Balle e bombe a Reggio Calabria/5 Il processo Rende, l’onnipotente politico e la poltrona di Pietro Grasso

Cari amici di blog come è andata la Pasqua? E la Pasquetta? A me – come sorpresa – ha portato la (ri)lettura del processo Rende.

Riassumo per chi non sa. Il 28 gennaio 2010 la Corte d’assise d’Appello di Reggio Calabria ha confermato cinque dei sei ergastoli richiesti in primo grado per l’omicidio della guardia giurata Luigi Rende, ucciso il 1° agosto 2007 in un conflitto a fuoco nel tentativo di sventare una rapina agli uffici postali di Via Hecce Homo a Reggio Calabria. Difensore di parte civile di quel processo era l’avvocatessa Giulia Dieni, mentre a difesa dell’imputato c’era l’avvocato Lorenzo Gatto. Avvocato generale era Franco Scuderi, che aveva rimpiazzato, per volontà del neo procuratore generale, l’ex sostituto Francesco Neri.

Proprio lo svolgimento di questo processo era stato inserito dal neo procuratore generale, Salvatore Di Landro, tra le cause dell’attentato che nella notte del 3 gennaio 2010 ha scosso gli uffici della Procura generale. Questo lo scrive lo stesso Di Landro in una lunga nota spedita il 6 marzo 2010 al ministro della Giustizia Angelino Alfano e al Csm di cui, io per primo, diedi conto nel giugno dello stesso anno (si vedano in archivio i post dell’8, 9 e 10 giugno 2010), ripreso poi da tutti i media nazionali.

La pista “processo Rende” per l’attentato della notte del 3 gennaio sembra essere definitivamente abbandonata dapprima quando si batte la pista della cosca Serraino e, infine, quando con le confessioni di Nino Lo Giudice si apre un nuovo scenario.

Uno scenario che vedrebbe protagonisti Nino e la famiglia Lo Giudice: qualcuno non avrebbe mantenuto i patti sulla loro impunità, il patrimonio sarebbe stato aggredito dai sequestri e così la famiglia Lo Giudice – di seconda o terza fila nella mappa della mafia a Reggio nonostante qualcuno voglia nobilitarla a ranghi che non gli competono – toma-toma cacchia-cacchia, come direbbe Totò, avrebbe fatto un putiferio dietro l’altro. Bombe a ripetizione e bazooka come se piovesse.

Ebbene sapete che sto commentando questa “tragediata” da alcuni giorni (si vedano i precedenti quattro post in archivio). Una “tragediata” che, tra le altre cose, chiama in causa due magistrati (i pm Francesco Mollace e Alberto Cisterna) e che la stessa Procura di Catanzaro tratta con le molle.

Da giorni sto scrivendo e ribadendo che dietro le bombe e i successivi attentati intimidatori allo stesso Di Landro (colpito come persona fisica sotto casa e non solo nella sua veste di magistrato incorruttibile) e a Giuseppe Pignatone, c’è un’abile strategia che distoglie dalla disgustosa matassa politica-massoneria deviata-istituzioni deviate-‘ndrangheta che governa a Reggio le centinaia di milioni del decreto Reggio, la cassaforte finanziaria delle municipalizzate e si agguatta come un falco pellegrino in attesa dei miliardi del “Ponte sulle mafie dello Stretto”. Dietro gli attentati c’è però, chiaramente, anche il nuovo corso impresso da Di Landro: una dopo l’altra passano e passeranno nelle aule del Tribunale in appello tutte le cosche cittadine e i dibattimenti si preannunciano o sono già di ben altra pasta rispetto al passato.

LA TAPPA MILIARE

In quest’ultimo scenario è il “processo Rende” che rappresenta la pietra miliare del “nuovo corso” in appello voluto da Di Landro e dunque ha una valenza vitale per la criminalità organizzata perché segna la data della “svolta” nella trattazione dei fascicoli in mano alla stessa Procura generale. E le cosche ben lo sanno. E con loro il gotha corrotto della classe dirigente reggina.

Ebbene questo processo è la logica conclusione di una rapina finita male. Anzi: tragicamente, con una famiglia distrutta per la morte di una guardia giurata fidatissima della Sicurtransport spa che per poche migliaia di euro al mese ha rischiato la vita. E l’ha persa.

Chi vuole dimenticare in fretta e furia la valenza di questo processo o è in cattiva fede o è un ingenuo. Certi processi in Calabria – consapevolmente o meno – sono altra cosa rispetto a quello che appaiono anche perché a Reggio la linea tra lecito e illecito è un filo sottile come un capello di un poppante.

E’interessante a questo punto raccontare di alcune intercettazioni che risalgono a sei anni fa.

