ESCLUSIVO/10 Grande Fratello a Polsi: il capocrimine della ‘ndrangheta sarà nominato oggi a Mezzogiorno

Cari amici di blog grazie ancora per la continua e attenta lettura dei servizi che sto dedicando a quel che c’è dietro le inchieste milanesi e reggine sulla ‘ndrangheta (si vedano i precedenti 9 post in archivio).

Il tema che affronto oggi è in linea con i precedenti articoli, nei quali mi tormentavo (e mi tormento) sul fatto che mentre in Lombardia i politici fanno continuamente capo nelle inchieste di ‘ndrangheta, in Calabria questo non accade. O meglio: quando accade c’è una mano “invisibile”che cancella ogni traccia al momento opportuno.

Ebbene questa estate ho lasciato “decantare” le 2.654 pagine dei decreti di fermo della Dda di Reggio dell’inchiesta “Il Crimine” per riaprirle solo ieri (anche se, teoricamente, sarei ancora in vacanza).

Volevo vedere se persisteva la sensazione di sconcerto di fronte a una ‘ndrangheta rurale, che viene pedinata, seguita e intercettata mentre gioca con le “cariche” e con le “pedine” del suo scacchiere. Una sensazione di sconcerto perché di fronte a questa ‘ndrangheta con la pistola non compare, non viene intercettata, né seguita, né pedinata la ‘ndrangheta con la giacca e la cravatta che entra in politica, nelle professioni, nella chiesa, nella magistratura, nelle Forze dell’Ordine e in ogni ambito intellettuale (compreso il giornalismo).

 

LO SCONCERTO AUMENTA

 

Ebbene, lo sconcerto non solo è rimasto, è aumentato. Provateci voi a leggere 2.654 pagine in cui rincorrete solo “affiliazioni”, “santini”, “battesimi”, “quartini”, “leggende” e via di questo passo! Neppure un appalto buttato lì, un affare di secondo piano, un misero scambio di voti! Nulla di nulla! Mah! A me (e non solo a me) i conti non tornano del tutto e ancora non riesco a capire come un vecchietto di 80 anni sia stato spacciato per il capo della ‘ndrangheta. Il boss dei due mondi, manco fosse Garibaldi.

Ma facciamo conto che io non sappia né leggere né scrivere, ma sappia copiare e incollare.

E’ quello che farò oggi ma senza perdere il filo logico che sto inseguendo da settimane sul Sole-24 Ore e su questo blog.

Quelli che vi propongo sono passi che traggo da quei decreti di fermo e a parlare e non sono né io né i magistrati, ma sono le persone (gran parte delle quali arrestate o indagate) che lasciano traccia nella cornetta di un telefono o di una microspia.

Questi anelli ve li sottopongo oggi perché proprio oggi, 2 settembre, a Polsi, in Aspromonte, si celebra la Festa della Madonna che, a dispetto della Chiesa, raduna fedeli e boss di ‘ndrangheta che in questa occasione pianificano le strategie e per questo hanno bisogno di un pool di persone, un sinedrio laico o se volete una Corte costituzionale blasfema, che resta in carica un anno. Un solo anno. Il capo è detto “capocrimine” e per l’anno in corso il “capocrimine” fu scelto nella persona di Don Mico Oppedisano, sconosciuto ai più. Credete che esageri? Seguitemi e giungerete (forse, forse no e allora commentate sul blog) alla mia stessa sensazione di sconcerto.

 

LA PROPOSTA DI GATTUSO E L’OPPOSIZIONE DI PELLE

 

Francesco Gattuso è il soggetto che nel corso del summit del 19 agosto 2009 aveva proposto che la carica di capo-crimine 2010 fosse conferita a Domenico Oppedisano. Proposta che fu accolta nonostante il parere contrario di Giuseppe Pelle. Gattuso ha un’importante carica a livello di “provincia”: fa parte, infatti, per conto del mandamento di Reggio città, di una triade – gli altri due sono Antonio Papaluca per il mandamento tirrenico e Giuseppe Marvelli per quello jonico – abilitata a conferire una dote di alto livello della società maggiore, corrispondente alla “stella”.

