Adorati amici di blog, come sapete questo è il terzo giorno nel quale affronto su questo blog la relazione del procuratore generale di Reggio Calabria Salvatore Di Landro. Per due giorni ho anche affrontato il tema sul Sole-24 Ore. L’eco è stata vasta e tutti i media locali hanno ripreso le notizie. Lo stesso Di Landro è stato oggetto di uno strano episodio: la sua macchina blindata arrivata da Roma ha avuto un incidente in pieno centro a Reggio. Di Landro non era a bordo e dai primi rilievi molti bulloni della ruota, saltata, sembrerebbero stati boicottati. Anche questa notizia, che ieri ho dato per primo sul Sole-24 Ore, è stata ripresa a mani basse.
Come ho scritto più volte – e ricapitolo – la relazione di Di Landro (avallata da autorevoli fonti interne coperte da riservatezza e che ieri ho riportato sul Sole) contempla questo: dietro la bomba c’è la mano (ovviamente) della ‘ndrangheta preoccupata da una parte dal nuovo corso in sede di Corte d’appello e dall’altra dalla mannaia della magistratura proprio mentre le cosche reggine si stanno piazzando per spartirsi la ricca torta milionaria dei lavori per il Ponte sullo Stretto.
A latere di questa storia c’è la sostituzione di un sostituto procuratore Francesco Neri al quale ho ufficialmente chiesto per mail ieri un’intervista o la sintesi delle memorie che ha depositato al Csm che poche settimane fa lo ha cautelarmente spostato di ufficio e funzioni. Lo stesso Neri – che non mi ha ancora risposto e ve ne darò conto se lo farà – è titolare di un delicatissimo processo che vede l’ìmprenditore Antonio De Masi contro tre banche nazionali che hanno applicato (così dice la sentenza di primo grado di Palmi) tassi usurari. Su questo processo massima è l’attenzione.
LA PRESSIONE DEI POTERI FORTI
La relazione di Di Landro sul punto è completa e, permettetemi (proprio per la correttezza professionale e personale che mi contraddistingue da sempre) ometterò alcuni duri commenti che necessiterebbero di quel contraddittorio che, appunto, a Neri ho richiesto. In attesa di quello, riporterò una fedele sintesi della parte che si riferisce alla presunta presenza di pressioni e poteri forti.
Per prima cosa Di Landro distrugge la tesi dell’attentato legato al processo sulle banche di cui Neri è titolare. “La correlazione tra le due vicende – scrive il procuratore generale – è palesemente inesistente. Tale aspetto, palesemente, non rientra nell’oggetto della presente vicenda. Io ne ho preso conoscenza dall’Ispettore capo del ministero della Giustizia, al quale il dr. Neri avrebbe detto che le pressioni sarebbero state fatte addirittura da me per conto di un personaggio “potente e pericoloso di Roma”. Premetto, in termini categorici e perentori, che né nei confronti del dr. Neri, né di altro magistrato, mai, durante tutta la mia vita ho esercitato pressioni di alcun genere…OMISSIS….”
COMPARE IL SUPERPREFETTO DE SENA
Dopo l’omissis che ho volutamente, ripeto, inserito, Di Landro racconta nel dettaglio chi e come avrebbe fatto pressioni, al solo scopo ovviamente di smontare la tesi. Insomma, si parla dell’”uomo pericoloso”.
“Oltre due mesi fa ricevetti una telefonata del vicepresidente della commissione parlamentare antimafia, senatore Luigi De Sena….- spiega Di Landro – ….Nel corso di tale conversazione telefonica, in prossimità delle allora imminenti festività natalizie, il senatore De Sena mi chiese notizie sullo stato di tale processo per usura, che io diedi in modo generico perché tra l’altro non ne ero particolarmente informato. Tutto qua….OMISSIS…”.
Di Landro, che si sofferma sul suo rapporto con Neri che ometto, riassume poi sinteticamente “l’assurdità e la ridicolaggine” dell’ipotesi di sue pressioni su Neri per ben 3 motivi:
1) “non rientra neppure nel mio immaginario fare pressioni sui colleghi”;
2) “non avevo alcun interesse né personale né indiretto per effettuarle, perché con il dottor De Sena non avevo un rapporto tale da dover subire e trasmettere le sue pressioni”;
3) “certamente il dr. De Sena non si sarebbe mai sognato di farmele, ma è impossibile che chicchesia chiami per telefono per fare pressioni del genere, sia conoscendo la mia integrità morale, sia, ancor prima, per la sua corrispondente integrità morale!”
Di Landro ribadisce dunque di essersi comportato con spirito di lealtà e sottolinea che avrebbe potuto semplicemente segnalare il caso a Neri. “Invece – prosegue il procuratore generale – gli è stato da me narrato in tutti i particolari, con la grande serenità e chiarezza che mi contraddistingue e omettendo soltanto il nome dell’autore della telefonata per la doverosa correttezza nei suoi confronti”.
Il nome Di Landro l’ha fatto agli ispettori ministeriali e poi l’ha scritto nero su bianco nella relazione spedita al ministro Alfano, “perché non potevo non rivelare il nome dell’uomo…pericoloso”.
Caduta dunque, nella ricostruzione di Di Landro che evidentemente in quasi tutto (o tutto dice taluno) è stata fatta propria dal Csm che ha disposto in via cautelare l’assegnazione a Neri di altri uffici e funzioni, non resta che riavvolgere il nastro e tornare all’inizio: una bomba che la ‘ndrangheta ha messo per impedire il nuovo corso che non prevede sconti in appello e per avvertire la magistratura che non vuole perdersi neppure una briciola della torta miliardaria del Ponte sullo Stretto.
E’ chiaru stu fattu?
Aspettiamoci sangue. E lacrime (comprese quelle di coccodrillo della politica parolaia che magari prima si sarà riunita in una loggia segreta per fare la scorta di fazzoletti).
3 – the end (le precedenti puntate sono state pubblicate su questo blog l’8 e il 9 giugno)
p.s. Non dimenticate di acquistare solo in edicola il mio libro “Economia criminale” che sulla Calabria e sui poteri forti ha un ampio capitolo. Se avete difficoltà a reperirlo…rivolgetevi nelle edicole a fianco. Abbiate pazienza, credo che ne valga la pena!