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Su questo blog il 24 agosto 2010 – oltre un anno fa – mi chiedevo se non fosse il caso che il Viminale spedisse in tutta fretta una commissione di accesso agli atti del Comune di Reggio Calabria dopo che la cosiddetta indagine Meta, in una calda giornata di metà giugno, portò alla luce la trama di potere criminale della città di Reggio, scientificamente (e ripeto: scientificamente) suddivisa tra le varie famiglie: Libri di qua, Condello e Imerti di là e via di questo passo, con una (pre)dominanza dell’onnipotente famiglia De Stefano che, da sempre, vanta amicizie radicatissime anche nella politica cittadina. Diciamo che De Stefano sta alla politica reggina come il dio pagano Francesco Totti sta al gioco del calcio. Una simbiosi che talvolta diventa perfezione assoluta.
I primi – credevo e credo ancora – ad avere interesse, sarebbero e sono gli stessi amministratori: quale miglior modo di garantire trasparenza e allontanare critiche, anche minime, anche velate, anche solo sospettate, alla azione amministrativa?
Ovviamente non vuol dire che tutta la politica reggina e calabrese sia corrotta. Vuol dire che ci sono dei canali attraverso i quali penetra.
Vedete, cari amici di blog, la trasparenza amministrativa non ha (non dovrebbe avere) colore politico. E’ interesse (dovrebbe essere interesse) della rappresentanza politica – tutta – chiedere anche ad una terna prefettizia che si guardi dentro le carte di un’amministrazione che viene, quantomeno, messa in discussione.
Ovviamente quella richiesta (mia) non ebbe seguito. Nè poteva averlo. Al Viminale sedeva il ministro Roberto Maroni che non sciolse il Comune di Fondi (per inciso feudo del Pdl), figuriamoci se avrebbe voluto guardare dentro quello di Reggio Calabria (per inciso cassaforte di voti per lo stesso Pdl). Sarà un sospetto e magari mi sbaglio. Spero di sbagliarmi.
Ma non poteva avere seguito anche perché l’opposizione locale – targata Pd – ha la stessa forza che può avere un criceto sulla ruota: spinge, spinge e spinge ma le sue energie girano a vuoto. Servono solo per creare movimento e tenersi in forma. Troppo consociativismo, troppi interessi in Comune e in comune, troppi voti di scambio con le cosche non solo a destra ma anche a sinistra.
L’opposizione parlamentare avrebbe potuto muoversi? Peggio mi sento visto che ormai nella catena (sempre nuova e rinnovabile) della scalata al potere (dalle amministrative alle elezioni in Parlamento) si fa strada solo se si tace ai capataz di turno. Ergo: conta più un consigliere comunale che un deputato eletto.
Leggo – in queste ore sul sito www.corrieredellacalabria.it – che il Viminale avrebbe (ripeto: avrebbe) chiesto una relazione al prefetto di Reggio Calabria, Luigi Varratta, per verificare la possibilità di spedire ispettori ministeriali a Reggio Calabria.
Alcune riflessioni si impongono. A partire da quella che le parti si sarebbero dovute invertire: da tempo, infatti, avrebbe dovuto essere, a mio giudizio, il prefetto di Reggio Calabria a chiedere al Viminale un accesso agli atti e, sulla scorta della relazione ministeriale, proseguire con l’eventuale scioglimento del consiglio comunale. Un compito nè nostro nè del prefetto. Ripeto: solo del Governo a seguito di un'indagine approfondita all'interno degli atti amministrativi.
L’inchiesta Meta – condotta dal pm a rischio morte Giuseppe Lombardo – ha poi portato a una naturale gemmazione della quale le dichiarazioni del pentito Roberto Moio (si vedano in archivio i post del 2, 3, 4 e 7 novembre) sono uno dei frutti. Il pentito ha infatti detto che alcune società partecipate del Comune hanno referenti nelle cosche (o anche viceversa, chissà). Verità di parte che, ovviamente, devono avere e trovare severi riscontri.
L’indagine Astrea, di 3 giorni fa, ha portato poi alla luce il fatto che il Comune di Reggio Calabria era (sarebbe) socio di maggioranza in una società (Multiservizi) in cui De Stefano (attraverso la famiglia federata dei Tegano) era entrato mani e piedi.
Tutti frutti della operazione Meta che qualcuno ha cercato in ogni modo di ostacolare ma la sensazione è che i rivoli ormai siano tanti e tali che contenerne gli effetti sarà difficilissimo. Tutti frutti che attendono, ripeto, un severo riscontro della magistratura.