 

…E’ UN VECCHIO, C’HA GLI ACCIACCHI…

 

Su don Mico Oppedisano così si esprime Bruno Longo, intercettato
: “…ora sanno chi ce li ha… adesso si sa… e allora, cioè a dire… (inc.)… è pieno di dolori e vecchio pure … sanno come è combinato e poi è capace che parlando magari lascia qualche, qualche spiraglio di comando… tutto sommato …”, evidenziando, così, l’aspetto di facciata di quel mandato. Per queste ragioni, precisa di non stimare costoro (riferito ai gruppi della Piana), esternandone a chiare lettere il disprezzo provato: “…li schifo in tutti i modi… (inc.)… per certe cose…(inc.)… allora praticamente sono innanzitutto equi e concordi e nello stesso tempo poi si possono amministrare perché loro lo sanno… lui praticamente…”. Come a dire: sebbene consci dell’inadeguatezza di Domenico Oppedisano, l’avrebbero candidato in quanto unico rappresentante che avrebbe potuto fargli ottenere lo scettro di comando.

Insomma: uno qualunque, da far giocare con santini e figurine e al quale affidare la carica di vecchio saggio e detentore delle tavole delle leggi di ‘ndrangheta. Gli affari no. Quelli sono un’altra cosa. Il potere? No, quello no, è un’altra cosa. Il rapporto con la politica, il cordone ombelicale con le logge, le penetrazioni nella Chiesa e nel giornalismo? No, quelle no. Sono cose serie che non possono essere affidate a un nonnetto con l’Ape car.

 

L’ARZILLO VECCHIETTO PASSA ED ENTRA IN CARICA…

A MEZZOGIORNO…

 

Comunque l’ottantenne don Mico Oppedisano ce la fa e di se stesso, appena eletto dice:  ci vuole un responsabile che deve tenere praticamente …… ogni cosa che si fa… si fa con l'accordo di tutti quanti … quando si fa una proposta si ascolta gli altri per vedere come la pensano in maggioranza tutto passa...”.

In un’altra intercettazione don Mico da Rosarno ricorda i bei tempi, quando i problemi si risolvevano diversamente:Eh dice, quando mai un figlio minaccia un ..inc.. facciamo le cose con gli accordi di tutti, non gli interessava, senza discussione senza chi e senza niente. Le cose giravano e non si faceva niente, se uno masticava, un'altro ingoiava (ndr modo di dire per intendere l'unità che c'era) a quel tempo, se facciamo parte della costa, da Reggio e da qua ci raduniamo (“ 'ndi cogghimu” ) non è che li facevamo come li ha fatte ..inc.. ci radunavamo da tutte e tre le ..inc.. tutti e tre cantoni, e si facevano le cose pulite pulite.) mentre adesso stanno succedendo un “sacco di porcherie” (Senza, caccia oggi, senza invidia senza storie e senza cose. E ma ora è successo, sta succedendo una porcheria con quattro miserabili chi infame e chi cornuto. ..inc.. perché giusto c'è la testa che non funziona. Se funzionasse la testa bene, se funzionasse la testa non era così il fatto.)

In un altro passaggio don Mico parla con Rocco Zangrà, che ride della carica di fronte a un don Mico compenetrato nella parte. Ecco il passo intercettato:

…omissis…

Rocco Zangrà: va bene!

Domenico Oppedisano: va bene? Che io…sono capo local…capo crimine là…a Polsi! (ndr lo stesso si corregge)

Rocco Zangrà: sì hanno passato già le novità …(inc)…a Polsi,…(inc)…

Domenico Oppedisano: capo crimine a Polsi…

Rocco Zangrà: (ride)… Oh zio !.. non è che dice…

Domenico Oppedisano: così usciamo sto discorso qua…avete capito?

…omissis…

Le decisioni assunte il 19 agosto 2009 sono state precedute da una serie di incontri certamente finalizzati a trovare un accordo per il conferimento delle nuove cariche; incontri, scrivono i magistrati nel decreto di fermo, che vedono assoluto protagonista Domenico Oppedisano, notevolmente aumentati con l’approssimarsi del matrimonio/summit in cui furono stabilite in pieno agosto le cariche. Quello che venne deciso il 19 agosto 2009 nel corso del matrimonio/summit, diverrà esecutivo al termine delle festa di Polsi.

Del resto la ricostruzione trova conferma anche da quanto emerso dalla conversazione ambientale intercettata il 24 agosto 2009 dalla quale emerge che
le cariche precedentemente stabilite (“le cariche si fanno altrove, prima”) vengono poi ufficializzate a Polsi ed entrano in vigore a mezzogiorno del 2 settembre (“le cariche il giorno dopo quella volta alla Madonna giorno 2 a mezzogiorno è entrata”).

