Cari amici di blog, come saprete da alcuni giorni sto scrivendo (tra quotidiano e questo umile blog) di mafia e criminalità cinese, prendendo spunto dall’operazione della Guardia di finanza che pochi giorni fa ha smantellato una supposta associazione a delinquere che in poco più di 4 anni ha riciclato 2,7 miliardi proprio in Cina partendo da Prato e Firenze.
In questo viaggio nella mafia cinese è interessante – prima di addentrarsi nel capitolo economico/finanziario, oggetto del prossimo post – effettuare un viaggio all’interno della geografia criminale in Italia.
LA MAPPA DELLE “TRIADI” IN ITALIA
A Roma ci sono i gruppi che fanno capo alle famiglie di Liao, Zhou e Wang, che
pare abbiano influenza anche su altre zone del Paese. Le organizzazioni “Uccello del paradiso”, “Alleanza orientale” e “Testa di tigre” sono state praticamente smantellate con operazioni di polizia e sentenze di condanna. Il Lazio e la Campania, con società esistenti a Roma ed interessate all’importazione delle merci che arrivano nel porto di Napoli, sono le regioni di grandi affari per la criminalità cinese.
Numerose sono le famiglie operanti in Toscana, spesso collegate con quelle esistenti in Francia e in Puglia.
La colleganza con gruppi residenti in altre zone del territorio nazionale e anche all’estero, rende più pregnante il carattere mafioso di queste organizzazioni, dilatandone l’influenza e il volume degli affari sporchi.
In Piemonte predominano i reati legati all’immigrazione, allo sfruttamento della prostituzione e alla droga.
In Lombardia, luogo di gestione e smistamento degli immigrati, si sono sviluppate le banche clandestine e la criminalità finanziaria. Sono state sinora sgominate le organizzazioni denominate “Testa di serpente” e “Sole”.
Il Triveneto è luogo di transito e conseguentemente di illeciti legati al lavoro nero.
In Emilia Romagna elevato è il numero dei reati di violenza contro le persone ed il patrimonio.
Nelle Marche, Ancona è uno dei porti di arrivo dei clandestini ed è sede di numerosi opifici tessili.
La Puglia è caratterizzata dall’essere tuttora uno dei punti d’approdo dell’immigrazione clandestina.
Mentre in Calabria allo stato non si registrano fatti di interesse rilevante, in Sicilia Ragusa e Lampedusa sono i luoghi dove più alto è il numero degli sbarchi – gli effetti dei recenti accordi con la Libia sono ancora da analizzare – e a Catania è stata contestato a un gruppo di cittadini cinesi, cosa piuttosto rara, il reato di cui all’articolo 416 bis del codice penale
COME SI ESCE DALLA CINA
I cinesi che vogliono emigrare si rivolgono a consorterie criminali presenti in Cina, che sono in stretto contatto con quelle esistenti nel Paese di destinazione.
L’organizzazione del viaggio è meticolosa e per i più abbienti avviene visti turistici rilasciati dalle ambasciate europee di Pechino e l’acquisto di un biglietto di andata e ritorno. Arrivati a destinazio
ne il passaporto viene rispedito in Cina, previa apposizione del visto di reingresso, e serve per altri emigranti, mentre il cinese giunto in Italia riceve un passaporto falso.
Altri sistemi sono i visti per affari o per viaggi aziendali, oppure l’uso di passaporti coreani o giapponesi che non necessitano di visto per i paesi dell’area Schengen. E ancora gli asiatici arrivano con i traghetti provenienti dalla Grecia con falsi permessi di transito o di ingresso.
Se si vogliono invece utilizzare i valichi non protetti delle frontiere, ci si rivolge a guide appartenenti alle organizzazioni criminali – le cosiddette “teste di serpente” – che poi si avvalgono per l’attraversamento dei vari paesi – a esempio la Russia – dei cosiddetti “passeurs”.
LE PRINCIPALI ROTTE
Le rotte sono prevalentemente:
1) via terra attraverso la Russia e i Paesi dell’Est, magari facendo lunghi giri passando per il Cairo, per arrivare poi in Slovenia;
2) via mare, una volta con i gommoni che partivano dall’Albania, ora soprattutto da Malta, dove ci sono false scuole per apprendere la lingua inglese a cui i cinesi si iscrivono. Ma le rotte sono molte e non sempre la destinazione ultima del viaggio è l’Italia. “Questo fa capire – spiega Olga Capasso – come le organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dell’immigrazione clandestina abbiano carattere internazionale, nel senso che operano collegate fra loro”.
Gli ingressi si concentrano:
1) nel Friuli – Venezia Giulia e in Liguria (Ventimiglia) per i clandestini che arrivano rispettivamente dalla Slovenia e dalla Francia;
2) le coste della provincia di Ragusa per quelli che arrivano da Malta;
3) le coste adriatiche e gli scali aeroportuali di Roma e Milano.
