese in materia di sanità, trasporto pubblico e continuità territoriale. A conti fatti dallo stesso Governo Prodi – per il primo anno- si sarebbe trattato di 3,2 miliardi che netti – secondo i calcoli della Ragioneria regionale – valevano inizialmente 1,6 miliardi, corretti poi a 1,1 miliardi, diventati poi 1,8. Nessuno ha modo di capire se e quali cifre fossero esatte. Tanto non arrivano anche se ogni anno sono iscritte a bilancio, ogni volta con cifre di fantasia. Per il 2012 dovrebbero essere tra 650 e 800 milioni. La stima per il triennio oscilla dunque tra i 2,4 miliardi (se 800 milioni fosse la cifra corretta dall’origine) e i 4,4 miliardi (ipotesi massima con 1,8 miliardi nel biennio 2010/2011) passando per i quasi 3 miliardi (se la cifra corretta, almeno per i primi due anni, fosse di 1,1 miliardi). Un balletto di cifre, comunque enormi.
Ma perché tanta incertezza sul nuovo regime di compartecipazione? In coda all’accordo tra Stato e Regione c’è il veleno: il nuovo regime entra in vigore, come disse il viceministro dell’Economia, Giuseppe Vegas, il 13 luglio 2010 alla V Commissione della Camera, solo dopo una norma di attuazione che deve stabilire i criteri di determinazione delle singole entrate.
Quella norma non è stata mai approvata e dal 13 luglio a oggi si sono sprecati fiumi di parole e di inchiostro: le prime dei politici, i secondi degli esperti chiamati a dare lumi sul contenzioso. L’ultimo – datato 15 febbraio 2011 ma reso noto solo ora dal presidente Ugo Cappellacci – è di Valerio Onida, ex giudice della Corte costituzionale. Lui non ha dubbi: la Regione può e deve reclamare la compartecipazione subito, a parte forse le entrate in materia di lotto, giochi e scommesse che però alla luce della febbre da slot machine, è una voce sensibilissima.
Il Governatore, che a fine 2010 aveva già tuonato contro l’inerzia del Governo Berlusconi nei confronti dell’isola e che ogni giorno si trova a fare i conti con nuovi e drammatici scenari occupazionali, l’ultimo dei quali è il fronte Alcoa, avrebbe bisogno come l’ossigeno di risolvere amichevolmente il contenzioso.
“I soldi saranno certi – dichiara il vicepresidente e assessore al Bilancio Giorgio La Spisa poche ore prima dell’incontro con il premier Mario Monti al quale è stata riproposta interlocutoriamente la vertenza – nel momento in cui ci saranno le norme di attuazione. Nella commissione paritetica Stato-Regione siamo riusciti persino a delineare i criteri di attuazione. Chi nel passato si è opposta è stata la Lega Nord, alla faccia del federalismo. Stiamo premendo per avere anche un giudizio della Corte costituzionale di fronte all’iscrizione delle quote in bilancio anche nel 2012. Se lo Stato impugnerà la legge finalmente la Consulta si pronuncerà, se non la impugnerà vuol dire che riconosce il nostro diritto”.
L’opposizione fa quello che deve fare: incalza. Mario Bruno, Pd, vicepresidente del consiglio regionale, mette in fila, uno dietro l’altro, i fogli di mozioni, interpellanze, interrogazioni, risoluzioni e ordini del giorno che il suo partito ha presentato dal 2010. “Credo però – aggiunge Bruno – che da parte nostra c’è sempre stata massima collaborazione ed è soprattutto merito nostro se oggi il Governatore ha alzato la testa. Noi eravamo anche pronti a sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale ma abbiamo preferito seguire la via della collaborazione con la maggioranza e con lo Stato”.
Anche parti importanti della maggioranza incalzano il Governatore. Lo fa per primo un’istituzione dell’isola, il sassarese Paolo Maninchedda, docente universitario di filologia romanza e consigliere regionale del Partito sardo d’azione. Le sue analisi sono una spina nel fianco della maggioranza. Come l’ultima, che è diventato un libro regalato sotto Natale a tutti i consiglieri. Si chiama “Slealtà di Stato e di regione” e mette sotto la lente gli ultimi due anni di politiche finanziarie. Le premesse sono amare. “I documenti di previsione recano stime – dichiara Maninchedda – che da un anno all’altro oscillano a colpi di centinaia di milioni. I bilanci di previsione risultano oggettivamente gonfiati in modo da poter iscrivere nella spesa interventi che però sono sostanzialmente scoperti o, nella migliore delle ipotesi, erogabili in forma rateizzata, cosa che sottrae efficacia a qualsiasi strategia di sviluppo”.
