Intercettazioni e bavaglio alla stampa: lavori parlamentari e strategie mafiose corrono di pari passo

Un accostamento da brividi tra lavori parlamentari e strategie mafiose.

A gridare forte il paradosso, nel corso dell’incontro organizzato il 20 maggio al Palazzo di Giustizia di Palermo dall’Anm (Associazione nazionale dei magistrati) in ricordo della strage di Capaci, è stato un magistrato: Antonino Di Matteo, della Direzione distrettuale antimafia.

Di Matteo, che ha parlato davanti a una platea di magistrati, Forze dell’Ordine e oltre 200 studenti, ha toccato tutti i nervi scoperti nel rapporto con la politica, a partire dal disegno di legge sulle intercettazioni telefoniche che, ha affermato “provocherebbe un arretramento sostanziale nella lotta alla mafia. La sordina al lavoro giornalistico e alle indagini della magistratura equivale al silenzio sui fatti di mafia che è sempre stato l’obiettivo primario di Cosa Nostra. Sono cresciuto con indagini giornalistiche che forse domani non potrete più leggere. Il silenzio su un’indagine, il fatto di non poter neppure pubblicare la notizia e il terreno di cultura della mafia e di insabbiamenti di ogni genere. C’è chi vuole sudditi che non devono conoscere, capiore, essere informati ma essere insufflati e diretti dal politico di turno”.

Poi l’affondo a poche ore dal ricordo del diciottesimo anno dalla strage di Capaci, avvenuto il 23 maggio del 1992 che ha visto poi la solita patetica sfilata di politici parolai. “Il panorama sociale e politico sembra avere smarrito i valori che Falcone e Borsellino incarnavano – ha spiegato Di Matteo – Non ci piacciono le parate e le sfilate ufficiali di tanti che tentano di appropriarsi della memoria di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e che spendono poi gran parte delle energie per screditare la magistratura e denigrarla. Provo preoccupazione e un forte disagio per il tentativo di burocratizzare il ruolo. Il fine ultimo e incoffessabile è limitare il controllo di legalità. Molti politici sono insofferenti a questo contrappeso del potere politico”.

LA MEMORIA TRADITA

Di Matteo, appassionato magistrato nel mirino delle cosche, titolare di alcune tra le più delicate indagini di mafia, non ha usato mezzo misure in quel convegno che ha attirato l’attenzione dei giovani ma non quella dei suoi colleghi: in aula, nel Palazzo di Giustizia, c’erano quattro gatti tra le toghe e – chissà perché – nessun politico.

Oggi – ha detto Di Matteo di fronte a Maria, la sorella del giudice trucidato a Capaci – sarebbero preoccupati anche Falcone e Borsellino di fronte a queste continue, sistematiche delegittimazioni. C’è chi ci ha chiamato delinquenti, chi deviati mentali e nati per fare del male”

Rotto il ghiaccio, i colleghi che si sono alternati sul palco hanno seguito la scia. Vincenzo Olivieri, presidente della Corte d’Appello di Palermo, ha dichiarato che “i politici vogliono insegnare ai magistrati cosa fare e cosa non fare. Autonomia e indipendenza della magistratura sono in pericolo e se non c’è chi fa rispettare la legge, quest’ultima non può essere uguale per tutti. C’è chi vuole una giustizia assecondata ai potentati politici, forte con i deboli e debole con i forti”.

La tensione si è sciolta quando Luigi Croce, procuratore generale della Repubblica di Palermo, ha orientato la bussola sul rapporto tra magistratura e società civile, anzi: società degli onesti come l’ha ribattezzata più tardi Don Luigi Ciotti. “Oggi – ha detto Croce – ci sono mafiosi che non vanno più a chiedere il pizzo perché hanno paura di essere denunciati. Anche per questo l’autonomia e l’indipendenza della magistratura devono essere rafforzate. Non sono un privilegio del passato”.

Ivan Lo Bello, presidente di Confindustria Sicilia, ancora una volta minacciato di morte per lo straordinario ruolo di risveglio sociale che sta conducendo, ha seguito l’onda del ragionamento mettendo in evidenza un aspetto paradossale. “Nel momento in cui l’imprenditoria e ampi settori della società civile – ha denunciato – hanno deciso di svolgere una funzione rigenerativa collettiva, c’è un degrado morale che in qualche modo in Sicilia è peggiore rispetto a qualche anno fa. Il voto di scambio è un sistema di classificazione e scelta della classe politica che sta diventando sistematico. Stiamo vivendo in qualche modo un emergenza democratica e delle due l’una: o la società civile, a rischio di implodere, si autoriforma o dobbiamo assistere ancora ad un controllo di legalità della magistratura, che finora ha colmato il vuoto e ha svolto una funzione supplente”. Non è mancata un’autocritica costruttiva sul ruolo dell’imprenditori e dell’associazionismo. “Anche tra di noi – ha detto Lo Bello – c’è chi si rivolge a mercati regolati da politica, burocrazia e mafia ma c’è chi, ed è la parte che segue con forza il corso di Confindustria, si rivolta contro questa cultura ed ha maggiore capacità di innovazione sociale”.

