Ippodromi e fantini appesi a un filo: “pregano” scommettitori onesti e criminalità organizzata

A.S. Il distributore sta provvedendo al ritiro del mio libro: “Vicini di mafia – Storie di società ed economie criminali della porta accanto”, che è rimasto per un mese in edicola con il Sole-24 Ore al prezzo di 12,90 euro. Se non lo trovate più potete acquistarlo online su www.shopping24.ilsole24ore.com con lo sconto del 10% e senza spese di spedizione

Mai come ora l’ippica nazionale sta vivendo momenti delicati. Diversi ippodromi potrebbero chiudere presto, molti fantini corrono il rischio di perdere il posto di lavoro, migliaia di lavoratori onesti restano in bilico in un settore che occupa circa 40mila persone, migliaia di scommettitori si stanno disperando e un giro vorticoso di affari rischia, ancor più drammaticamente, di prendere strade pericolosissime lungo le quali la criminalità organizzata si è già incamminata da tempo.

Una conferma di quanto il mondo dell’ippica faccia gola alle mafie la troviamo dell’operazione “Il Principe e la (scheda) ballerina” della Dda di Napoli con la quale il 6 dicembre ha indagato 73 persone tra le quali imprenditori, funzionari, clan e politici del calibro dell’onorevole Nicola Cosentino per il quale è stato chiesto l’arresto, sospeso in virtù della qualifica parlamentare. Al centro della vicenda c’è il centro commerciale Il Principe, che avrebbe dovuto essere costruito proprio nella terra di Gomorra. Un centro commerciale che, secondo i pm. sarebbe poi servito per riciclare una parte delle immense fortune dei clan Russo, Schiavone e Bidognetti sia nella realizzazione delle opere necessarie per la costruzione del centro commerciale, sia nella acquisizione della totalità o di parte delle attività commerciali e dei servizi (ristorazione, parcheggi, pulizia eccetera).

Per capire quanto forte sia l’influenza della camorra nel mondo delle corse dei cavalli di più prendiamo le dichiarazioni di Francesco Della Corte che, dopo alterne vicende, era diventato il braccio destro di Nicola Schiavone, sia pure per un breve arco di tempo, nella primavera del 2009. Della Corte aveva partecipato a diverse componenti del clan casertano (gruppo Iavarone di Carinaro, gruppo Bidognetti, gruppo dei “malapelle”, gruppo Verde alleato ai casalesi). Dopo periodi nei quali, utilizzando la sua particolare versatilità criminale aveva operato anche in diverse ed ulteriori regioni italiane, era entrato nella famiglia Schiavone e, proprio in virtù del suo curriculum criminale era divenuto il braccio destro di Nicola Schiavone. Dopo aver partecipato al triplice omicidio Papa-Minutolo-Bonanno è stato arrestato proprio per tale vicenda. Colpito da ulteriore misura cautelare per un lontano omicidio commesso nel 1991 per ordine della famiglia Bidognetti (omicidio Maresca), Della Corte ha iniziato a collaborare con la giustizia.

Ecco cosa dichiara Della Corte il 10 dicembre 2010: “… sul conto di Corvino Antonio non ho informazioni che riguardano le sua attività politiche a Casal di Principe, ma posso dirle che è sicuramente persona di fiducia del clan non solo perché figlio del noto Gaetano ma per una specifica vicenda che io stesso ho vissuto direttamente. Mi riferisco al periodo nel quale, intorno al 2000, gestivo le attività di scommesse clandestine sia nell’ambito ippico che calcistico. Truccavo in sostanza, per quanto riguarda le corse dei cavalli, l’esito delle competizioni corrompendo i fantini che solo in casi estremi venivano malmenati se non volevano adeguarsi. Questa attività la svolgevo per conto del clan dei casalesi. L’accordo l’avevo preso con Caterino Giuseppe detto peppinotto. In pratica lui mi garantiva la copertura del clan ed io davo il 50% al clan ed il 50% me lo tenevo io. Tenga presente che io avevo le mie spese per corrompere i fantini. Potrei indicarle i fantini corrotti se mi venisse sottoposto un elenco di nominativi o anche delle fotografie. Ad un certo punto, però, mi ricordo stavo a Marrakesh, in quanto trafficavo con delle auto rubate e/o clonate che io cedevo ai locali, e venni raggiunto da una telefonata…omissis…Il Cantile mi disse che i due predetti gli avevano portata una imbasciata di peppinotto nella quale peppinotto rappresentava che l’accordo con me doveva cambiarsi: tutti i proventi delle scommesse dovevano essere consegnati a lui e poi lui avrebbe pensato a retribuirmi. Ciò sia per le scommesse sul calcio sia per le puntate agli ippodromi. Io operavo sia sull’ippodromo di Aversa, sia sull’ippodromo Garigliano di San Cosmo e Damiano e sia su quello di Napoli. Era un modo per farmi fuori perché era chiaro che non potevo accettare una simile offerta, fatto è che capii l’antifona e quindi disse che preferivo non fare più nulla. Di seguito, sia frequentando gli ippodromi ed in particolare quella di Aversa sia perchè mi fu detto da Cantile e da altri fra cui Attilio Pellegrino e Pasquale Pagano seppi e mi accorsi che il mio posto , per quanto riguarda tutti gli ippodromi che ho prima indicato, era stato preso da Corvino Antonio in quanto nominato da Caterino Giuseppe, responsabile per il clan delle scommesse ippiche. Il Corvino gestiva senza scrupoli tale attività tanto che una volta fece picchiare o picchiò lui direttamente, un fantino o un proprietario di cavalli, presso l’ippodromo del Garigliano in quanto costui  non voleva assecondarlo nella richiesta di ritirarsi da una gara. Ora che ricordo bene il pestaggio fu fatto da Vincenzo Schiavone detto copertone ed un certo Cristoforo detto testone”.