Se le premesse son amare, le conclusioni sono al fiele. “Qualsiasi presidente della Regione che giunga a governare senza aver compreso che oggi la sovranità che ci serve per lo sviluppo ha un unico grande avversario che è l’Italia – scandisce nel corso della chiacchierata al Caffè Svizzero di Cagliari, che nel sottosuolo ha conservato per oltre due secoli le spoglie di Sant’Agostino – non riuscirà a mettere a fuoco la strategia giusta per legare sovranità, fiscalità, lavoro e sviluppo”.
Tutto ruota intorno a quel maledetto/benedetto articolo 8, che condiziona il bilancio in ogni piega, rendendolo di fatto virtuale: ne blocca le entrate ma a maggior ragione le spese. Prendete il patto di stabilità. Quest’anno il bilancio di previsione – non ancora approvato – sarà di circa 8,2 miliardi, di cui la metà assorbito dalla spesa sanitaria ma il patto vincolerà una spesa non superiore nei pagamenti a 2,7 miliardi e negli impegni di spesa a 3,4. Ma anche in questo caso le cifre sono virtuali dal momento che l’articolo 8 – come ricorda il professor Valerio Onida nel suo parere – comportando nuove entrate ma anche nuove spese “non può non tener conto di esse nel calcolo del tetto annuale di spesa compatibile con il rispetto del patto di stabilità interno….Un atteggiamento pregiudizialmente negativo del Governo che rifiutasse di cercare un accordo per la determinazione di un livello di sp
esa che tenga adeguato conto di tale elemento contrasterebbe con il principio di leale collaborazione”. E così ora tutta l’isola guarda al 14 febbraio come una data importante: la Corte costituzionale, quel giorno, dovrebbe esprimersi sul ricorso della Regione contro i vincoli del patto. “Chiediamo che il patto sia adeguato – dichiara La Spisa – con una maggiore spesa di 400 milioni.”.
Una goccia nel mare del bilancio sardo ma almeno servirà per renderlo meno virtuale.
Il sardista Maninchedda ci ha visto giusto nel titolo del suo libro. Tutto ruota intorno alla lealtà – che per i sardi è una regola di vita – e che, secondo loro, viene continuamente violata innanzitutto dallo Stato centralista. Come è accaduto per i Fas, i fondi regionali cofinanziati dalla Ue per le aree sottosviluppate. Alla Sardegna, dichiara Maninchedda, dopo una serie di decurtazioni negli anni, sono stati ultimamente scippati dallo Stato 216 milioni per il periodo 2007-2013 e ora la dotazione è di 1,9 miliardi.
Una lealtà che permea ogni mossa, soprattutto quelle promesse e attese. Per questo, ad esempio, il 29 novembre 2011 il Governatore Ugo Cappellacci ha salutato con favore il decreto sull'imposizione degli oneri di servizio pubblico sulle rotte aeree per la Sardegna, firmato dal ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera. “Quello dato dal ministro – ha detto Capellacci – è un esempio di quella leale collaborazione istituzionale che rappresenta l’elemento fondamentale per dare risposte ai territori. Passo dopo passo andiamo avanti verso quel ponte aereo con la Penisola che dovrà garantire il diritto alla mobilità dei sardi e la creazione di un circuito positivo e virtuoso per il sistema produttivo e turistico dell’Isola, attraverso l’attrazione di nuovi flussi di passeggeri".
Il giorno stesso il Consiglio regionale ha dato il via libera alla leggina-stralcio alla manovra finanziaria che autorizzata per il triennio 2012/2014 la spesa annua di 57,5 milioni per garantire la nuova continuità territoriale aerea da e per la Sardegna. Soldi che dovrebbero rientrare dall’incremento di almeno 500mila turisti in più all’anno, che pagheranno il biglietto come gli isolani. “Soldi – nota il vicepresidente del consiglio regionale, Mario Bruno del Pd – prelevati dalla fiscalità regionale. Ma qualcuno spiega per favore a un contribuente di Orgosolo quale beneficio avrà dall’incremento del turismo in assenza di un piano serio si sviluppo e, dunque, perché deve contribuire a questa spesa?”
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