Ho un sogno/1 Calabria senza calabresi: Costituzione sospesa e commissari “italiani” (o sventolerà la canottiera secessionista)

Che Dio mi perdoni – come sapete infatti, di ciò che pensano gli uomini mi interessa poco – ma anche io ho un sogno per il 2011: la Calabria senza i calabresi.

Se mi seguirete fino alla fine (dedicherò due articoli al tema) scoprirete che il mio è un atto d’amore per questa terra e soprattutto per l’Italia intera.

Da ben 22 anni frequento e studio questa regione e da molti anni la descrivo e la racconto per professione e ogni volta che penso che sia stato toccato il fondo debbo ricredermi. Questa è una terra che non conosce fondo. E non conosce vergogna.

Nonostante i sofismi di alcuni analisti locali questa terra è – salvo miracoli – irrimedibile.

Anzi: il tempo non potrà che peggiorarne la situazione. E la data della fine è sull’etichetta virtualmente posta a Villa San Giovanni, futuro pilastro del (futuribile) Ponte: 2013.

In quell’anno (alle porte), i fondi europei, finora elargiti dalla mala-politica e pappati a quattro ganasce dalla cupola massonico-politico-‘ndranghetistica calabrese, cominceranno rapidamente a scemare fino ad annullarsi o quasi.

Tra due anni la Calabria sarà uno yogurt: o verrà mangiato in tempo dalla politica italiana così da digerirlo e acquistarne uno nuovo a più lunga scadenza o sarà talmente acido e mortale da essere sputato dall’intera Italia e dall’Unione europea, che di certo non vorranno morirne per avvelenamento.

 LE PREBENDE CHE ALLUNGANO L’AGONIA

L’anima nera della Calabria sa che potrà contare su altre due prebende che potrebbero allungare il tempo della (fittizia) conservazione: i fondi del decreto Reggio (vera e propria manna dal cielo che finora ha portato musica in piazza per rincoglionire le menti e zero sviluppo) e quelli che potrebbero venire dal Ponte sullo Stretto, che non c’è ancora ma per il quale la ‘ndrangheta, la politica marcia e la imprenditoria collusa hanno già mosso gran parte delle pedine (si vadano a vedere alcune società di servizi che sono sorte e che per il momento sono scatole vuote pronte a riempirsi al momento giusto).

Queste due prebende allungheranno l’agonia e, si badi bene, questo alla ‘ndrangheta non frega assolutamente nulla. Dopo aver asfissiato la regione anche nel più piccolo e “babbo” paese persino dell’entroterra cosentino, da decenni la ‘ndrangheta parla spagnolo con accento sudamericano, portoghese con cadenza brasileira, francese, inglese, tedesco, russo. E per chi fosse rimasto fermo al provincialismo italiano (a partire dai politicanti che ipocritamente fanno finta di aver scoperto la ‘ndrangheta al nord grazie a Vieni via con me), gli uomini delle cosche parlano ligure, valdostano, lombardo, piemontese, toscano, veneto, laziale, emiliano, romagnolo.

HASTA LA SECESSIONE SIEMPRE!

Gli investimenti delle cosche non conoscono confini geografici e – come ho già scritto in questo blog il 27 luglio e il 19 novembre 2010 – le mafie se ne infischiano della secessione. Anzi. Spaccare in due l’Italia facilita i compiti perché diminuisce i centri di potere a cascata che caratterizzano la politica e la burocrazia, sui quali esercitare il proprio potere (con le buone o con le cattive). Meglio, molto meglio la secessione che il federalismo, troppo complicato da capire e digerire e la ‘ndrangheta Spa (51 miliardi di fatturato all’anno come testimonia uno studio che l’Istituto Demoskopika non ha mai voluto diffondere, chissà perché) non ha tempo da perdere. Uè, terun d’un calabrot, gli affari sono affari. Parola di ‘ndranghetista!

Alla ‘ndrangheta che domina l’edilizia in Lombardia, Piemonte, Liguria e Lazio, che controlla il narcotraffico da Amsterdam a Bogotà passando per Gibilterra e l’Africa, che regola i flussi delle merci agricole da Rosarno, passando per Fondi fino a Milano o che ricapitalizza imprese da Bucarest a Toronto passando per Caracas, cosa volete che gliene fotta del futuro della Calabria e dell’Italia?

