ESCLUSIVO/ Un pentito scrive alla Dna: “Un complotto contro il pm antimafia Alberto Cisterna”

E’ maggio e un pentito parla continuamente con il suo avvocato. E’ nervoso ma lucido come sempre. Chiunque a Reggio Calabria, come a Roma o Catanzaro, abbia avuto a che fare con le sue dichiarazioni, sa che appartiene a un’altra categoria: a quella borghesia di cui da decenni la matassa affaristico-criminale-massonica che governa la Calabria non può fare a meno.

Questo pentito è una persona intelligente, istruita, colta e conosce i meccanismi segreti della matassa. Ne è uscito, forse del tutto, e da tempo racconta ai magistrati quel che sa. Non c’è processo in corso negli ultimi anni che non lo veda protagonista. I riscontri ci sono praticamente sempre. E non c’è dibattimento, negli ultimi anni, in cui non venga chiamato in causa per raccontare, spiegare, precisare, appuntare.

Si, appuntare. La sua passione è la scrittura. Annota. Annota tutto, anche se ha una memoria formidabile.

Ultimamente questo pentito – recluso – è caduto in disgrazia agli occhi di una parte, importante, stimata e stimabile, della magistratura calabrese. Malintesi, giochi puliti o sporchi non so, mezze bugie o mezze verità, chissà, sono andate di traverso a qualcuno. Non sta a me giudicarne l’attendibilità piena o parziale ma lui giura – e presto potrebbe dimostrarlo – che da quando ha deciso di parlare non ha mai fatto doppi giochi. Quel che sa racconta. Ad altri, i giudici, spetta il compito di appurarne la limpidezza e trovarne i riscontri.

La sua intelligenza, la sua memoria, gli tornano utili nel momento in cui – prima a Roma nel carcere di Rebibbia, poi in un altro carcere – entra in contatto con Antonino Lo Giudice e con il santista Consolato Villani, cugino proprio del “nano”.

Il pentito – il cui nome, al momento, non posso rivelare – sa che si trova al cospetto di figure di terzo o quarto profilo della ‘ndrangheta reggina. Una famiglia senza territorio, del resto, non esiste nemmeno nei fumetti e i Lo Giudice sono boss senza territorio. Ergo: non sono boss anche se qualcuno vuol farlo credere.

Gli riesce facile, così, starli ad ascoltare (senza bisogno di chiedere) e capire. Capire che le dichiarazioni “a lento rilascio” nei confronti del pm Alberto Cisterna – attualmente indagato per corruzione in atti giudiziari sulla base di ricordi di Nino Lo Giudice che fanno acqua almeno come la rete acquedottistica italiana – sono state rese sulla base di una strategia ben precisa. Un complotto, insomma. Così come, in base allo stesso disegno di menti raffinatissime, il nostro pentito presume che siano state rese anche le dichiarazioni nei confronti del pm Francesco Mollace e – udite udite – i veleni su un terzo magistrato antimafia, il cui nome non è mai uscito finora, ma che da tempo sapevo che sarebbe stato tirato in ballo. E vedrete che, prima o poi, ahimè, lo sarà.

Sapevo che questo simbolo dell’antimafia sarebbe stato tirato in ballo perché un insospettabile “consulente” della Procura di Reggio Calabria mi anticipò, mesi fa, che sarebbe stato fatto anche il suo nome come di persona corruttibile e/o corrotta. Uno sfregio, il riferimento a quel nome e quel cognome, all’antimafia dei fatti, una dissacrazione alla storia della magistratura schierata in prima linea contro la ‘ndrangheta. Ahimè, quando il ventilatore comincia a spargere fango non smette più…

Come sapete cari lettori – indipendentemente da quello che sarà riscontrato o meno nei confronti dei pm Cisterna, Mollace, Tizio, Caio o Sempronio, cosa di cui non mi curo perché non guardo in faccia a nessuno, non sono un magistrato e tantomeno sta a me tirare conclusioni giudiziarie o anche solo morali – da tempo scrivo che, quella messa in atto dai Lo Giudice, è una “tragediata” come non se ne vedevano da anni a Reggio Calabria. Una “tragediata” studiata da menti raffinatissime e attuate da una serie di rozzi protagonisti (alcuni ancora nell’ombra) che tutto avevano (hanno e avranno) da guadagnare. I riflettori sono stati infatti distolti dalla cupola affaristico-mafioso-massonica che governa Reggio e ci si concentra su alcuni pesciolini che spaccando il fronte della magistratura antimafia (romana, catanzarese e reggina), raggiungerano lo scopo voluto dai manovratori: continuare a trescare con la politica, compito che riesce tanto più facile quanto più si avvelenano i pozzi.

IL 26 MAGGIO

Il nostro pentito parla con il suo avvocato e chiede di essere audito. Vuole parlare e raccontare quel che sa. Vuole raccontare del “complotto”, per quel che ha potuto capire, ordito ai danni di Alberto Cisterna e, chissà, anche di qualche altro magistrato antimafia. Vuole, probabilmente, spiegare anche i motivi di quel complotto che forse intuisce o forse sa e che vuole riversare sui nastri di un registratore e sottoscrivere in un verbale di interrogatorio.

Il 26 maggio racconta qualcosa di più al suo avvocato che, il giorno dopo, sollecita alla magistratura la necessità di incontrare questo pentito che vuole raccontare quel che non solo lui ha appreso ma che – si badi bene – secondo lui anche altri pentiti sanno, avendo anche essi ascoltato i racconti di Nino Lo Giudice e Consolato Villani.

Il nostro pentito è disposto a fare nomi e cognomi di questi altri collaboratori di giustizia di fronte ai magistrati. Ma il nostro pentito fa di più: incarica la moglie di spedire un fax al proprio avvocato con nuovi dettagli che, il 22 giugno, vengono spediti (anche) in Dna.

Siamo al 27 giugno – ieri, cari lettori – e, attraverso il suo avvocato, il pentito chiede di presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Roma nel quale sollecita una deposizione-interrogatorio su quel che ha appreso dal duo di coppia Lo Giudice-Villani.

Oggi quell’esposto sarà verosimilmente presentato ma resta da chiedersi perché sia passato un mese senza che nessuno abbia ancora convocato il pentito per ascoltare quel che ha da dire e cominciare a trovare i riscontri. Ora che la storia è saltata fuori – su questo umile e umido blog – scommettete che qualcuno lo chiamerà?

Alla prossima puntata della “tragediata”. Vedrete, cari lettori, non mancherà. Vedrete.

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica intorno alle 00.10. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.