La morte di Angelo Vassallo, il riciclaggio a Salerno, Cilento, Paestum e nell’agro nocerino-sarnese

In questi giorni ho avuto la disgrazia umana e il privilegio giornalistico di seguire l’omicidio a Pollica del sindaco Angelo Vassallo.

Anche oggi, anche nel momento in cui scrivo, due giornali locali continuano a parlare di un omicidio (brutale) commesso non dalla camorra ma da qualcuno che aveva maldestramente a che fare con la vita privata di Vassallo.

 

LA VITA PRIVATA DI VASSALLO

 

In realtà fin dalle prime ore tra noi giornalisti sono circolate le voci di una sua vita privata all’insegna del rigore (che può aver indotto a gesti folli qualche squilibrato che con lui aveva a che fare) e dei legittimissimi interessi familiari nel campo della ristorazione.

Perfino qualche suo amico stretto, strettissimo, ancora questa notte si interrogava con me su come fosse possibile fermarsi volontariamente in una strada così stretta (quella che conduce a casa sua e a casa del fratello che, per inciso, mi ha preso a male parole solo perché ho raggiunto la sua proprietà grazie a un taxi, su per una stradina che, credetemi, è una mulattiera).

E si perché Vassallo si è proprio fermato, a quanto sembra, ha tirato il freno a mano e poi è stato assalito e crivellato con 7 colpi di pistola (2 sono andati a vuoto).

I suoi amici strettissimi si chiedono perché si è fermato. Ci si ferma perché si conosce qualcuno, forse. O forse no, obiettavo io. Magari ci si ferma perché costretti o perché ingannati e si tira il freno a mano inconsapevoli che quello è l’ultimo gesto di una vita passata all’insegna del rispetto dell’ambiente cilentano a cui Vassallo ha dedicato 15 anni di amministrazione pubblica. E i segni sono lì: Pollica e la sua area sono uno splendore ancora oggi.

 

L’AGRO NOCRIMO-SARNESE E LE PIZZERIE VERSO PAESTUM

 

A me interessa e come se Vassallo è stato ucciso dalla camorra o da un o più pazzi. La realtà è che per me (e sottolineo per me perché in altri grandi giornali nazionali non ho notato alcuna corrispondenza che abbia approfondito il tema e lo sottolineo non perché sia più bravo ma solo perché è un dato di fatto incontrovertibile) questa è stata l’occasione principalmente per descrivere la lunga mano della camorra in una provincia (Salerno) e in un’area (lo splendido Cilento).

Poco sotto leggerete quel che riporto oggi sul Sole-24 Ore a proposito di Salerno città. E già da sola la corrispondenza parla. Non bastasse, però, vi racconto che non è solo Salerno, non è solo il Cilento a trovarsi sotto lo schiaffo della camorra (e magari anche della ‘ndrangheta della Piana di Gioia Tauro).

Se vi fate un giro nel devastato (per molti versi) agro nocerino-sarnese troverete una cosa spettacolare che, senza alcun dubbio, fa riflettere. Stano spuntando come funghi negozi e centri commerciali. Ebbene. Sapete che dialetto si parla all’interno, tra i dipendenti? Quello dell’area, direte voi. Sbagliato. Il casertano.

Ora vorrei che qualcuno mi spiegasse perché qualcuno ogni giorno deve ingollarsi tra i 200 e i 250 km andata e ritorno (oltretutto su strade indegne) per andare a lavorare dal casertano nell’agro nocerino-sarnese. Forse perché nella provincia di Salerno non esiste disoccupazione e quindi bisogna importare manodopera? Ho i miei dubbi.

Qualcun altro, invece, deve spiegarmi perché degradando verso la splendida Paestum porta del Cilento e via via oltre, le pizzerie, gli sfarzosi i locali alla moda e via di questo passo siano tutti (o quasi) in mano ai napoletani e ai loro capitali. Tutti puliti? Ho i miei dubbi e, ovviamente, non solo io.

 

LE BANCONOTE FALSE

 

Ma veniamo a Salerno e alla sua provincia, senza scomodare le mete del turismo di lusso sulle quali bisognerebbe aprire un capitolo a parte.