A questo punto i “passeurs” affidano i viaggiatori ai gruppi criminali cinesi che operano in Italia. I clandestini vengono prima portati in luogo sicuro in attesa che i familiari in Cina paghino la seconda tranche del prezzo del viaggio. Questi luoghi sono appartamenti o casolari dove gli irregolari vengono sottoposti ad ogni tipo di vessazione perché paghino le somme dovute, con minacce anche ai familiari in Patria che si erano presi l’impegno. Oppure possono essere offerti, sempre in cambio del pagamento del prezzo del viaggio, a connazionali che li adoperano per il lavoro nero in condizioni disumane, fino a recuperare quanto è stato pagato per loro.
A quelli che possono pagare di più vengono offerti anche false assunzioni di lavoro e, spesso attraverso la corruzione dei pubblici ufficiali preposti, tutta la documentazione necessaria per il ricongiungimento familiare.
L’OPERAZIONE ZHONG GUO E I SISTEMI DI PAGAMENTO
La recente operazione “Zhong Guo” della Direzione investigativa antimafia ha cercato di illustrare le modalità del fenomeno.
Il traffico di cittadini cinesi Italia in linea generale si articola attraverso:
1) l'ingaggio delle vittime nei paesi di origine, mediante una serie di modalità
diverse (per inganno, per debito, per sequestro);
2) il procacciamento dei documenti di viaggio e soggiorno spesso falsificati,
attività in genere svolta nel paese di destinazione;
3) il trasporto delle vittime verso la destinazione finale;
4) i contratti stipulati da affittuari prestanome;
5) lo sfruttamento lavorativo e/o sessuale dei trafficati;
6) il reimpiego dei proventi dello sfruttamento.
Il traffico dei cittadini cinopopolari è caratterizzato dalla transnazionalità e viene
svolto congiuntamente da cellule criminali di diverse etnie.
Infatti alla partenza i clandestini consegnano ad un referente dell’organizzazione due foto, una per il documento di viaggio e l’altra per farsi riconoscere dai cosiddetti “accompagnatori”. Una parte del prezzo pattuito (metà od un terzo del totale che si aggira mediamente intorno ai 15.000 euro) viene anticipata, mentre la parte restante viene corrisposta da un “garante” all’arrivo a destinazione.
Durante il viaggio, gli “accompagnatori” mantengono le vittime in un continuo stato di assoggettamento psicologico, ricorrendo a minacce e violenze nel caso di inosservanza delle regole impartite. L’organizzazione di trafficanti inoltre si adopera per la produzione od il reperimento di documenti falsi necessari per l’espatrio degli immigrati.
In relazione alle rotte del traffico, vengono generalmente preferite quelle che attraversano Paesi con legislazioni meno rigide, o con i quali la Cina ha stretto accordi bilaterali.
La ripartizione del pagamento in due soluzioni nasce dalla incertezza circa la riuscita del viaggio e garantisce gli interessi contrattuali alle due parti: l’arrivo a destinazione e la riscossione della somma pattuita.
L’OPERAZIONE BLACK BAGS
Il 2 novembre 2008 presso lo scalo aereo internazionale romano di Fiumicino, la Polizia di Stato nell’ambito dell’indagine "Black Bags", ha arrestato 3 cittadini di
etnia cinese responsabili di immigrazione clandestina. L'attività investigativa è stata avviata a seguito di alcuni controlli sulle rotte da Hong Kong operate dalla compagnia aerea “Cathay Pacific”. Dalla cittadina cinese giungevano i clandestini, tutti muniti di regolari documenti di riconoscimento. Una volta giunti a Roma, in transito, venivano avvicinati dagli organizzatori del viaggio muniti di
valigette 24 ore. All'interno, gli agenti hanno scoperto l'esistenza di un doppio fondo dove erano occultati passaporti contraffatti con gli stessi dati anagrafici corrispondenti agli originali delle persone giunte a Roma, ma di nazionalità malese. Questi ultimi, con i nuovi passaporti contraffatti, proseguivano il viaggio verso Caracas o San Paolo del Brasile.
Strettamente legato al fenomeno migratorio cinese appare lo sfruttamento lavorativo di connazionali, utilizzati come manodopera illegale nei settori tessile e manifatturiero. “L’utilizzo di manodopera irregolare – conclude nella parte di relazione il sostituto procuratore nazionale antimafia Olga Capasso – talvolta con modalità prossime alla riduzione in schiavitù, determina peraltro un decisivo abbattimento dei costi di produzione, consentendo alle attività gestite dai cinesi di porsi sul mercato in condizioni di assoluta competitività”.
E per il momento ci fermiamo qui. Nel prossimo post di domani scopriremo insieme le banche fai-da-te dei cinesi e i sistemi di riciclaggio.
2 – to be continued
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Criminalità italo-cinese: il ruolo delle verifiche e dei controlli delle banche nelle operazioni a rischio riciclaggio.
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