Se il registro non cambierà, dunque, le cosche (dalla Sicilia alla Campania) saranno ben felici di veder sventolare la puzzolente canottiera secessionista che Umberto Bossi e la sua cricca indossano sempre sotto la giacca con il fazzoletto verde-ramarro nel taschino.

LA DEMOCRAZIA SOSPESA

L’editorialista del Corriere della Sera, Angelo Panebianco, recentemente ha scoperto l’acqua calda, paventando sostanzialmente, nel Sud e dunque in Calabria, la sospensione dei diritti costituzionali e la cacciata di (quasi) tutti gli amministratori pubblici.

Non posso che dirmi a malincuore d’accordo con questa idea primordiale e terrificante che – pur non essendo fortunatamente Panebianco – avevo già declinato 14 mesi fa su questo blog chiedendo però che la Calabria venisse quasi completamente commissariata da “non calabresi”: dal più piccolo Comune al più sperduto ospedale pubblico (si veda in archivio l’articolo del 9 ottobre 2009). Con la contemporanea forte presenza dello Stato che deve “occupare” questa terra sottratta alla democrazia e alle leggi dello Stato (come del resto gran parte del Sud e, via via, accadrà con il resto della Penisola). Ma la Calabria non è più “un” problema. E’ “il” problema dell’Italia e dell’Europa.

Non c’è nessuna “idiozia razzista” in questa proposta (come qualcuno blatera) che potrebbe essere applicata anche ad altre zone del Sud, dove però, a differenza che in Calabria, la coscienza e la resistenza civica e civile sono dotate di anticorpi che permettono di fare in qualche modo fronte alla cultura mafiosa e lasciare il varco aperto alla speranza. E’ solo una presa di coscienza: la Calabria non può farcela da sola. O viene aiutata – fosse anche dai caschi blu dell’Onu – o rischia di trascinare l’Italia nel baratro. L’Italia non può correre il rischio di calabresizzarsi all’attuale velocità e se l’Unione europea non aprirà gli occhi, si sveglierà presto a pasteggiare con ‘nduja e Cirò senza sapere perché.

LA PUNTA DELL’ICEBERG

In Calabria la politica non è in grado di riformarsi. Non abbiamo fatto in tempo a lasciare una giunta e un consiglio regionali tra i più inquisiti e fetidi della storia calabrese che, zacchete, un filone di inchiesta della Procura antimafia di Reggio Calabria ha portato in gattabuia il consigliere regionale Santi Zappalà, uno dei tanti pizzicati in processione a San Luca presso la cosca Pelle e ha scoperchiato una parte (infinitesimale) della politica alle dipendenze dei boss.

La Dda di Reggio ha scoperto la processione dei candidati perché aveva infilato cimici e telecamere dappertutto. Si profilava come il colpo investigativo e giudiziario del secolo in Calabria ma una mano maligna (che ha nomi e cognomi negli ambienti che gravitano nel magma putrido dei servizi segreti deviati che qui da sempre pascolano a proprio agio) ha stroncato la segretezza e
ha fatto sì che in fretta e furia si arrestassero nei mesi un pugno di scalzacani e si mandasse all’aria un’operazione che oltre a Zappalà avrebbe tirato, come un rosario laico, altri e ben più importanti grani.

Volete che la dica tutta? La politica in Calabria è Zappalà: a destra, al centro e a sinistra. E badate bene che non mi assumo il compito di giudicare chicchessia (tantomeno Zappalà) giudiziariamente. Per quello ci penserà la magistratura e gli eventuali processi.

Mi riferisco alla pressoché totale assenza di etica, morale, trasparenza e principi di legalità nella politica della Calabria. Il più pulito ha la rogna e chi è pulito davvero è un’eccezione destinata a scappare, morire o desistere.

La politica calabrese e l’imprenditoria deviata (si veda quanto sta accadendo da anni in Confindustria Reggio Calabria) non possono troncare il cordone ombelicale con la ‘ndrangheta: se lo facessero morirebbero e questo lusso non se lo possono permettere. Anzi. Le vecchie classi dirigenti hanno infettato dello stesso virus le nuove e oggi le leve politiche che si affacciano alla politica locale sanno che le regole sono quelle: prendere o lasciare. Chi tenta la sorte lo fa a proprio rischio ma, soprattutto, pericolo.

