Il riciclaggio dei clan della camorra da Monza a Bergamo e quei capitali nelle banche svizzere

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Milano sta perdendo 30mila euro al mese”: questa è una parte del dialogo telefonico tra due persone entrate nell’indagine della Direzione distrettuale distrettuale antimafia di Napoli con la quale –due settimane fa – sono stati messi in luce i canali di riciclaggio della camorra nelle attività di ristorazione del centro di Napoli, fino alle zone del lungomare di via Caracciolo e nel quartiere Chiaia.

Una parte non secondaria di quelle attività, secondo la Procura di Napoli, è il frutto del reimpiego di capitali illeciti riferibili a Salvatore Lo Russo, al vertice dell’omonimo sodalizio camorristico di Miano e oggi collaboratore di giustizia e alla famiglia Potenza, in particolare a Mario Potenza (o’ chiacchierone) e Bruno Potenza i quali, esponenti storici fino alla fine degli anni Novanta del contrabbando di sigarette, oggi sono stabilmente dediti all’usura, dal cui ambito investono i proventi accumulati nel tempo.

In questa attività di riciclaggio il ruolo principale è rivestito – sempre secondo la Procura di Napoli – dai fratelli Marco, Carmine e Massimiliano Iorio, intestatari delle quote societarie e che hanno come soci di fatto i Potenza e Salvatore Lo Russo.

Nel prosieguo delle attività investigative gli inquirenti hanno avuto conferma che tutti i ristoranti sequestrati sono totalmente riferibili alla famiglia Iorio, quale che sia la titolarità formale delle quote societarie. Analogo discorso per quanto riguarda i ristoranti e il bar riferibili alla famiglia Potenza.

La Direzione investigativa antimafia di Napoli ha complessivamente sequestrato preventivamente beni immobili e conti correnti per un valore stimabile in circa 100 milioni.

La parte più interessante, però, è proprio quella che fa riferimento agli investimenti al Nord delle famiglie coinvolte in questa inchiesta che parte da lontano. Il 30 giugno di quest’anno, infatti, la Dda e la Dia avevano già completato e reso note una parte delle indagini.

Quella frase che riportavo in cima all’articolo fa riferimento al fatto che un locale storico della movida milanese perdesse anziché far guadagnare le famiglie napoletane. Motivo per il quale, tra le altre cose, poche settimane dopo quella telefonata, si scoprirà che le quote verranno vendute ad un altro gruppo che nulla ha a che vedere con la criminalità organizzata.

Nelle telefonate intercettate, però, il riferimento all’apertura di locali al Nord è continuo. Si parla, a esempio, di un ristorante da aprire a Bergamo, si parla di investimenti fatti o da fare a Monza e si parla anche dei meccanismi attraverso i quali si riesce a frodare lo Stato e nascondere capitali. La meta preferita per l’esportazione dei soldi è la Svizzera.

r.galullo@ilsole24ore.com