r.galullo@ilsole24ore.com

p.s. mi scuso ancora per le difficoltà che mi vengono segnalate a profusione nel reperimento nelle sole edicole del mio libro "Economia criminale – Storie di capitali sporchi e società inquinate". Abbiate pazienza, insistete con l'edicolante 8spesso lo ha senza sapere di averlo) o provate con l'edicola…accanto.

  • andrea sacchini |

    Caro dott. Galullo, sembrerà una coincidenza, ma è già da un po’ di giorni che mi chiedevo: possibile che un giornalista che scrive principalmente di legalità e di rapporti istituzioni/criminalità sia indifferente a quello che ci stanno apparecchiando in Parlamento in questo periodo? Possibile che non dedichi un piccolo post al tema della neutralizzazione (interessata) di questo prezioso strumento investigativo?
    Mi rincuora, quindi, oggi, aver letto questo suo articolo nel quale riporta, tra l’altro, le illuminanti dichiarazioni del giudice Di Matteo.
    Qualunque persona che non ha la testa nascosta sotto la sabbia e che non ha ancora mandato il cervello in rottamazione capisce benissimo qual è il fine di questa legge (non certo la tutela della privacy, come continuano ancora oggi, pateticamente, a strombazzare).
    Volevo solo segnalare che questa infamia, semmai andrà in porto (anche se mi rifiuto di credere che Napolitano la firmerà), contiene, assieme al suo carico di nefandezze che vanno nella direzione di mettere i bastoni tra le ruote a tutte le indagini, comprese quelle di mafia, una norma che colpisce noi piccoli blogger; noi che non siamo professionisti dell’informazione ma che scriviamo in rete per passione e un po’ per cercare di contrastare la disinformazione ufficiale dilagante (pur ovviamente con tutti i nostri limiti).
    Mi riferisco al famoso “obbligo di rettifica” (http://tinyurl.com/375vkvn), ossia quella norma, inserita nello stesso ddl intercettazioni, che obbliga “tutti i siti informatici” a pubblicare una rettifica entro 48 ore alla richiesta di chichessia (le pene pecuniarie sono ovviamente pesantissime). Capisce benissimo, dott. Galullo, che la maggioranza di quelli, come il sottoscritto, che gestiscono un piccolo spazio in rete per cercare di fare un po’ di informazione avranno ben poca voglia di continuare a farlo. Noi non siamo una testata giornalistica professionale, non abbiamo un ufficio legale che ci tuteli, insomma non abbiamo, come si dice in gergo, “le spalle larghe”. Chi sarà quindi disposto a rischiare?
    Vabbé, mi sono dilungato anche troppo (chiedo scusa), e forse mi sono pure lagnato un po’ troppo. Ma almeno mi sono un po’ sfogato al di fuori del mio blog.
    Con stima.
    Andrea Sacchini.

  • AMSICORA |

    a proposito di legalità:
    -La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili.
    La loro limitazione può avvenire soltanto per atto motivato dell’Autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge
    (ART 15 COSTITUZIONE)
    L’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva.
    (art 27 costituzione)
    Nel processo penale, la legge assicura che la persona accusata di un reato sia, nel più breve tempo possibile, informata riservatamente
    della natura e dei motivi dell’accusa elevata a suo carico
    (art 111)

  • giuseppe piazzolla |

    dott. Galullo buongiorno, ha saputo cosa è successo al blog del dott. Vulpio? Chiedo troppo se inserisco il link e gli dà (e voi tutti lettori gli date) una letta? http://carlovulpio.wordpress.com/2010/05/11/god-bless-america-come-ayatollah-iraniani-o-funzionari-cinesi-due-magistrati-di-bari-italia-hanno-ordinato-alla-polizia-postale-di-oscurare-questo-blog-che-pero-ha-sede-negli-stati-uniti-e-dunque/

  • massimo |

    e’ molto bello potere ancora leggere articoli di questo tono e contenuto su una testata giornalistica che non e’ di sinistra. Mi chiedo perche allora la maggiore parte degli imprenditori sono schierati dalla parte di questo governo che non ha preso effettivamente le distanze dal malaffare ?

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