 

 

OGGI IL NUOVO CAPO E LE SUE REGOLE….

 

Oggi a Polsi ci saranno più giornalisti che boss oltre alle solite litanie di una parte della Chiesa e le bigotte manifestazioni di parte dei credenti ma non è escluso che i capi della zona jonica, da sempre coinvolti in questo rito aspromontano, non cerchino di forzare il blocco mediatico e magari anche delle Forze dell’Ordine e in questi giorni siano chissà dove nei dintorni per decidere chissà cosa.

Quel che conta, però, è capire che costui, il “nominato”, se verrà insignito della carica di capo crimine, non sarà il nuovo capo della ‘ndrangheta, ma il custode delle leggi della ndrangheta rurale, conservativa, militare e militarizzata. Sarà il “vecchio saggio” a cui rivolgersi magari anche dal Piemonte e dalla Lombardia come pure l’inchiesta “Il Crimine” certifica.

Nella seconda parte della conversazione intercettata il 20 agosto 2009 emerge, inoltre, il periodo stabilito in cui conferire gradi e doti.

E don Mico decidere di…innovare, portando anche da uno/due a tre gli incontri a Polsi. Le regole valgono in Calabria, in Italia e all’estero. Tutta la ‘ndrangheta deve osservare la prescrizione imposta: “…dare cose niente a nessuno… due volte l'anno, tre volte l'anno, e prima che si fa lo devono sapere tutti pure a… pure gli ho messo la prescrizione a quelli di… di Milano la… i Milanesi… sono pure combinati male pure la… si devono aggiustare prima tra loro, e poi… la prescrizione è la stessa… due tre volte l'anno, e praticamente, se noi gli vogliamo dare una cosa… la Santa per dire a qualcuno no… glielo dobbiamo dire a Rocco e Rocco deve andare a trovare gli altri due carichisti…”.

In un’altra occasione don Mico fa chiarezza sulla nuova carica la cui denominazione “Cavalieri di Cristo”, da lui stesso ideata (“questa carica è nuova e l’ho portata io, questa adesso esiste…”) e di cui ha scritto anche la dicitura della formula (“la dicitura l’ho scritta così io …(inc) …. il codice l’ho inventato io”).

Insomma: un nonnetto innovatore!

 

MA LA CARICA CHE CONTA E’ A PLATI’…

 

Vediamo lo schema che si è verificato nell’estate 2009 per il 2010 a Polsi. A don Mico è stata concessa la carica speciale di “capocrimine di Polsi”, ad Antonino Latella di Reggio quella di “capo Società”, a Bruno Gioffrè di San Luca quella di “mastro generale di Polsi”, al “capo locale” di Africo, che i magistrati individuano in Rocco Morabito, figlio di Peppe Morabito detto il “nero” quella di “mastro di giornata di Polsi” mentre ad un soggetto di Platì quella di “contabile di Polsi”.

Insomma tra le 5 cariche, quella più importante, quella che regge la “cassa” è andata a Platì e non si sa neppure esattamente a chi. Un caso? No, non credo,

 

 

IL 41 BIS PER DON MICO PUO’ ATTENDERE

 

Ora quella con cui concludo è una storia fantastica, che alcuni giorni fa ho anche raccontato sul Sole-24 Ore. Il che non vuol dire che non sia vera. Anche se è ridicola tanto quanto il fatto che Don Mico Oppedisano, ottantenne venditore di sementi e pianticelle varie di Rosarno, è il capo dei capi della ‘ndrangheta.

Don Mico, che è detenuto a Reggio Calabria, non è neppure al 41 bis 8almeno questo fino a pochi giorni fa). Non è al carcere duro capite? Non è in isolamento, come
pure il suo “rango” vorrebbe.

Vi chiederete gloriosi lettori di questo umile blog: ma come? Al boss, al padrino delle cosche, al terrore della Piana di Gioia e di quella di Sibari, al mammasantissima che semina terrore financo a Milano e Toronto, non è stato applicato il carcere duro, l’isolamento estremo e peraltro facilmente violabile? Possibile? Si possibile. Per carità di Dio la richiesta sarà pure stata avanzata ma…con calma e per piacere.

