Cari amici di blog da alcuni giorni sono tornato a parlare della vicenda Lo Giudice, a seguito di alcune risposte che il pentito Antonio Di Dieco ha dato, attraverso il suo avvocato Claudia Conidi, ad alcune mie domande (si veda il post del 7 agosto).
Di Dieco, a conclusione del dialogo per interposta persona, ha voluto lasciarmi delle dichiarazioni spontanee (lasciatemi fare dell’ironia per sdrammatizzare la serietà delle cose che dice, ovviamente tutte da verificare e non certo da me).
Ecco le sue riflessioni testuali che vanno lette anche alla luce di quanto ho scritto ieri in merito alle presunte e indebite pressioni ricevute dal capitano dei Carabinieri Saverio Spadaro Tracuzzi nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, a opera del capo della Squadra mobile di Reggio Calabria, Renato Cortese e del comandante dei Ros della stessa città, Stefano Russo. Pressioni, riconducibili al capo della Procura, Giuseppe Pignatone, che miravano (avrebbero mirato secondo lui) a far aggravare la posizione dei pm Alberto Cisterna e Francesco Mollace nell’affaire Lo Giudice.
LE DICHIARAZIONI
“Le “cantate” del collaboratore di giustizia Lo Giudice Nino fuori dai 180 giorni (che per legge spettano ai pentiti, ndr) rispettano la cadenza temporale e cronologica della regolarità del complotto (contro i pm antimafia Alberto Cisterna e Francesco Mollace, ndr) poiché ancorando temporalmente un determinato periodo, metà ottobre 2010, il Lo Giudice Nino non aveva ancora tutte quelle notizie utili per attuare il complotto nazionale, poiché pur avendo una cultura e una conoscenza sotto la media normale, lo stesso ben conosce che doveva e dovrà dare riscontri intrinsechi ed estrinsechi alle sue chiamate, presunte, in correo”.
Di Dieco aggiunge poi, attraverso l’ufficialità del suo avvocato, altri commenti. “L’assenza totale nel dna del Lo Giudice di quella aretè, scomodando Socrate (la virtù come scienza e predisposizione al bene, ndr), che mai e poi mai avrebbe potuto ricoprire “cariche” e “doti” di cui lo stesso si vanta. Ancor più per la macchia d’onore grave di aver avuto all’interno del proprio nucleo familiare un collaboratore di giustizia, il fratello Maurizio, sin dal 2000, che per “regole di ‘ndrangheta” ne hanno relegato la medesima famiglia a ruoli secondari, sic!.
Il “nano-Nino” è stato fulminato sulla via di Reggio e ha deciso di cantare.
Ha visto la luce Suprema (che assicurava a lui e ai suoi di non tirare le cuoia dopo aver forse condotto Sismi, Cisterna e Mollace alla cattura di Pasquale Condello) e ha deciso, abbondantemente dopo i 180 previsti per legge durante i quali era stato, per stessa ammissione dei magistrati, reticente, contraddittorio e scaltro, di raccontare la “Verità”. Una Verità di ‘ndrangheta che confonde e consente alle cosche di continuare a fare il proprio comodo nella regione. Tutti concentrati sulla “tragediata” e sull’ala militare mentre l’ala borghese vola con i propri affari.
Vi siete mai chiesti, ad esempio, di quanti omicidi di mafia negli ultimi quattro anni siano stati individuati e presi assassini e mandanti? E vi siete mai chiesti in quale inchiesta siano mai i politici sporchi e corrotti che governano borghi e sospiri di questa maledetta regione?
Vi siete mai chiesti come mai i filoni di indagine sui politici, intrapresi da magistrati con le palle come Giuseppe Lombardo, siano abortiti sul nascere? E vi siete mai chiesti perché intercettazioni ambientali intraprese dopo anni di sacrifici, siano state “magicamente” interrotte proprio quando potevano portare all’altare della politica?
Se tutto questo non fosse drammaticamente ridicolo – come scrivo da mesi e mesi e molto, ma molto prima dei recenti e incredibili episodi – ci sarebbe persino da scritturare il “nano-Nino” e i suoi registi occulti, veri uomini della mafia borghese, colta e istruita, per un film hollywoodiano.
Ma torniamo alle considerazioni di Di Dieco, ritenuto testimone credibile in molti processi (non certo da me ma da pm e giudici).“Evidenziandovi che il lecito invito a collaborare con le autorità giudiziarie, a Maurizio Lo Giudice, fu effettuato proprio dai magistrati Mollace, Cisterna e altri, verso i quali Nino Lo Giudice non ha dimenticato, come da usanza calabrese ahime!
Quando nel 2000/2001 si tenevano nelle campagne di Rosarno le riunioni per spartire territorialmente le estorsioni della Salerno-Reggio Calabria, da Reggio città venivano esponenti delle famiglie Tegano, Latella, Labate, Rosmini. Sui “Lo Giudice” già pendeva la macchia d’onore descritta e quindi…
Certamente il Lo Giudice è ispirato da altri con malignità ‘ndranghetistica e quindi “agere sequitur esse” (è il principio dell’etica tomista; per Tommaso D’Aquino all’essere consegue sempre un consono dover essere ndr). Metterà in atto, se non sarà fermato, quel complotto nazionale. E’ solo la punta di un iceberg rispetto a quanto il presunto capo cosca abbia intenzione di fare ed esplicitare per come ho avuto conferma diretta”.
Per il momento mi fermo qui ma, statene certi, non mancheranno presto novità.
2 – the end (la precedente puntata è stata pubblicata il 7 agosto ma non vi perdete quella di ieri con le accuse di Saverio Spadaro Tracuzzi a Reggio Calabria)
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