Per il momento mi fermo qui ma nelle prossime ore mi soffermerò sulle ultime mosse della politica calabrese che dovrebbero far capire anche ai sordi che in questa terra i sui esponenti ignorano totalmente il concetto di bene pubblico. Senza distinzione tra destra, centro e sinistra.

1 – to be continued

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • Guido |

    Sono calabrese, amo la mia terra ma non ho difficoltà a comprendere quanto sia purtroppo drammaticamente vero quanto sostenuto, sebbene solo come provocazione, da Galullo in questo articolo.
    Mi chiedo però altrettanto provocatoriamente chi dovrebbe essere il non calabrese a commissariare la calabria? Se è vero come è vero che la ‘ndrangheta ha colonizzato il resto della penisola, chi sarebbe in grado di non subire pesanti pressioni da ovunque provenga?
    Secondo me nessuno, la tragica fine di Dalla Chiesa insegna.
    La provocazione non è però nuova, ricordo di aver sentito anni addietro che per salvare la calabria si sarebbe dovuto farla gestire ai giapponesi, sempre che nel frattempo la ‘ndrangheta non sia arrivata anche li.
    Considerato però che siamo destinati (noi calabresi) ad una tragica fine lasciatemi almeno questa considerazione: in questo momento la calabria (come il resto del sud) dovrebbe sentirsi come colui che colpito a morte dal nemico muore con la consapevolezza che il nemico farà la stessa fine ad opera della stessa arma.
    Ricordo a tutti, visto che siamo nell’anno del 150° anniversario dell’unità che questa situazione è stata creata scientificamente da chi ci occupò allora e che oggi rischia di vedersi ritorto contro tutto il male procurato a questa terra.
    Saluti

