Abusi nelle intercettazioni. Il Procuratore capo della Direzione nazionale antimafia (Dna) Piero Grasso – rinnovato nella carica per altri quattro anni e dunque più sereno – ne ha timidamente accennato in una conferenza stampa poche ore fa. Abusi, dice lui, che hanno a volte spedito sulle prime pagine dei giornali persone che nulla avevano a che fare con le inchieste. Abusi, dice lui, che costano anche molto alla collettività in termini di costi economici.
Francamente quest’ultima battuta Grasso poteva anche risparmiarsela: quanti soldi la collettività guadagna – solo per fare un esempio – da intercettazioni che consentono un seppur lungo e tortuoso iter per sequestrare e confiscare beni mafiosi, mobili e immobili, da restituire alla collettività?
Per quel che mi riguarda – ho un’idea tutta mia e non è detto che sia giusta – me ne fotterei tre quarto o poco più anche del fatto che persone non coinvolte finiscano sulle prime pagine di un giornale perché magari sorprese a esprimere giudizi su terzi o a balbettare prodezze amorose con l’ultima e stupida stellina televisiva. E’ questo il prezzo che bisogna pagare per la piena libertà di stampa? Bene lo pago e non c’è dubbio che se sbaglio – se sbatto in prima pagina intercettazioni maliziose o inutili – poi pago dazio. Ma di qui a prendere questa scusa per dire che le intercettazioni non vanno pubblicate…
Peccato che Grasso – che pure ne è a conoscenza da anni – non abbia parlato dei veri abusi all’intelligenza dei magistrati impegnati sul fronte antimafia che sono le doppie e – talvolta – triple intercettazioni: un vero e proprio guaio per le Procure italiane. Un guaio che, anziché diminuire, cresce negli anni. Eppure a Grasso – tanto è inutile tenere le cose nascoste, c’è sempre almeno un giornalista scassaballe che tira fuori le notizie senza guardare in faccia a nessuno – sarebbe bastato sfogliare l’ultima relazione (dicembre 2009) della Dna per criticare le distorsioni.
Di questa analisi ne ho scritto sul Sole-24 Ore di ieri, domenica 30 maggio, e i riscontri non sono mancati. Il Procuratore di Milano Armando Spataro mi ha chiamato (lo ringrazio anche per l’ammirazione che ho sempre provato per il suo straordinario lavoro) per dirmi che a volte le doppie intercettazioni sono volute perché, a esempio, operate in contesti processuali diversi ed è giusto che l’intercettato non sappia che l’attività intercettativa continua a sua insaputa
La critica della Dna è dunque utile alla causa: gli errori servono per riparare e ripartire. E invece in Italia molti hanno interesse a celare, celare, celare…
LA RELAZIONE SULLE TELECOMUNICAZIONI
A Grasso sarebbe bastato parlare dei dati – capisco imbarazzanti – raccolti dal sostituto procuratore Alberto Cisterna. Parlano da soli: dal 1° luglio 2008 al 30 giugno 2009 l’Ufficio ha curato l’inoltro di 1.167 note alle procure della Repubblica sul territorio nazionale, rappresentando la contestuale sovrapposizione di 2.334 provvedimenti di intercettazione. Numeri consistenti che testimoniano la convergenza operativa e investigativa di molte investigazioni verso i medesimi soggetti e gruppi criminali (il trend in crescita negli anni scorsi appare sostanzialmente stabilizzato: il numero delle segnalazioni è passato dalle 896 del 2005, alle 1096 del 2006, alle 1.163 del 2007, alle 1.230 del 2008).
Talvolta le attività intercettative si sovrappongono casualmente (relativamente a una sola utenza); in altri casi la coincidenza dei bersagli è costante nel tempo, a conferma di un medesimo filone investigativo esplorato simultaneamente da varie procure.
IL NODO? LA DNA NON CONTA UN PICCHIO SU QUESTO FRONTE
Voi vi chiederete, amati lettori del mio umile blog: ma allora come si fa a evitare questo spreco di energie umane e risorse economiche? Semplice: basterebbe porre in capo alla Direzione nazionale antimafia la piena responsabilità di vigilare e controllare, evitando doppioni e inchieste della Procura della mano destra che non sa quel che sta facendo la Procura della mano sinistra. E invece?
E invece la Dna ha limitati poteri legislativi e si arrabatta come può.
Leggete quanto scrive Cisterna: “A questo dato occorre associare, o meglio, ribadire la conferma della notevole e grave dispersione informativa che si verifica in ragione della mancata estensione alla Dna della facoltà di accesso che l’art.117 comma 2-bis Cpp accorda al registro notizie di reato e al registro misure di prevenzione (ex legge 94/09), al registro intercettazioni e dei provvedimenti di acquisizione dei tabulati.
Si tratta di un deficit normativo che la Procura nazionale antimafia ha inteso
superare attraverso una consultazione/accordo con gli uffici interessati
sottoposto in via preventiva alla valutazione del Garante per la protezione dei
dati. Solo con nota del 23.9.2009 l’Ufficio del Garante che nulla osta
all’organizzazione presso il Servizio intercettazioni della Dna di una raccolta di dati relativi alle intercettazioni laddove esse non si svolgano simultaneamente e analogamente potrebbe procedersi per i decreti di acquisizione dei tabulati, per
i quali la sovrapposizione investigativa non viene segnalata dai gestori”.
