Ricevo e molto volentieri pubblico:
Partecipando all’incontro con Roberto Galullo a Rimini per la presentazione di “Economia Criminale”, ho ascoltato le critiche alle legge 93/2008 di cui sono stato promotore e mi sono reso conto di come possa essere diversa la percezione per un osservatore con poca dimestichezza delle vicende sammarinesi. Proverò ora a rispondere alle obiezioni sollevate già nel corso della serata, spiegando perché ritengo quella legge una preziosa conquista che segna l’inizio di una svolta verso un Paese più moderno e più giusto e che, non a caso, è stata fortemente osteggiata dal mondo bancario, timoroso di andare a ledere un segreto destinato a dissolversi pochi anni più tardi, così come da parte di certi affaristi appartenenti a quei poteri forti con molti legami nel mondo politico che infatti sono riusciti a provocare una prima crisi di Governo, proprio su questa legge nel 2007, e la successiva e definitiva rottura della maggioranza di allora nemmeno un anno dopo. Legge che ha riscosso il consenso della stragrande maggioranza degli Avvocati sammarinesi, così come di molti Magistrati, con qualche distinguo solo da parte di chi, pur condividendone i principi, nutriva qualche preoccupazione per un inevitabile aumento del carico di lavoro dovuto a maggiori adempimenti da svolgere.
Il contesto di riferimento
Per una corretta comprensione delle modifiche introdotte con la legge 93/2008, ribattezzata “del giusto processo”, va innanzitutto osservato che a San Marino vige ancora il Codice di Procedura Penale del 1878 (non è un errore, si tratta proprio del XIX secolo!) fondato su un rito totalmente inquisitorio, in cui cioè il Giudice può formare le prove esclusivamente in istruttoria, e non nel dibattimento pubblico, e non è nemmeno necessaria la presenza dell’indagato che può quindi ritrovarsi rinviato a giudizio senza nemmeno avere saputo di un’inchiesta aperta a suo carico. Interpretando la norma in maniera rigorosa, il Giudice a quel punto potrebbe assumere le prove già formate in istruttoria e rendere pressoché inutile il dibattimento.
Non va dimenticato poi che, fino a pochi anni fa, il Magistrato che conduceva le indagini era lo stesso chiamato poi a giudicare… sulla base delle accusa da lui stesso formulate! San Marino ha subito numerose condanne da parte della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo proprio su questi temi tanto che da ben 35 anni si parla di un nuovo Codice di Procedura Penale senza che nessuno ci abbia mai lavorato seriamente. L’articolo 6 della Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo sancisce proprio i diritti dell’imputato ad un equo processo e “ad essere informato nel più breve tempo possibile delle accuse a suo carico”.
In questo quadro, e consapevoli delle difficoltà, soprattutto in termini di tempo, che avrebbe comportato l’adozione del nuovo Codice, abbiamo deciso di varare una legge stralcio che ponesse rimedio ai principali problemi che si erano manifestati nel corso degli anni.
Aggiungiamo anche che il Giudice Inquirente è il solo titolare dell’azione penale e la esercita di fatto senza alcun controllo e senza dovere rendere conto a nessuno, tantomeno all’indagato o alle parti offese. Se, ad esempio, un cittadino denuncia un misfatto di cui è stato vittima, magari ad opera di qualcuno “che conta”, il Giudice potrebbe anche decidere di non svolgere alcuna indagine lasciando raggiungere i termini della prescrizione, oppure di archiviare il fascicolo senza motivazioni di sostanza, protetto dalla più stretta segretezza che nemmeno il Magistrato Dirigente può violare (in quanto non riveste funzioni di Procuratore Capo ma solo organizzative).
A differenza della procedura italiana, infatti, non ci sono un PM titolare delle indagini e un GIP che controlla la legittimità e le motivazioni alla base degli atti che il PM gli chiede di convalidare. A San Marino è tutto nelle mani del Giudice Inquirente e di lui solo.
Con la norma introdotta invece, il Magistrato è tenuto a pubblicare comunque il processo prima di archiviarlo, avvertendo le parti qualora non l’avesse già fatto, e queste hanno la facoltà di appellarsi all’archiviazione richiedendo che l’istruttoria sia affidata ad altro Giudice.
Nessuna segretezza per le indagini?
Riguardo alla Comunicazione Giudiziaria (simile all’Avviso di Garanzia italiano), proprio per evitare che qualcuno facesse il furbo (magari evitando di ritirare raccomandate provenienti dal Tribunale) si è deciso che il Magistrato è tenuto a inviarla, all’ultimo domicilio conosciuto, a prescindere dal fatto che questa sia effettivamente ricevuta. Quando infatti si dice che il Giudice fa in modo che l’indagato POSSA partecipare agli atti”, non significa che se questi non partecipa gli atti sono nulli. All’indagato (se conosciuto e se reperibile) viene infatti data la facoltà di farlo, ma resta suo diritto non prendervi parte, e l’inchiesta procede ugualmente.
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