  • Antonello Iovane |

    Mi spiace, ma ha ragione il Dott. Gallullo. L’immoralità oltre che l’illegalità è cosi intrisa nella società calabrese che a volte, spesso, calabresi la prendono per normalità. E son pochi quelli che fanno degli appunti, perchè rimangono isolati, o perchè molto spesso si deve andare contro amici, parenti e conoscenti e presi da stanchezza si rinuncia.Un esempio? vi racconto quanto è accaduto a Lamezia.
    Alcuni mesi apprendo la notizia che l’AGCOM, Autorità per le garanzie delle comunicazioni, aveva rilevato un’infrazione da parte del Comune di Lamezia Terme. Volendone sapere di più decido di approfondire la notizia andando a cercare la decisione dell’Autorità garante su internet. Digitando su uno dei motori di ricerca più noti le parole “AGCOM Lamezia” il primo indirizzo internet dato dalla ricerca è quello utile. Delibera n 67/10/CSP Segnalazione del signor Rocco Ferraro nei confronti del Comune di Lamezia Terme per la presunta violazione dell’articolo 9 della legge 22 febbraio 2000, n. 28, che recita al primo comma “Dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l’efficace assolvimento delle proprie funzioni.” In che modo il Comune avrebbe trasgredito a questo dispositivo di legge? Secondo il Sig. Ferraro attraverso la spedizione presso il domicilio dei cittadini di Lamezia Terme di “ materiale cartaceo sottoforma di depliant fotografico ed illustrativo in cui si illustrano i risultati ottenuti dall’amministrazione negli ultimi cinque anni, grazie al presunto operato della giunta comunale, come diventeranno alcuni quartieri della città nei prossimi anni”. Il 25 marzo 2010 il Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Calabria nel trasmettere gli esiti dell’istruttoria ravvisa gli estremi della violazione di legge. Il Comune di Lamezia Terme, attraverso Antonino Ferrariolo, Dirigente della Comunicazione, fa presente che le informazioni divulgate “non costituiscono assolutamente un’occasione per fornire una rappresentazione suggestiva, a fini elettorali” ed inoltre che “l’opuscolo è stato inviato mediante posta ordinaria e non posta raccomandata e dunque non vi è alcuna prova legale dell’effettiva ricezione dello stesso in una data piuttosto che in un’altra”. Da precisare che l’articolo 9 trova applicazione per ciascuna consultazione elettorale nel periodo compreso tra la data di convocazione dei comizi elettorali e la chiusura delle operazioni di voto. Ora la convocazione dei comizi elettorali, per le elezioni amministrative del 28 e 29 marzo 2010, è avvenuta l’11 febbraio 2010. La prima verifica, quindi, attiene al fatto se il materiale è stato consegnato prima o dopo tale data. La mancanza di un’effettiva data di ricezione dell’opuscolo da parte dei cittadini, cosi come asserito dal Comune di Lamezia Terme, è smentito dal verbale della Guardia di Finanza della città della piana, che sulla base delle bolle di consegna, ritirate dalla stessa, rileva che l’invio effettivo dell’opuscolo è avvenuto in data 1 e 2 marzo 2010. “Pertanto, la comunicazione istituzionale svolta attraverso la pubblicazione e distribuzione dell’opuscolo illustrativo “Rapporto ai cittadini 2010”, afferente l’operato dell’amministrazione comunale di Lamezia Terme, da parte dell’amministrazione stessa, ricade nel periodo di applicazione dell’articolo 9 della n. 28 del 2000”. Attestato ciò, l’Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni è passata a controllare se tale comunicazione istituzionale è stata realizzata in modo impersonale, e se era indispensabile per l’efficace svolgimento delle proprie funzioni. La risposta arriva dal Comitato Regionale per le Comunicazioni della Regione Calabria che in una nota evidenzia come l’opuscolo illustrativo “Rapporto ai cittadini 2010” non ha il requisito dell’indispensabilità, “in quanto volta a rappresentare il resoconto delle attività amministrative espletate nel quinquennio del mandato amministrativo”, né tanto meno quello dell’impersonalità, “essendo citati il nome e il logo del Comune di Lamezia Terme, nonché la fotografia del sindaco uscente Gianni Speranza, a sua volta candidato alle elezioni amministrative del 28 e 29 marzo 2010”. L’AGCOM ravvisa, dunque, la dissonanza della comunicazione istituzionale, realizzata dal Comune di Lamezia Terme, a quanto previsto dalla legge ed ordina all’ente territoriale di pubblicare, sul proprio sito web per la durata di quindici giorni, un messaggio contente quanto ciò rilevato dall’Autorità garante pena sanzione amministrativa pecuniaria. Terminate le consultazioni elettorali, in seguito alle quali viene riconfermato primo cittadino il Sindaco uscente Prof. Gianni Speranza, il Comune di Lamezia Terme non accetta tale decisione e stabilisce di presentare ricorso. La giunta comunale, nello specifico, il 26 giugno 2010 ritenendo che l’Amministrazione non ha violato nessuna norma in materia di propaganda elettorale delibera di proporre ricorso, contro la delibera dell’AGCOM, davanti al competente Tribunale Amministrativo del Lazio nominando l’avvocato Domenico Amendola dell’avvocatura interna. Nulla si è saputo più in merito alla questione, tant’è che nell’esternare, su uno dei più noti social network, la ma convinzione di una condanna del Comune, venivo duramente attaccato pubblicamente, da un ragazzo impegnato in prima persona nella campagna elettorale del Sindaco uscente, il quale asseriva che “ l’Autorità non ha condannato nessuno e nessuno ha dovuto pagare” attribuendo il carattere di gravità alle mie parole. Cosicché, mi sono posto il dubbio di aver potuto sbagliare, sono anche io un essere umano. Ho aperto il sito dell’AGCOM e all’indirizzo di posta elettronica certificata, che ha la valenza d raccomandata con ricevuta di ritorno, ho chiesto al suo Presidente Dott. Corrado Calabrò di avere una informativa di chiarimento sull’esito della vicenda anche in nome del principio di trasparenza amministrativa e correttezza di informazione, sopratutto verso i cittadini di Lamezia Terme. Il 24 gennaio 2011 ottengo puntualmente la risposta. “Gentile dott. Iovane” scrive la dott.ssa Franca Marroncelli, della segreteria del Presidente, “ in merito alla Sua richiesta di chiarimenti in merito alla delibera in oggetto, desideriamo informarla che, all’esito dell’ordinanza del 3 settembre 2010 con cui il TAR del Lazio ha respinto l’istanza cautelare di sospensione -avverso la suddetta delibera- presentata dal Comune di Lamezia Terme, il Corecom Calabria ha intimato l’Amministrazione comunale di Lamezia Terme a comunicare l’avvenuta ottemperanza assegnando sette giorni e ribadendo che, in caso negativo, trasmetterà la documentazione all’Autorità per l’avvio della procedura sanzionatoria prevista per l’inottemperanza agli ordini dell’Autorità.”. Non ancora pienamente soddisfatto delle informazioni ricevute, anche per una maggiore completezza di informazioni, sono andato a leggermi l’ordinanza del TAR, precisamente la numero 03874/2010 con la quale s rigetta il ricorso presentato dal Comune di Lamezia Terme, sia per vizi procedimentali “sia in ordine alla asserita strumentalità della comunicazione contestata rispetto all’efficace assolvimento delle funzioni amministrative, trattandosi piuttosto di una lettera alla cittadinanza volta a sostenere una candidatura politica”.
    Alcune persone, che hanno già letto l’articolo apparso su oggi su un giornale, mi hanno posto le seguenti domande che vi giro:
    1) Se l’opuscolo è stato realizzato con i soldi pubblici e vista la sentenza del Tar, il Comune non deve essere risarcito dei soldi spesi?
    2) Lo stesso si può dire con gli spot televisi riguardanti il medesimo rapporto?
    3) Vista la sentenza del Tar, vista che c’è una denuncia alla procura della Repubblica per voti persi, per la quale si è conclusa la fase di indagine, Si possono dire perfettamente corrette le elezioni che si son tenute a Lamezia?

