Omicidio Fortugno/1 La Commissione antimafia riapre il caso: vuole sentire l’ex capo della Squadra mobile di Reggio

Sei anni fa – il 16 ottobre 2005 – fu assassinato in un seggio di Locri Francesco Fortugno, vicepresidente del consiglio regionale calabrese.

Ormai è storia. Così come storia recente è il fatto che, anche in appello, siano stati condannati all’ergastolo Alessandro Marcianò e suo figlio Giuseppe come mandanti e Salvatore Ritorto e Domenico Audino come esecutori materiali.

Storia è anche il fatto che la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria abbia da qualche mese aperto un nuovo spiraglio di indagini a seguito di un’informativa della Squadra mobile di Reggio Calabria che tira in ballo un fatto specifico. Nel 2005 gli investigatori intercettano a Prato, in via Guasti 55, dove sconta i domiciliari, Mico Libri, capo indiscusso dell’omonima cosca. Il 13 ottobre – cioè tre giorni prima dell’omicidio – due fedelissimi di Don Mico parlano con il fratello di quest’ultimo, Pasquale. E vengono intercettati. Cosa dicono i due a Pasquale? Che il 16 ottobre alle 10 si incontreranno con esponenti delle ‘ndrine federate De Stefano-Tegano. Certamente un incontro al vertice: De Stefano-Libri, come a dire chi comanda in provincia di Reggio e chi custodisce le tavole delle leggi di mafia calabrese. Uno di quegli eventi che non avvengono per parlare di calcio ma di morti o di affari. Che poi in Calabria sono spesso la stessa cosa.

Il 13 ottobre alle 21.52.48 due fedelissimi (Salvatore Tuscano e Antonino Sinicropi) dicono testualmente a Don Mico: “…da lunedì in poi ridiamo…”. Lunedì 17 ottobre, dunque, il giorno dopo l’omicidio.

Lo stupore di Don Mico – annota la Squadra mobile di Reggio Calabria – affiorava al punto che, all’oscuro di quanto sarebbe avvenuto dopo qualche giorno, chiedeva spiegazioni…La risposta evidenziava come in un luogo non meglio indicato, verosimilmente riferendosi al comprensorio della Locride, ci si comportasse al di fuori delle regole di ‘ndrangheta…”.

La squadra mobile – che a dicembre 2005 spedisce l’informativa all’allora sostituto procuratore Roberta Nunnari, ora a Milano – è sicura: “appare fondatamente ipotizzabile – scrive il dirigente Arenache i colloquianti stessero discutendo, seppur implicitamente, dell’imminente omicidio del vicepresidente del consiglio regionale della Calabria Fortugno Francesco e delle conseguenze che avrebbe determinato anche in seno agli assetti e agli equilibri delle ‘ndrine operanti nella provincia”.

Di questo ho abbondantemente parlato in due post esclusivi (l’informativa fu mandata anonimamente a me e al collega Enrico Fierro del Fatto Quotidiano)che troverete in archivio il 14 e 15 maggio 2011 e dunque lì rimando per i dettagli.

Sulla base di questa informativa la Commissione parlamentare antimafia ha deciso di interessarsi di quell’omicidio eccellente.

LA COMMISSIONE ANTIMAFIA

La Commissione parlamentare antimafia  ha deciso di andare a fondo sull’omicidio di Francesco Fortugno, dopo che quell’informativa è poi sparita dai radar. “Non si capisce perché questo importantissimo documento – mi ha spiegato, nel pezzo che ho scritto oggi sul Sole-24 Ore Luigi Li Gotti che con l’ex superprefetto di Reggio Calabria e ora vicino di banco in Commissione parlamentare antimafia Luigi De Sena sta seguendo il caso – non sia stato acquisito agli atti del processo Fortugno ma compaia invece quasi clandestinamente in un altro processo per ‘ndrangheta”.

Il presidente della Commissione, Beppe Pisanu, prima dell’estate, ha chiesto alla Procura di Reggio Calabria di avere un rapporto su quell’informativa e una nuova perizia su quella intercettazione. Nonostante il recente sollecito ancora nessuna risposta da Reggio ma, informalmente, la Commissione antimafia ha saputo che la Procura riterrebbe quell’informativa di scarso rilievo. La circostanza è confermata tanto da Li Gotti quanto da De Sena ed è quest’ultimo ad alzare il muro. “Le voci di corridoio non servono a nulla – mi ha dichiara ieri De Sena sempre nel pezzo che ho scritto per il Sole-24 Orevogliamo una risposta scritta e comunque nel prossimo ufficio di presidenza chiederemo l’audizione dell’ex capo della Squadra mobile Arena ed eventualmente dei magistrati che hanno seguito le indagini”.

Alla Commissione parlamentare sta a cuore che l’informativa non venga messa all’angolo per un semplice motivo: l’omicidio di Fortugno non può essere stato privo di mandanti eccellenti. Un terzo livello al quale fa esplicitamente riferimento Li Gotti: “Non esiste che quattro gatti senza padrone progettino un omicidio di questo calibro per le ricadute che ha avuto per gli equilibri politici, interni alle cosche, nei confronti delle Forze dell’ordine, della magistratura e dell’opinione pubblica”. De Sena, compagno di strada incalza: “Sui livelli superiori l’indagine non si è conclusa ed è auspicabile che vada avanti”.

Proprio per questo la Commissione antimafia – informativa o meno – ha deciso di riaccendere i riflettori su quel delitto che le due sentenze riconducono a “Marcianò Alessandro e al di lui figlio Giuseppe per recuperare il credito che costoro avevano perso nell’ambito dell’entourage di Crea Domenico e/o per assicurarsi quei vantaggi economici, tanto attesi, che non avrebbero più ottenuto una volta che il Crea non era stato eletto”.

A domanin con una nuova puntata sul caso Fortugno.

1. to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com

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