Per dire l’aria che si respira oggi nel capoluogo e che a breve leggerete, proprio mentre mi accingevo a inserire questo post nel blog, mi è arrivato un comunicato stampa della Guardia di finanza.

Le Fiamme Gialle della compagnia di Eboli e della compagnia di Agropoli hanno eseguito nei Comuni di Capaccio ed Eboli una complessa operazione di polizia diretta al contrasto della falsificazione di banconote false, che ha portato all’identificazione e alla denuncia di  quattro persone, di cui due arrestate in flagranza di reato.

L’attività info-investigativa, supportata da sopralluoghi, appostamenti e pedinamenti, ha consentito di individuare l’abitazione, nel comune di Capaccio/Paestum, utilizzata da uno dei responsabili per l’occultamento e lo spaccio di banconote false.

Le banconote false, che stavano per essere consegnate ad uno dei loro presunti acquirenti che avrebbe poi provveduto a metterle in circolazione sul mercato locale, erano tutte del taglio di 50 euro, per un totale complessivo di 75mila euro.

false sequestrate.

Ora, va da sé, che un’attività del genere non si esercita sul territorio senza una rete autorizzativa, logistica e distributiva legata alla criminalità organizzata.

 

MA VENIAMO A SALERNO CITTA’

 

Corso Roma attraversa Salerno, il suo cuore e i suoi traffici. Puliti e sporchi. Il procuratore di Vallo della Lucania, Alfredo Greco, che ha condotto le indagini nelle prime ore dopo l’omicidio del sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, passeggia e si ferma davanti a diversi negozi. Uno in particolare: lussuoso. Lussuosissimo. “Vede – spiega mentre continua a camminare lentamente – questo negozio ristrutturato senza badare a spese paga almeno 10mila euro al mese di affitto. E’ quasi sempre vuoto. Vede clienti lei? Come campa? Come si mantiene? Come stipendia i dipendenti?”.

L’oro che luccica fuori si spegne all’interno. L’enorme negozio sembra persino abbandonato a dispetto delle marche che sfavillano in vetrina. La domanda del procuratore è retorica e si spiega con il fatto che, soprattutto negli ultimi anni, Salerno e la sua provincia sono diventate silenziosamente una lavatrice del denaro sporco. Una macchina che centrifuga sempre più velocemente in ristorazione, alberghi, negozi, attività per il tempo libero, immobili e terreni. L’avamposto per gli investimenti futuri che la bellezza dell’area inevitabilmente richiamano e che le tradizionali zone campane non sono più in grado di investire.

Basta fare pochi passi, proseguire lungo la via e salire le scale della Procura generale.

 

PAROLA AL CAPO DELLA PROCURA GENERALE

 

Il capo della Procura, Lucio Di Pietro, che negli anni 80 testimoniò con le sue inchieste la nascita della camorra imprenditrice, da qualche tempo la combatte su questo fronte di provincia. “Non posso negarlo – mi ha dichiarato per il Sole-24 Oree ci sono ipotesi investigative in corso che spero diano a breve risultati importanti. L’usura è la chiave di volta per entrare nelle attività imprenditoriali, commerciali e turistiche. Prima entrano con un piede, poi con due e alla fine rilevano la società lasciando spesso dentro il proprietario originale”.

Ciò che conta è che la vetrina splenda e il registratore di cassa continui, quando può, a riciclare il denaro dei clan napoletani e casertani. Non è detto che qualcosa di simile non sia accaduta anche a Pollica. Lì, negli ultimi tempi, troppe cose strane stavano accadendo (si vedano le mie inchieste sul Sole-24 Ore dei giorni scorsi). Ma in realtà tutto il Cilento da anni è sotto la lente di ingrandimento della magistratura. Uno dei primi atti di Di Pietro a Salerno fu quello di fare asse con la Procura di Napoli e tutte quelle dei due distretti di Corte d’appello e dare il via al monitoraggio delle opere abusive. “Siamo partiti – afferma il procuratore – ficcando il naso in capannoni industriali nei quali, stranamente, non si produceva nulla. Gli immobili abusivi sono migliaia e a breve ricominceremo con gli abbattimenti”. La camorra qui, nonostante i proclami di qualche amministratore cieco o in malafede, c’è e c’è da tempo.