  • Marco Barone |

    Salve, mi presento brevemente, sono Marco Barone, di professione sono legale attualmente in Bologna .
    Sono nato a Tropea, ho vissuto a Vibo per anni, ho lottato con il partito del PRC contro la ‘ndrangheta in Calabria e Vibo, ecc ecc ecc.
    Veniamo al dunque della sua provocazione, perchè credo altro non sia.
    La Calabria senza i calabresi sarebbe come avere l’Italia senza italiani e così via all’infinito.
    E’ vero che la Calabria da sola non potrà mai farcela ma è altresì vero che se da 150 anni le cose continuano così dei motivi sociali, culturali, politici ed economici ci saranno.
    In Calabria si investe poco, non girano i capitali che caratterizzano il nord est per esempio.
    Poche opere come il porto di Gioia Tauro, l’A3, ed il ponte, ma strutture utili per la spartizione dei fondi comunitari, dei relativi appalti tra i mafiosi e politici.
    SI dice sempre che lo Stato non è presente in Calabria.
    Falso.
    lo Stato in Calabria è la malapolitica e la ‘ndrangheta.
    Lo Stato legalitario invece non è messo nelle condizioni di poter lavorare e reprimere il fenomeno e ciò non è deciso solo in Calabria ma nelle sale del potere,quelle romane.
    La sola repressione non è utile per sconfiggere un fenomeno secolare. Si deve investire nella formazione, nelle scuole, ciò succede raramente ed i fondi mancano.
    In Calabria i calabresi onesti ci sono, esistono, molti hanno anche commentato sul suo blog la situazione personale e non solo, penso a Pino per esempio.
    La Calabria è una terra enorme ma non arriva ai due milioni di abitanti. Si trovano più calabresi in giro per l’Italia che in Calabria, e quello che oggi accade è una cosa pessima ovvero che dove vedi calabresi pensi quasi automaticamente che li ci sono mafiosi.
    Si sta verificando praticamente quello che un tempo accadeva con i siciliani emigrati in America ovvero siciliano uguale mafioso.
    La situazione è tragica e delicata.
    Cosa fare in Calabria?
    rivoluzione sociale e culturare niente di più niente di meno, ma tale rivoluzione deve partire dai calabresi onesti e non dall’esterno.
    Il fattore secessione la voglia d’indipendenza in verità per esempio in Sicilia esiste da tempo, in Calabria prenderà piede solo se le cose continueranno in questo modo e non credo passerà ancora tanto tempo.
    Calabria con calabresi onesti, ma con il supporto di tutti.
    Ci si deve chiedere oggi perchè solo ora si parla di’ndrangheta?
    Perchè solo ora tutti questi libri, articoli, programmi tv ecc?
    Perchè?
    Quando si parla di un fenomeno che per decenni è rimasto nasconsto vuol dire che questo fenomeno ha iniziato a creare fastidio a qualcuno che conta…
    Massoneria? chissà…

