L’economista Marco Vitale, presente al seminario di Libera sulla penetrazione della mafie al Nord che ho seguito per il Sole-24 Ore e di cui da alcuni giorni sto scrivendo anche su questo blog (si vedano pezzi in archivio 11,12 e 13 ottobre), ha scioccato la platea parlando di “anticorpi debolissimi a Milano dove, appena pochi giorni fa, il comandante provinciale dei Carabinieri Sergio Pascali ha attaccato con crudezza il sindaco Giuliano Pisapia che ha lanciato un allarme finalmente concreto sulla pervasività delle mafie nella società e nell’economia milanese. Il colonnello Pascali ha detto che nel 2010 ci sono state appena 238 denunce ma fortuna che il magistrato Ilda Boccassini ricorda che le denunce a Milano e in Lombardia sono poche per paura e omertà”.
Vitale – una vera e propria furia della natura quanto a capacità di analisi e competenza – ha elencato anche una lunga serie di “milanesi eccellenti”, per nascita, adozione o ruolo, che nel tempo hanno ridimensionato il fenomeno della mafia in Lombardia. Il primo, nel racconto di Vitale, fu l’allora sindaco Paolo Pillitteri che nel 1989 disse che “a Milano non esistono infiltrazioni mafiose”. Fu poi il turno del procuratore generale di Milano, Giulio Catelani, che nel 1991 ricordo come “nel distretto di Milano ci sono poche sentenze passate in giudicato per fatti di mafia”. L’attuale prefetto di Milano, Gianvalerio Lombardi che però ha sempre detto di essere stato frainteso, nel 2009 dirà che “la mafia qui non esiste”. E infine l’ex sindaco Letizia Moratti, nel 2010 dirà che “da noi certe cose non si fanno”.
Poco dopo toccherà a Alberto Nobili, procuratore aggiunto a Milano da 31 anni, ricordare che “Milano paga e pagherà un prezzo altissimo che deriva dall’indifferenza e dai vari depistaggi culturali e politici. Ricordo sempre che nel 1977, in appena un anno, furono sequestrate 33 persone tra Milano e l’hinterland. Questo non poteva accadere se già all’epoca non ci fosse stata una macchina organizzativa”.
Non poteva mancare la sferzata di Vitale alla magistratura partendo da un’evidenza: la corruzione è l’altra faccia delle mafia. “Mi sono trovato – ha ricordato l’economista – a parlare con dei magistrati di questioni legate alla criminalità organizzata e mi sono sentito rispondere che loro non si occupavano di corruzione. Ma la corruzione è uno degli scudi più importanti dietro i quali si celano le mafie. Dove c’è clientelismo c’è corruzione e dove c’è corruzione c’è mafia. Questa consapevolezza è spesso assente”.
L’appello finale di Vitale è stato alle associazioni industriali “che devono prendere provvedimenti seri non solo nei confronti di chi è colluso ma anche verso chi fa impresa attraverso la corruzione perché non fa impresa ma imbroglia. L’invito è soprattutto rivolto alle associazioni del nord che meglio conosco, Assolombarda, l’Unione industriali di Torino e Confindustria Piemonte. Sono presiedute da persone perbene, oneste, capaci, che non possono non schierarsi con forza su questi temi. Il pericolo è talmente alto e la penetrazione è talmente diffusa che gli imprenditori non possono chiamarsi fuori. Li invito a prendere provvedimenti seri e ricordo quanto mi ha raccontato alcuni giorni fa un altro dirigente delle cooperative: la loro associazione sta andando verso l’espulsione di coloro i quali sono stati condannati in primo grado. Le imprese, quelle vere, non hanno nulla a che vedere con i vari Tarantini”.
4- the end (le precedenti puntate sono state pubblicate l’11, 12 e13 ottobre)
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