Ma non vi disperate amici di blog. Non sarà neppure facile sottoporlo al regime di carcere duro: la sua storia criminale è prossima allo zero. Tanto per dirne una, gli uomini del Goa di Catanzaro, il Gruppo operativo antidroga della Guardia di Finanza – ovviamente inconsapevoli di trovarsi di fronte al cospetto di cotanto “padrino” dei due mondi – talvolta si saranno fermati a comprare ortaggi o qualche pianticella stipata nella sua scassata moto Ape car tra San Ferdinando e Rosarno.

E sapete che cosa ha detto, ovviamente in dialetto, agli uomini che sono andati ad arrestarlo il 13 luglio 2010? “Ma perché mi arrestate? L’assicurazione dell’Ape l’ho pagata!” Azzardo troppo se penso che l’Ape car sia in cima ai pensieri di questo arzillo ottantenne che una parte (piccolissima ma significatica) della magistratura reggina ha volutamente magnificato eleggendolo boss dei boss calabresi, mentre un’altra parte (la maggior parte) ne rideva?

Incredule, le Forze dell’Ordine l’hanno schiaffato in gattabuia dove è stato accolto con risa di scherno e cori da stadio: “Boss, boss, boss”. Radiocarcere racconta che al primo interrogatorio fosse così intimidito da indurre stupore negli uomini che si trovava di fronte.

E a proposito di Radio-carcere una notizia c’è. O meglio: ci sarebbe. Alcuni degli arrestati a Milano e in Lombardia nel corso dell’inchiesta “Il Crimine” avrebbero cominciato a collaborare con la Giustizia. E – se fosse vero – sarà interessante capire che cosa accadrà nei prossimi mesi/anni.

Certo che – sempre se fosse vero – vorrebbe proprio significare che non ci sono più gli uomini d’onore di una volta! Ma in che mondo viviamo? E allora: tutti a Polsi!

10 – TO BE CONTINUED (si vedano i precedenti 9 post in archivio)

r.galullo@ilsole24ore.com

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  • domenico |

    Egregio Dott. Galullo non vorrei essere troppo seccante,ma volevo ringraziarla per aver publicato il mio pensiero.
    Distinti saluti

  • domenico |

    Dott. Galullo, il mio parere è, anche se come descrivono il Sign. Oppedisano capo dei capi, e pur sempre una persona umana, con un cuore ed una fede, e non merita di essere preso in giro. Comunque la sua ape non era scassata,il fatto del 41 bis gli è stato già applicato e ne sono fortemente contrario,anche perchè non ha fatto ne omicidi e ne violenze.
    Cordiali saluti

  • Paola |

    Gentile dott Galullo, seguo da poco e con vivo interesse il Suo blog, e devo complimentarmi con Lei per la Sua arguzia e soprattutto per la Sua capacita’, rara di questi tempi, di ricostruire con lucidita’ i fatti riportati nei verbali delle inchieste sulla magia calabrese, ai quali Lei ha accesso per poter esercitare il sacrosanto diritto di cronaca. Ho da poco letto che il ministero della Giustizia ha deciso, dopo l’ultimo attentato ai danni del Procuratore Generale di RC, di stanziare 15.000,00 euro x le auto di servizio e 30.000,00 euro x lo straordinario dei dipendenti del tribunale di RC. credo che le suddette somme non basteranno neanche per i primi sei mesi. Ha idea il governo quanto costi la manutenzione di tutte le auto di servizio dei mAgistrati? Per non parlare del costo della benzina. Sullo straordinario sorvolo xche’ non credo sia quello il problema per risolvere le difficolta’ del sistema giudiziario. A quest’ora la mafia calabrese si stara’ sbellicando dalle risate. Purtroppo. Ps Sopra ho scritto magia calabrese ma intendevo mafia calabrese… Refuso di scrittura.

  • Edgardo Lamolinara |

    Ecco finalmente spiegata la figura di don Mico Oppedisano…ho come l’impressione che sia stato scelto apposta per farlo poi arrestare, un finto capro espiatorio!
    Paradossale come lo Stato arrivi sempre in ritardo nei confronti della ‘ndrangheta e delle sue decisioni!
    Di certo non poteva essere lui a gestire affari, traffici e appalti di un “gruppo” che fattura 50 miliardi di euro l’anno!
    Mi tornano in mente ancora di più i titoloni dei telegionali(varietà) che urlavano: “Arrestato il capo dei capi della ‘ndrangheta” !!!
    Che barzelletta!
    Edgardo

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