L’ALTRA TESTIMONIANZA

Non so se avete letto bene: costui era anche disposto a riferire nomi e cognomi dei fantini corrotti. Non so se lo abbia fatto e, di conseguenza, non so se la magistratura abbia indagato. Suppongo di sì.

La circostanza che Corvino si occupasse di scommesse ippiche e fosse vicino alla famiglia Schiavone, veniva confermata il 30 gennaio 2009 dal collaboratore di giustizia Giuseppe Di Caterino, casalese, appartenente alla famiglia dei Bidognetti, attivo fra gli inizi del 2001 e il 2007/2008.

Ecco la sua testimonianza: “…omissis…riconosco nella foto 17 una persona che ebbi modo di incontrare nel giugno o luglio 2006 nell’agenzia di scommesse ippiche del figlio di Gaetano Corvino che riconosco nella foto 18. Costui di cui adesso mi sfugge il nome, intervenne in favore di questa persona ritratta nella foto 17, che aveva un debito di 20mila euro, se ben ricordo, con qualcuno legato al clan Bidognetti. Era intervenuto quindi Cirillo Alessandro per effettuare il recupero di questa somma, dovuta se non sbaglio a debiti di gioco. In questo momento non ricordo il nome di questa persona, ma sono sicuro che si tratti di soggetto legato ai Corvino e quindi agli Schiavone. L’Ufficio dà atto che la foto 17 ritrae Marco Reccia. Ascoltato il nome, sono sicuro che si tratta proprio di lui. L’Ufficio dà atto che la foto 18 effigia Corvino Gaeta
no
. Per quanto ne so è una persona molto vicina agli Schiavone ed a casa sua ci fu il famoso blitz di Santa Lucia….omissis..”. 

Un ulteriore conferma sul ruolo di ‘biscazziere’ del clan ricoperto da Corvino – oltre che più in generale sul ruolo di uomo di supporto del clan, disponibile ad ogni richiesta degli uomini sodalizio – secondo la Procura provenivano da Raffaele Piccolo che connetteva la funzione in questione proprio con gli interessi economici della famiglia Schiavone di cui Corvino, nelle bische, prima che nel consiglio comunale, era mero portavoce ed esecutore d’ordini.

Raffaele Piccolo il 16 dicembre 2010, riferiva: “quando sono uscito dal carcere nel 2002 appresi che Antonio Corvino faceva l’allibratore clandestino sull’ ippodromo di Aversa e anche su altri ippodromi. Inoltre, più o meno in quel periodo, gestiva una agenzia di scommesse ippiche non so se illegale o legale. Questa agenzia si trovava dopo il bar delle sirene andando verso Villa Literno. Preciso che l’attivata di allibratore la faceva su incarico dei Casalesi che all’epoca se non ricordo male erano rappresentati a livello di vertice da Caterino Giuseppe detto peppinotto, Caterino Mario detto a botta, Martinelli Enrico e Nicola Panaro.

Questa specifica circostanza mi è stata riferita da Vincenzo Schiavone detto copertone, e le dirò di più io stesso ho visto Corvino Antonio e Vincenzo “copertone” fare i conti di queste scommesse in quanto i proventi dovevano essere portati a Nicola Panaro. Preciso che questi conti li facevano o nella sala scommessa di cui sopra o nel bar America. I conti riguardavano sia le scommesse dell’ ippodromo sia quella raccolte nell’agenzia dove erano istallati anche dei monitor sui quali poteva seguirsi lo svolgimento delle corse…omissis”.

Sarà dura per l’ippica italiana sopravvivere e temo che questo aprirà ancora di più le porte agli ippodromi abusivi e alle corse clandestine. Le mafie non rinunciano infatti tanto facilmente ad un vorticoso giro d’affari.

r.galullo@ilsole24ore.com