Cave e mafie/2 A Caserta il primato dei clan, Salento fuorilegge e Trapani in mano alle cosche

Qualche genio in servizio permanente effettivo ha proposto di usare le cave abbandonate in Campania (in percentuale, su 10, almeno 9,9 in mano alla camorra) per mettere i rifiuti di Napoli. Così, tanto per dire qualcosa. Senza ovviamente bonifiche, che costano e che comunque poi, gira che ti rigira, sono un affare appetibile dagli stessi clan.

In Campania le cave attive sono 376 e quelle dismesse almeno 1.336. Tra le zone più colpite, il primato spetta alla provincia di Caserta. Basta guardare le montagne intorno alla piana per riconoscere grandi tagli nelle montagne ed è sufficiente una foto aerea per capire la dimensione di questa attività e soprattutto un dato più di altri rende chiara l’idea di ciò che è realmente l’estrazione da cava: dei 104 Comuni della provincia sono addirittura 75 quelli in cui ricade almeno un sito di cava nel proprio territorio. Sono oltre 300 le cave abbandonate e dove non è mai stato effettuato un intervento per il ripristino dell’habitat naturale, e che rappresentano quindi uno sfregio al paesaggio.

Non si può evitare di parlare dell’influenza e del controllo esercitato dalle attività illegali esercitate dai clan camorristici, che proprio delle attività estrattive fanno il punto di partenza per i loro traffici legati al ciclo del cemento ed a quello dei rifiuti. La vicinanza di insediamenti diffusi e nuclei abitati aggrava la condizione di chi lì abita e che deve convivere con cave e cementifici che continuano ad estrarre materiale molto spesso andando molto oltre le quantità concesse.

I GUASTI IN PUGLIA

Anche in Puglia non mancano casi di illegalità legati alle attività estrattive, compresi i casi in cui le cave diventano luoghi ideali, per le ecomafie, nei quali conferire rifiuti di ogni genere. Le attività estrattive nell’intera Regione contano su 339 siti attivi e vedono 550 cave dismesse e/o abbandonate.

A Grottaglie (Taranto), in località “Amici”, in un’area compresa nel Parco naturale regionale “Terre delle Gravine”, i Carabinieri del Nucleo operativo ecologico (Noe) di Lecce, hanno recentemente sottoposto a sequestro preventivo d’urgenza un’area di 70mila metri quadrati, nella quale si stava effettuando abusivamente attività estrattiva di blocchi di tufo nonostante fosse già stata intimata la sospensione dei lavori da parte del servizio attività estrattive della Regione Puglia che aveva accertato la scadenza della prevista autorizzazione sin dal 2007.

Le ipotesi di reato contestate dal Noe di Lecce si concretizzano nell’inottemperanza all’ordinanza di sospensione dell’attività estrattiva, nell’aver effettuato trasformazioni permanenti del suolo non autorizzate, nell’aver consentito il conferimento di rifiuti speciali costituiti da terre e rocce da scavo, per 1.000 metri cubi, all’interno della cava in assenza di autorizzazioni.

Anche a San Nicardo, in provincia di Foggia, i Carabinieri nel 2011 hanno sequestrato una cava, diventata discarica abusiva. Dalle indagini è emerso in questo caso che una cava in disuso, in località “Toppa Renari”, estesa su ben 10mila metri quadrati, di proprietà del Comune di San Nicandro, è stata utilizzata illecitamente quale discarica a cielo aperto per il deposito di materiale di risulta e di rifiuti speciali pericolosi, tra cui coperture in eternit.

Un’altra zona devastata dal fenomeno cave è quella salentina, in particolare nei territori comunali di Cutrofiano e Melpignano (Lecce). In questi Comuni si contano rispettivamente 5 e 4 cave attive, in un’area che precedentemente vedeva la presenza di centinaia di alberi (tra cui ulivi secolari), causando danni sensibili alla fauna ed all’economia rurale a vocazione agro-forestale di queste zone. Oltretutto si tratta di zone che presentano una importante rete di vene freatiche che alimentano tutto il sistema idrico delle falde di superficie tipico di questi territori, messa in serio pericolo dall’enorme estensione delle attività estrattive; si tratta infatti di cave che hanno una superficie media molto elevata e pari ad oltre 10 ettari.

 

LE ATTIVITA’ IN SICILIA

 

La Regione a cui spetta il triste primato di avere più cave attive nel proprio territorio è la Sicilia, con 557 siti, e 681 tra dismesse ed abbandonate.

Tra le zone più colpite della regione per la presenza di centinaia di cave, in particolare di calcare e marmi, spicca la Provincia di Trapani. Qui la concentrazione delle attività mafiose viene evidenziata dai numerosi sequestri di cave aperte abusivamente, come nel caso di un'area in contrada ''Mafi'' nel Comune di Valderice. Il sito in questione si estende su un’area di 45mila metri quadrati che in precedenza aveva visto presentato un progetto presentato e le relative autorizzazioni, per un’ attività di bonifica dell'area, mentre in realtà veniva esercitata una vera e propria attività estrattiva in dispregio di tutte le norme esistenti in materia di tutela ambientale.

Non perdetevi la puntata di domani, in cui scoprirete l’incredibile numero di cave dismesse in mano a chi? Ma quasi sempre alle mafie, ovvio!

Oggi termino così: “Tra i primati alla rovescia di cui possiamo vantarci c’è anche quello di essere i maggiori produttori-consumatori di cemento nel mondo, due-tre volte gli Stati Uniti, il Giappone, l’Unione Sovietica: 800 chili per ogni italiano” (Antonio Cederna, “Brandelli d’Italia, Rubbettino Editore, novembre 2010)

2 – to be continued (la precedente puntata è stata pubblicata il 22 luglio)

r.galullo@ilsole24ore.com

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