Pasquale Varca è un uomo grande è grosso. E’ nato 48 anni fa ad Isola Capo Rizzuto ma risiede da molti anni a Bosisio Parini (Lecco).
In provincia di Lecco – scrivevano i magistrati nell’ordinanza “Il Crimine-Infinito” del 13 luglio – opera nel settore del movimento terra attraverso svariate società intestate a familiari e persone di comodo. E’ affiliato alla ‘ndrangheta con la dote del “trequartino” ed è responsabile del locale di Erba.
Naturalmente ha stretti collegamenti con la “ cosca–madre”, che è quella degli Arena – Nicoscia di Isola di Capo Rizzuto. Non a caso, infatti, per i pm lombardi ha avuto un ruolo chiave nel favoreggiamento della latitanza dei catturandi Paolo Lentini e Antonio Morelli, affiliati di spicco alla cosca Arena.
Pasquale Varca, a fronte dell’attività lecita ufficialmente esercitata, scrivono i magistrari nell’ordinanza dello scorso anno, “è in realtà impegnato in svariate attività illecite che vanno dal traffico di stupefacenti, all’usura, alla ricettazione di mezzi d’opera ed al traffico di banconote false. Ovviamente, in ragione della sua appartenenza alla ‘ndrangheta e tenuto conto dei settori delicati in cui opera, ha disponibilità di armi che sono spesso strumento indispensabile nelle situazioni di conflitto”.
L’AMICO DEL CUORE
Anche Aurelio Petrocca è nato a Isola Capo Rizzuto, Un anno dopo Varca e, anche lui, abita in Lombardia. A Merone, in provincia di Como.
Se Varca è il capo del locale di Erba, lui è ritenuto dagli inquirenti un elemento di spicco.
E’ persona di riferimento di , del quale è cognato, nonché primo collaboratore nelle principali attività condotte dal sodalizio. In particolare, secondo i magistrati lombardi:
1) ha diretto ed eseguito la parte logistica e operativa della latitanza di Paolo Lentini e Antonio Morelli nei giorni immediatamente precedenti alla loro cattura;
2) dirige anche per conto di Pasquale Varca i lavori di movimento terra (è socio con il cognato della Varca Trans sas), imponendosi nell’attività di controllo sui trasporti di materiale dalla cava “Gnecchi e Donadoni” alla “cementeria di Merone”;
3) collabora nelle operazioni relative al traffico di stupefacenti, importata dal sud America e diretta al mercato italiano e svizzero, nonché alla rete diretta allo spaccio;
4) in qualità di affiliato al locale di Erba ha disponibilità di armi illegalmente detenute, e si prodiga per l’approvvigionamento di altre armi da fuoco;
5) ha stretti e costanti rapporti con la cosca “Arena–Nicoscia” di Isola di Capo Rizzuto, alla quale fanno riferimento gli affiliati al locale di Erba;
6) intrattiene rapporti con gli altri capi locale ed affiliati alla ‘ndrangheta, partecipando alle principali riunioni.
IL LOCALE DI ERBA
L’origine “recente“ del locale di Erba trova conferma in una conversazione registrata a bordo di un auto il 31 maggio 2008.
Varca non presenzia al famoso summit di Paderno Dugnano del 31 ottobre 2009 perché, come afferma in una conversazione con il cognato Petrocca, registrata nel suo maneggio il 9 novembre 2009, è risentito del comportamento di Rocco Ascone che, in qualità di rappresentante delle “cosche della Piana” in Lombardia, non aveva preso le sue difese in occasione dei dissapori sorti con Michele Oppedisano (classe ’70) nella vicenda che coinvolgeva i trafficanti albanesi.
Varca sembra dunque far prevalere le questioni “personali” rispetto ai superiori interessi della ‘ndrangheta, ma non esita a far leva sul suo essere un affiliato, per di più responsabile di un locale, per risolvere questioni afferenti la spartizione di lavori che lo vedono contrapporsi ad altri.
Gli interessi degli affiliati del locale di Erba sono “variegati”, nel senso che vanno da attività apparentemente lecite, quale quella del movimento terra, comunque gestita con metodo mafioso, ai traffici illeciti come il narcotraffico, l’usura, la ricettazione di mezzi d’opera i cui proprietari hanno falsamente denunciato il furto.
IL MANEGGIO
Il centro della vita della locale è il maneggio di Erba, dove sono ricoverati mezzi del movimento terra e dove sono ricevuti i rappresentanti delle altre “famiglie”.
Ed è proprio l’operazione “Crimine 3” – che è stata condotta il 14 luglio dalla Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria, che ha mandato all’aria un’organizzazione internazionale di di droga – che riaccende i riflettori sul locale di Erba.
Nell’ultimo periodo di intercettazioni da giugno 2009 a oggi – che hanno permesso la ricostruzione degli ultimi eventi con la partecipazione di Pasquale Varca, arrestato, e degli associati al locale di Erba – gli inquirenti hanno evidenziato il ruolo nell’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Le risultanze investigative acquisite, infatti, permettono di dimostrare che Pasquale
Varca e i suoi, hanno condotto trattative con una organizzazione criminale albanese, i cui vertici sono stanziali in nord Europa – Benelux – a loro volta in contatto ed affari con responsabili di cartelli colombiani, per importare nel territorio nazionale ingenti quantitativi di cocaina.
Attraverso la ricostruzione di fatti, contatti e circostanze, si è potuto apprendere dell’effettivo arrivo dello stupefacente in Italia, attraverso il collegamento marittimo
Sud America–porto di Gioia Tauro (Reggio Calabria) e della sparizione dell’intero carico ad opera di soggetti legati al clan Pesce, Michele Oppedisano (classe ’70), Carmelo Costa e Nicola Papaluca.
I magistrati e le Forze dell’Ordine hanno evidenziato l’esistenza di rapporti diretti tra:
1) albanesi e narcotrafficanti colombiani per l’approvvigionamento dello stupefacente;
2) il “gruppo Varca” e i narcotrafficanti albanesi, finalizzato all’importazione della droga in Italia;
3) il “gruppo Varca” e la cosca Pesce di Rosarno, per garantire lo sbarco del narcotico e il primo stoccaggio nell’area portuale di
Gioia Tauro;
4) il “gruppo Varca” e altre cosche di ‘ndrangheta interessate all’acquisto dello stupefacente;
5) il “gruppo Varca” e altri soggetti affiliati o comunque vicini alla ‘ndrangheta, deputati al trasporto della droga nel nord Italia.
Tuttavia lo stupefacente, al momento dello stoccaggio in Calabria, sarebbe stato fatto sparire da persone legate alla cosca capeggiata da Vincenzo Pesce, creando ovviamente una situazione di forte attrito tra le parti: i colombiani pretendevano dagli albanesi il pagamento della merce fornita e gli albanesi, truffati dall’organizzazione calabrese, esercitavano forti pressioni sul “gruppo Varca”, che avrebbe dovuto garantire l’arrivo della merce in Calabria, lo stoccaggio e la successiva commercializzazione, attraverso i canali delle famiglie ‘ndranghetiste coinvolte.
Bene. Per ora ci fermiamo qui ma domani torneremo con un aspetto molto ma molto interessante del rapporto tra ‘ndrangheta e criminali albanesi.
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