Sono in grado di tirare fuori dal mio magico cassetto un’intercettazione  tra una persona – scrivono testualmente i magistrati – “legata da vincoli di parentela alla famiglia De Stefano” e “in buoni rapporti con un familiare del boss Giorgio De Stefanoe una terza persona.

In questa intercettazione i due parlano allegramente di voti da indirizzare verso un politico potentissimo (oggi più che mai il vero potente di questa regione). Ebbene, leggiamo la sintesi di quel che scrivono i magistrati in questo provvedimento rimasto nel cassetto degli uffici del Cedir perché non ha avuto alcun successivo iter interno (anche se tre anni fa lo stop ha spaccato letteralmente in due la Procura di Reggio Calabria che era a un passo dal mettere le mani sulla perversa commistione politica-economia criminale-‘ndrangheta in città) e dunque alcun seguito giudiziario. Io tralascio nomi e cognomi (che però ho letto e conosco) al posto dei quali metterò degli “omissis”.

Il politico…OMISSIS…. -  si legge nelle carte dei magistrati reggini – sarebbe un personaggio legato agli ambienti di Platì e San Luca e spesso si recherebbe in quella zone a pranzare…sarebbe legato alle principali cosche della città…inoltre avrebbe diversi interessi economici in diverse attività intestate ai prestanome…OMISSIS specificava che il politico…OMISSIS…comanda all’interno della società di vigilanza Sicurtransport…chi vuole lui entra…chi non vuole lui non entra…OMISSIS è entrato in un giro grosso”.

Chi rilascia queste dichiarazioni non sapendo di essere intercettato, come detto, non solo intrattiene rapporti personali con la famiglia De Stefano che ancora oggi comanda a Reggio e non solo, ma è in grado di rivelare con le sue chiacchierate alcune dinamiche interne ai rapporti di forza economici di alcuni potentissimi politici reggini che hanno fatto carriera. E che carriera! Tra questi, appunto, il potentissimo politico che “comanda”, secondo quanto dichiarato nella telefonata intercettata, nella Sicurtransport in Calabria.

Intercettazioni che – ribadiamo – non sono state successivamente sviluppate e dunque non è stato possibile trovare riscontri e approfondire le parti interessanti, perché la lunga indagine, condotta da magistrati con quattro dita di spessore, non ha avuto alcun esito successivo.

Il Gruppo Sicurtransport con sede legale a Palermo (sei societ
à, 1000 dipendenti e un fatturato di 50 milioni, leader nel meridione dei servizi di sicurezza), è bene precisare ancora, è totalmente estraneo alle trame raccontate in queste chiacchierate captate dalla sala ascolto della Procura e mai appare nel corso delle intercettazioni come consapevole di ciò che terzi raccontano su quanto accadrebbe delle loro attività in Calabria, dove la sua presenza è diffusa. Probabilmente lo stesso Gruppo Sicurtransport verrà a conoscenza di queste intercettazioni per la prima volta grazie a questo umile blog.

Bene. Credo di avere fornito l’ultimo tassello per riflettere sul fatto che la “tragediata” della famiglia Lo Giudice non è e non può essere farina del loro sacco. Una “tragediata” in grado di distogliere lo sguardo dai pirahna mafioso-politico-massonici-deviati che rosicchiano le risorse che piovono su Reggio ed in grado, in un colpo solo, di sputtanare anche il nuovo corso aperto da Salvatore Di Landro, un magistrato che ora si trova incredibilmente (ma non per le menti raffinatissime che hanno ordito le trame) nell’occhio del ciclone.

In buona compagnia: con lui ci sono anche due magistrati del calibro di Alberto Cisterna (obiettivo secondario da abbattere, visto che il vero obiettivo è la delegittimazione di Pietro Grasso, di cui Cisterna è braccio destro in Procura nazionale antimafia e la cui poltrona fa gola a tanti) e Francesco Mollace, obiettivo secondario, visto che di fatto è il braccio destro di Salvatore Di Landro in Procura generale, vero obiettivo da abbattere. Due bracci destri colpiti da una mente…sinistra! Allegria! Le elezioni sono vicine a Reggio e la torta è già spartita. Vi do la mia parola di giornalista libero.

5 – the end (le precedenti quattro puntate sono state pubblicate il 20, 21, 22 e 23 aprile)

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. Invito tutti ad ascoltare la mia trasmissione su Radio 24: “Sotto tiro – Storie di mafia e antimafia”. Ogni giorno dal lunedì al venerdì alle 6.45 circa e in replica alle 0.15 circa. Potete anche scaricare le puntate su www.radio24.it. Attendo anche segnalazioni e storie.

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