  • galullo |

    Guardi Carmine De Vita,
    io non so se lei è il presidente del consiglio comunale di Parghelia nella mafiosisissima provincia di Vibo, sciolto per mafia nel 2007.
    Se è lei – educazione vorrebbe che ci si qualificasse – le consiglio di fare un respiro e calmarsi. Magari bere una tisana.
    Le spiego alcune cose.
    Punto primo: se la Calabria è a questo punto la colpa è principalmente dei calabresi. Può sbraitare anche in aramaico ma è cosi. Punto.
    Punto secondo: gli atti di inciviltà che lei addebita a chi visita la vostra regione (io giocofoza la frequento da 22 anni) sono addebitabili innanzitutto ai calabresi e ai suoi amministratori (del resto ognuno ha ciò che si merita). Basti vedere lo sventramento cememtizio sulle vostre coste, la sporcizia sovrana che regna nelle vostre montagne e nei vostri mari, le demenziali concessioni edilizie, le ruberie da 488, i sovvenzionamenti pubblici a perdere, il turismo dequalificato e via di questo passo.
    Punto terzo: io mi permetto di scrivere ciò che voglio e non ho certo bisogno della sua autorizzazione. Quanto alla pellaccia ce la metta pure. La politica non è un mestiere, è una scelta. Se non se la sente scenda dalla bicicletta e pedali come tutti gli altri. Ma non ne faccia un titolo di merito, se è in politica è perchè l’ha deciso lei, non perchè glielo ha imposto il Padreterno.
    Io la mia faccia la metto con la firma e con ciò che scrivo. Non le sta bene? Cambi blog e canale. Soffrirò un nano-secondo ma poi mi consolerò con uno Stock 84.
    Punto quarto: nessuno vuol far sparire i calabresi dalla faccia della terra nè sciglierli nell’acido. Questi deliri forse sono frutto dei fumi dei brindisi dell’ultimo dell’anno.
    Punto quinto: la presente (che suppongo sia la lettera che ha scritto) mi ha aperto mente e coscienza. Ha ragione. Ora, infatti, sono ancor più convinto di quello che ho scritto.
    Quanto al resto della sua lettera, mi perdoni, ma non ho tempo di inseguirla nei suo ragionamenti
    Buon lavoro
    roberto galullo

  • carmine de vita |

    No,no,no! Proprio non ci siamo. A tutto sono disposto a credere, da calabrese “convinto” ma non che la colpa dei mali della Calabria siano i calabresi… anzi! Lo sa di chi è la colpa? Di chi non permette alla Stato di fare lo Stato, di chi scende a patti con i criminali, magari in un locale intitolato a Falcone, di chi viene in calabria solo per farsi un bagno e commette inciviltà che nemmeno si sognerebbe di fare dove vive, di chi, come lei, si permette di gettare fango su tutto e tutti, non distinguendo, o non volendo distinguere tra il bimbo e l’acqua sporca. E se le sue sono provocazioni costruttive per smuovere le coscienze, ce le poteva proprio risparmiare, a noi che lottaimo da qua, in prima linea, ogni giorno, dal posto di lavoro o dalla sedia di Presidente di un consiglio comunale sciolto per presunte infiltrazioni mafiose. La guerra, se davvero la si vuole vincere, si combatte sulo campo, e sempre con la convinzione che le leggi, lo Stato, la legalità alla fine l’avranno sempre vinta. Dal nostro lavoro dipende solo il quando, chi ci crede davvero non ha dubbi sul “se”. Come si permette di dare la colpa di quello che è provocato proprio da chi condivide il suo pensiero su un popolo che sta dimostrando, nonostante tutto, nonostante lei, di potercela fare? Mettendo sul piatto, non un libro con lo sconto, ma la pellaccia, che nel mio caso penso che valga qualcosina in più! Se davvero ci volete dare una mano per cambiare, veniteci a trovare e vedere in quali condizioni lavoriamo, noi amministratori calabresi che vorreste far sparire dalla faccia della terra (magari con l’acido, e poi i mafiosi siamo noi)!!! Le piaccia o no coi calabresi anche lei dovrà fare i conti: dipende da lei se, con la convinzione, l’impegno ed il ragionamento, magari con la Costituzione in mano, saranno dalla parte giusta, o ancora, purtroppo, in quella sbagliata, dove li hanno relegati i saputoni come lei. Con la speranza che la presente le apra un po la mente e la coscienza, la saluto cordialmete.
    Carmine De Vita.

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