Però? Però “…resta il problema di individuare un correttivo che, al di là delle buone prassi e dell’atteggiamento cooperativo e comprensivo dei magistrati delle procure interessate, formalizzi il ruolo svolto dalla Direzione nazionale antimafia in questo settore, come in quello ad esso contiguo della segnalazione di doppie intercettazioni sulla medesima utenza. Il trend del fenomeno appare
significativo, sotto un profilo d’analisi più generale, del progressivo convergere
degli uffici inquirenti verso una sorta di nucleo condiviso di investigazioni
trasversale ai vari circondari e distretti. Gli spazi d’intervento a disposizione
dell’attività di coordinamento della Direzione nazionale antimafia sono certo
ampi e mai come in questo settore la presenza dell’Ufficio appare
indispensabile e tempestiva al fine di evitare che convergenze investigative non
altrimenti censite o rilevabili cagionino pregiudizio per le indagini in corso
presso vari uffici o presso diversi pubblici ministeri…
In ogni caso risulta l’azione di collegamento e raccordo che la Dna ha svolto negli ultimi anni sul versante delle segnalazioni di doppie intercettazioni consegna risultati apprezzabili, essendo proprio la segnalazione in questione l’occasione per individuare sovrapposizioni investigative meritevoli di coordinamento nazionale. Il contatto constante e lo scambio di informazioni con gli operatori telefonici al fine di dare attuazione ai decreti di intercettazione che coinvolgono medesime utenze ha registrato un “picco” d’intervento nel momento critico in cui i gestori Tim e Wind ha subito malfunzionamenti degli apparati con il conseguente accumulo di provvedimenti d’intercettazione rimasti per parecchio tempo inevasi”.
LA DISATTENTA PROCURA DI MILANO
Insomma, più di così la Direzione nazionale antimafia non può e benvenuto sarebbe un intervento del legislatore che invece ha ben altro a cui pensare: legare le mani alla magistratura e imbavagliare i giornalisti. In altre parole: uccidere la democrazia. Bazzecole, pinzillacchere direbbe Totò. Allegria, direbbe qualcun altro che non nomino, non fosse altro che per il fatto che per una vita ha lavorato con Sua Onnipotenza Onnivora, da 16 anni politico di questo fottuto Paese.
Certo è che qualche Procura ce la mette proprio tutta per complicarsi la vita. Prendiamo quella di Milano a esempio, per la quale il sostituto procuratore nazionale antimafia Roberto Pennisi, da alcuni anni (nessuno può dunque dire: non sapevo) batte
la lingua dove il dente duole nel silenzio di tutti. Lo ha fatto anche nell’ultima relazione sul distretto della Corte di appello di Milano, consegnata nelle mani di Grasso a dicembre 2009. Leggete cosa scrive a proposito del fenomeno “fisiologico e patologico” delle doppie intercettazioni: “…a fronte del numero totale di 474 doppie intercettazioni dello scorso anno (di cui n. 367 doppie intercettazioni tra la Procura della Repubblica di Milano ed altri Uffici di procura d’Italia e n. 107 all’interno del medesimo Ufficio milanese), nel periodo preso oggi in considerazione il numero totale è stato di 493, di cui n. 370 quelle tra Milano ed altri Uffici e n. 123 quelle verificatesi all’interno della stessa Procura.
L’incremento del totale non appare eccessivo, mentre preoccupante è senz’altro l’aumento del numero delle doppie intercettazioni “interne”, che era già elevatissimo lo scorso anno, e nel corrente vede un ulteriore incremento che porta al 25% la percentuale sul numero complessivo.
Ed il dato è ancora più allarmante se si considera che il fenomeno patologico
riguarda soprattutto le indagini in tema di narcotraffico, che invece sono
diminuite come numero di iscrizioni, e non invece quelle sulle associazioni
mafiose che invece, come visto, sono aumentate.
Invero è rarissimo, se non addirittura impossibile, che indagini di tale ultima
specie possano portare a convergenze investigative all’interno del medesimo
Ufficio.
E’ inutile ripetere, a questo punto, che sarà sempre tardivo un intervento
all’interno dell’Ufficio milanese che valga a porre rimedio al rilevato
inconveniente (la cui soluzione, in realtà, non sarebbe particolarmente
impegnativa), specie in un periodo storico, quale quello attuale, in cui
l’eccessivo numero di intercettazioni, sia telefoniche che ambientali, allarma, a
torto o a ragione, la collettività”.
Avete letto bene? Non solo doppie intercettazioni per mancato coordinamento tra diverse Procure in Italia, ma persino tra uffici della stessa Procura di Milano. In altre parole: due magistrati vicini di stanza, che magari prendono il caffè insieme e parlando di donne e motori tra una pausa e l’altra, stanno intercettando la stessa persona e non solo non lo sanno ma neppure fanno in modo di farlo sapere.
Ma dico io santi magistrati: perché farsi del male con le proprie mani? Perché dare la possibilità alla politica parolaia e antidemocratica di attaccarvi e delegittimarvi? Perché? Ditemelo, ditecelo in nome di quel poco che resta della democrazia in questo fottuto Paese…
1. to be continued
P.S. Continuo a ricevere lamentele per il fatto che il mio libro “ECONOMIA CRIMINALE –Storie di capitali sporchi e società inquinate” in vendita solo in edicola fino al 20 giugno, insieme al Sole-24 Ore, è negato da molti edicolanti che magari neppure sanno di averlo. Abbiate pazienza: continuo a segnalare queste distorsioni all’Editore ma voi usatemi la cortesia di rivolgervi magari all’edicola accanto. Mi scuso per i disservizi (sono il primo a subirli, ahime!)