Sull’esistenza di ferree regole sociali all’interno della ‘ndrangheta liguro-piemontese i pm torinesi hanno acquisito elementi di prova riguardanti lo svolgimento di veri e propri “riti” per l’affiliazione di nuovi e per la promozione di vecchi consociati, la previsione di sanzioni in caso di violazione delle regole e di un procedimento per la loro irrogazione, nonché l’interessamento per le sorti dei sodali arrestati e per le loro famiglie.
L’ingresso e il conferimento di gradi all’interno dell’“onorata società” avviene attraverso l’attribuzione di “doti” che, in buona sostanza, rappresentano il potere e il prestigio di cui ciascun affiliato dispone e gode all’interno della compagine sociale. La ritualità del conferimento della dote e dell’affiliazione all’organizzazione è diretta espressione dell’importanza che il gesto riveste sia per l’associazione in generale sia per i singoli.
Lungi dal rappresentare una mera adesione alla tradizione, la ritualità connessa all’ingresso nella compagine e all’avanzamento in carriera nel gruppo, rappresenta un momento particolarmente delicato della vita dell’associazione e di esso, dunque, si deve tener conto nella disamina della struttura del sodalizio che operava nel basso Piemonte e di cui ci stiamo occupando da lunedì (si vedano i post in archivio).
Gli elementi raccolti nel corso delle indagini condotte dalla Procura di Torino nell’ambito dell’operazione Maglio*, consentono di apprezzare in tutta la sua sacralità il conferimento della dote di "picciotto" a Giuseppe Caridi, che secondo gli inquirenti viene ammesso ufficialmente a partecipare alle attività del locale guidato da Pronestì, nonché l’attribuzione di doti verosimilmente corrispondenti alla “santa” ad alcuni degli affiliati avvenuti il 28 febbraio 2010 presso l’abitazione alessandrina dello stesso Caridi.
Giuseppe Caridi, nato a Taurianova (Reggio Calabria) il 28 gennaio 1957 risiede ad Alessandria, dove oltre ad avere un calzaturificio, è consigliere comunale, e confidenzialmente è chiamato “Pepè” e/o “compare Peppe”. E’ stato arrestato nell’operazione Maglio ma si proclama del tutto estraneo a ogni vicenda criminale. E' stato sospeso dal consiglio comunale.
L’importanza della cerimonia è testimoniata dalla partecipazione oltre che dei sodali incardinati nel locale di Novi Ligure anche di una delegazione degli affiliati del locale di Genova, guidata secondo la Procura da Domenico Gangemi che, proprio in relazione all’ingresso nella compagine criminale di Caridi (come detto consigliere comunale sospseso ad Alessandria), ha esternato, in uno con altri affiliati, prima e dopo il conferimento, il suo pensiero in riferimento ai rapporti che dovrebbero intercorrere tra la ‘ndrangheta e gli appartenenti all’ambiente politico-amministrativo (ma su questo torneremo con il post di domani).
Dalle conversazioni intercettate si desume innanzi tutto che Gangemi, Onofrio Garcea (alias “mezzalingua”, ritenuto “santista” di Genova dalla Prpcura del capoluogo ligure che lo ha arrestato il 24 giugno nell’ambito dell’operazione Maglio 3) e Antonio Maiolo avrebbero dovuto partecipare, il 28 febbraio 2010, ad una riunione organizzata da altri (“…poi una sera ci invitano…”).
Nelle intercettazioni si parla spesso degli istituti di ‘ndrangheta e in tal senso gli apparati della sala ascolto della Procura ascoltano l’utilizzo del termine “santista”. A Caridi, a leggere l’ordinanza, era stata assegnata la “ginestra”, diventando, quindi, “giovanotto”, per intendere la sua qualità di “picciotto”: in tale prospettiva deve leggersi il riferimento alla “minna”, ovvero al seno materno, ad indicare figurativamente la “giovane età”, l’essere quasi un lattante nelle gerarchie del sodalizio.
Ulteriori elementi di conferma sul fatto che il 28 febbraio 2010 si sia svolto un rito di ‘ndrangheta nel quale Caridi è stato affiliato si desumono, secondo la Prpcura di Torino, da altre due conversazioni registrate nel corso delle indagini: nella prima, captata all’interno dell’esercizio commerciale “Mimmo il regno dell’ortofrutta” il 21 febbraio 2010, gli interlocutori Gangemi e Garcea affrontano il tema dell’affiliazione di Caridi come un evento che deve ancora avvenire del quale discutono valutandone l’opportunità e la corrispondenza alle regole “sociali”.
E la seconda intercettazione?
La seconda ce la gusteremo domani, quando appariranno chiare le divergenze di opinione sull’affiliazione alla ‘ndrangheta dei politici.
3 – to be continued (le precedenti puntate sono state pubblicate l’11 e il 12 luglio)
* ANSA 9 NOVEMBRE 2012 Sono stati assolti i dieci calabresi imputati nel processo con rito abbreviato scaturito dall'inchiesta dei carabinieri del Ros sulle infiltrazioni delle 'ndrine calabresi in Liguria denominata Maglio 3. La sentenza e' stata pronunciata dal gup Silvia Carpanini. Appresa la notizia, i parenti degli imputati, che attendevano fuori dall'aula hanno applaudito a lungo.
Nella requisitoria di metà ottobre, i pubblici ministeri Vincenzo Scolastico e Alberto Lari avevano chiesto 12 anni di carcere per Onofrio Garcea, 10 anni e 8 mesi per Benito Pepé, 9 anni per Rocco Bruzzaniti, 8 anni per Fortunato e Francesco Barilaro, Michele Ciricosta e Antonio Romeo e 6 anni per Antonino Multari, Raffaele Battista e Lorenzo Nucera: secondo i magistrati, Bruzzaniti, Battista, Multari e Lorenzo Nucera avrebbero avuto il ruolo di “partecipi” dell’associazione, mentre gli altri sarebbero stati “promotori”.
Secolo XIX Genova 10 novembre – «Le sentenze non si commentano, se non si è d’accordo si appellano, personalmente ho vissuto un’esperienza simile nel 1996 quando in primo grado sono stati assolti tutti i clan siciliani dal 416 bis poi il tutto è stato capovolto dalla Corte d’appello, e confermato in Cassazione». Così ha detto la vice presidente dell’Anm Anna Canepa la sentenza del gup di Genova
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