Il turismo o, meglio, la sua trasformazione in un enorme lavatrice, fa talmente gola che nel primo summit del comitato antimafia a Salerno, tre giorni fa, gli investigatori hanno ragionato sull’ipotesi che la camorra abbia stretto un patto di interessi con la ‘ndrangheta per questo omicidio “educativo”. Del resto, prima di essere sconfitto, già negli anni Ottanta Raffaele Cutolo si unì in matrimonio di interessi con la ’ndrangheta. Ma quali cosche calabresi si sarebbero spinte a cercare un accordo qui a Salerno? Quelle “babbe” di Cosenza no. Se ci sono, sono quelle che da anni si infiltrano, operano direttamente o con prestanomi lungo la “mucca autostradale” Salerno-Reggio Calabria. Le cosche della Piana di Gioia Tauro dunque che, sebbene colpite, hanno ancora risorse da spendere. E sop
rattutto soldi che derivano dal traffico della droga che nel Cilento, non a caso, continua a circolare sempre più. Anche di questo si era accorto Angelo Vassallo.

 

PAROLA AL SINDACO DE LUCA

 

Il sindaco di Salerno, Vincenzo De Luca, non si nasconde dietro un dito e mi ha anticipato per il Sole-24 Ore quello che il 14 settembre dirà al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in visita nella città. “Inutile negarlo – spiega – siamo a 50 km da comuni come Casal di Principe e da altri impregnati di violenza criminale del casertano e del napoletano. Anche io notato un aumento dell’usura negli ultimi tempi e ho su questo allertato anche la Guardia di finanza. Sicuramente qui ci sono capitali sporchi reinvestiti in ogni tipo di attività ma noi sindaci non abbiamo strumenti di controllo e contrasto. Ho ancora negli occhi un bar del centro recentemente ristrutturato con capitali milionari. Impressionante. Ma quanti caffè, mi chiedo, deve vendere per rientrare dalle spese?”.

Il problema è destinato a esplodere nei prossimi mesi, quando saranno messe a bando le gare per una serie di attività commerciali sul lungomare in via di ristrutturazione sul modello barcellonese. De Luca è seriamente preoccupato e anticipa che chiederà alla Guardia di finanza e alla Direzione investigativa antimafia una mano per predisporre una griglia compatibile con le normative europee e italiane per evitare il possibile ricorso al Tar e che sia in grado di evidenziare le anomalie e selezionare così imprenditori puliti.

Il sindaco di Salerno nei prossimi mesi inaugurerà da una serie di opere pubbliche sulle quali la vigilanza è massima, anche se De Luca mette in luce un paradosso: spesso non c’è alcun collegamento tra l’intelligence dell’Interno e il ministero della Giustizia. E si spiega con un esempio. Alcuni anni fa, un’impresa che stava costruendo una strada e in possesso del certificato antimafia, è stata bloccata sei mesi dopo l’avvio dei lavori perché il ministero della Giustizia solo allora aveva aggiornato la sua banca dati processuale. Infine l’ennesima crepa che rischia di diventare un cavallo di Troia per le mafie. “Con la nuove regole – dice De Luca – i sindaci dovranno controllare a posteriori la regolarità dei lavori avviati. Capisco la semplificazione della burocrazia ma questa sarà una manna per i riciclatori e anche al Capo dello Stato farò presente che i Comuni non sono in grado di controllare”.

Forse non ci sarebbe riuscito neppure Vassallo che pure tirava notte per prendere a schiaffi gli spacciatori al porto di Acciaroli.

roberto.galullo@ilsole24ore.com

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  • Giovanni Farzati reporter Salerno |

    io sono un cronista di Reporter Senza Frontiere, vivo nel Cilento a Perdifumo, pochi chilometri da Acciaroli..l’analisi di Gaullo la condivido e apprezzo per la meticolosa ricostruzione di come il Cilento sprofondi sempre più nel melmoso mare camorristico. saluti 3333883594

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