Nel frattempo – fra un’operazione della magistratura e un’altra e mentre l’ex sindaco di Reggio Calabria e attuale Governatore Beppe Scopelliti magnificava sotto la stele del ghandiano Ciccio Franco le mirabilie del suo modello – prima gli ispettori ministeriali e poi quelli della stessa Procura certificavano buchi per 170 milioni, arricchimenti e consulenze come se piovesse (tutto da provare ma le prime indicazioni queste sono). Sempre nel frattempo suicidi (?) di dirigenti e morti incredibili, come l’omicidio di un parrucchiere, il 7 gennaio, conosciuto anche dalla dirigente suicida (?) Orsola Fallara. Se tanto mi dà tanto non sarà né il primo né l’ultimo morto della misteriosa catena. E a voler trovare dei nemici nella libera stampa (ripeto: quella libera e indipendente nel giudizio), va a finire che il morto ci scappa.
Sempre nel frattempo e sempre a Reggio e provincia, politici indagati, politici chiacchierati, politici “nominati” da informative della Questura, politici arrestati e politici sull’orlo di una crisi di nervi.
Ora anche un cieco può vedere, anche un muto è in grado di far capire e anche un sordo è in grado di ascoltare, lo stesso spartito che da anni si suona e si rappresenta sul complessivo palcoscenico reggino (ripeto, complessivo palcoscenico reggino e non come qualcuno vuole, in maniera volutamente distorta intendere, sul palcoscenico amministrativo-politico): a comandare gli affari sporchi è la cosca De Stefano, accompagnata dai Condello e con la sacra benedizione dei Libri, tenutari delle regole di 'ndrangheta.
Sono loro che all’interno della vita reggina (quella sporca intendo) scandiscono e dettano regole e – soprattutto – fanno investimenti sui futuri leader politici e no. A loro e alle cricche che li circondano (sempre gli stessi) chiedono in cambio di voti o di sostegno, accesso indiretto alle leve del potere economico: risorse Ue, appalti, assunzioni, forniture di beni e servizi, mani sulla sanità, fondi del decreto Reggio (finora circa 200 milioni non spesi) e partecipate. In attesa della manna sulla quale è stata giù raggiunta una pax mafiosa di massima: il (famigerato) P
onte sullo Stretto. Il rischio (la certezza spetta solo alle indagini della magistratura e ai conseguenti ed eventuali gradi di giudizio) è quello, dunque: che mettano le loro mani ovunque, a dispetto e beffa della politica onesta.
Bene, in tutto questo suona tardivo anche il richiamo della politica. Poche ore fa il partito della Rifondazione comunista reggino (che ha espresso note di solidarietà a chi scrive, ai colleghi Guido Ruotolo e Enrico Fierro dopo i graziosi “complimenti” rivoltici scientificamente e scientemente da Ciccio-Peppe “boia chi molla” e per questo li ringrazio) ha chiesto lo scioglimento del consiglio comunale di Reggio e delle partecipate. Visto che non faccio sconti a nessuno – anche a chi mi esprime solidarietà e forse non me la esprimerà più dopo questa riflessione – mi domando: ma dove cavolo viveva Rifondazione comunista il giorno dopo, a esempio, l’operazione Meta? Sbaglio inoltre o era di Rifondazione comunista prima di approdare recentemente al Pd il consigliere regionale Nino De Gaetano che viene citato dallo stesso pentito Moio in varie occasioni? Va dato atto che De Gaetano non è assolutamente indagato (come non lo sono gli altri politici chiamati in causa da Moio) ma vivaddio almeno un accenno alla vicenda, anche solo per dialogare e dibattere, no?
Ora è mortificante vedere che un ex prefetto (il neo ministro Anna Maria Cancellieri) metta alla strette un altro prefetto (Luigi Varratta) per tentare di mettere mano – quando ormai la situazione è incancrenita – alla complessiva fogna a cielo aperto della città e della provincia di Reggio Calabria. Sempre che risulti confermata la volontà del Viminale di chiedere al prefetto Varratta una relazione approfondita.
Questo tentativo di fare piena luce avrà più possibilità di fallire che di riuscire e comunque sarà duro portarlo avanti, perché i De Stefano (e con loro la triade del potere Tegano, Condello e Libri) non possono rinunciare agli investimenti fatti in questi anni: né a quelli economici né, soprattutto, a quelli politici e nella classe dirigente della Calabria e non solo di Reggio. Al chiuso, magari, di una loggia coperta e con la complicità di servizi segreti deviati e con la compiacenza di apparati indegni di servire lo Stato.
r.galullo@ilsole24ore.com