E’ salpata ieri sera da Napoli. Arriva questa mattina alle 8 nel porto di Palermo. Questa sera, quando la luce del sole lascerà il posto a quelle della città, ripartirà per riaccompagnare a casa i mille e passa studenti provenienti da ogni parte di Italia.
E’ la nave della legalità che, come ogni anno, percorre la rotta verso Palermo per ricordare che i ragazzi sono in prima linea nello lotta ai disvalori delle mafie. Un plotone di giovani che, dopo un anno passato a studiare le mappe e le tappe della legalità, arriverà con tutta la sua allegria a ricordare che 17 anni fa Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e gli uomini della scorta sono morti per il loro futuro.
Tutto bene? Il futuro della lotta a Cosa Nostra, ‘ndrangheta, camorra e chi più ne ha più ne metta è in mano ai quindicenni di oggi, adulti di domani? Vorrei che lo fosse. Ma non ci credo.
Non ci credo per due motivi: gli insegnanti, a partire dal Nord, non sono abbastanza preparati e, di conseguenza, gli studenti non sono sollecitati a capire. E ad agire e reagire.
Parto da un’esperienza personale che, alcuni mesi fa, credo di aver già accennato in un post.
LE “TESINE” SULLA MAFIA A SCUOLA NON SONO MATERIA D’ESAME
Mio figlio Nicholas ha 16 anni. Gli piace (purtroppo) Del Piero (io lo detesto) e ama informarsi su tutto, anche se spesso segue (purtroppo) Mediaset (io la detesto, ma anche la Rai in vero, salvo poche eccezioni, come del resto un’eccezione era Mentana). I giornali no, non li legge. Troppa fatica per chi fa parte del popolo di Internet e degli Mp3. Colpa nostra. Di noi genitori, intendo.
Due anni fa la sua scuola media – che segue, e meno male!, programmi sperimentali, ed è tra i migliori istituti pubblici in Italia – ha chiesto a tutti gli studenti una tesina sperimentale multimediale da discutere con la commissione esaminatrice.
I compagni di mio figlio hanno portato di tutto, nell’ambito del programma scolastico. Mio figlio no. Segue (purtroppo?) da tempo le orme del padre e si diverte un mondo a seguire percorsi e temi di legalità e tutto ciò che ha a che fare con la criminalità organizzata.
Decide di portare – e giuro che non ho avuto alcuna influenza sulla sua scelta – una tesina sulla mafia. Fa tutto da solo: sceglie gli argomenti, si documenta, studia. Viaggia con me. Conosce don Luigi Ciotti, collaboratori di giustizia, vittime di mafia. Prepara (per me) un gran bel lavoro: i suoi compagni di classe – che vivono in Lombardia come mio figlio – probabilmente neppure sanno che Buccinasco, in provincia di Milano, è in mano alla ‘ndrangheta. Lui si.
Bene: la tesi gli viene bocciata. Motivazione: la mafia non è materia di esame.
Entro (per mero impegno civile) in campo: vergognatevi, dico alla scuola. La mafia deve essere materia di esame. Anzi: di vita. Morale: la tesina viene ammessa e la commissione resta basita (non dalla bellezza, che è soggettiva, ma dalla scelta).
Basta quest’episodio per dire che tutta la scuola media e superiore è così? Non basterebbe, in teoria. Una rondine non fa primavera. Allora mi informo tra decine di coetanei amici di mio figlio: dalla Calabria alla Campania, dal Piemonte al Lazio. Nessuno – dico nessuno – ha mai affrontato il tema delle mafie in classe. E dire che di gente ne conosco. E nessuno – dico e ripeto: nessuno – ha neppure mai sentito che qualche suo amico lo avesse fatto.
Tante rondini fanno primavera? Gli scettici – e coloro i quali hanno avuto esperienza contrarie – diranno di no. Per me è…quasi un si e la mia conclusione è la seguente: le scuole medie, le superiori per non parlare dell’Università non (e ripeto non) parlano abbastanza delle mafie. E’ stata abolita l’educazione civica, volete che perdano tempo con Riina, Piromalli, Strisciuglio e Zagaria? Chi sono costoro: vade retro, Pepè, Satan e Aleppe!
E aggiungo di più: a non essere preparate sono soprattutto le scuole del Centro e del Nord. Nel Sud la mafia è pervasiva e la famiglia e la scuola debbono parlarne (ma non lo fanno abbastanza). Ma è come parlare dell’aria. E’ facile: è li. La vedi. La tocchi. La respiri. Il difficile – semmai – è farlo nelle classi dove sai che studiano i figli dei mafiosi (se lo sai, visto che i mafiosi non hanno la coppola ma giacca e cravatta). E infatti gli insegnanti che affrontano il tema si contano sulle dita di una mano (sono pronto a essere impallinato da chi mi smentirà raccontandomi un’esperienza contraria).
Nelle scuole del Nord la famiglia e la scuola non ne parlano quasi mai. O lo fanno dicendo che è roba che riguarda i terroni. I polentoni no, non hanno la mafia in casa. Non lo fanno i prefetti, non lo fanno i sindaci, volete che lo facciano gli insegnanti? Ignoranti, dico loro: la mafia è qui. Non la vedi ancora. La tocchi senza saperlo ancora. La respiri ma non lo sai ancora.
Modesta proposta al
ministro dell’Istruzione Mariastella “stellina” Gelmini: che le mafie diventino materia obbligatoria di studio in tutte le scuole del regno di ogni ordine e grado. Non lo farà mai. E’ di centrodestra. Ma non lo farà mai neppure un ministro di centrosinistra. Tutti…pendono e dunque nessuno ha il baricentro sulla legalità.
I QUESTIONARI NELLE SCUOLE
E veniamo – nel giorno in cui la nave della legalità attracca a Palermo – ad un aspetto sconcertante di cui dò questa mattina conto in un servizio che ho scritto per il Sole-24 Ore online (lo trovate dunque sul sito del mio giornale, mentre sul quotidiano ho scritto un’inchiesta sullo stato della lotta alla mafia e su Radio24 oggi alle 6.45 va in onda nella trasmisione “Un abuso al giorno” la replica dell’’intervista già mandata in onda ieri a Maria Falcone; a tal proposito ricordo che tutte le puntate sono scaricabili dal sito www.radio24.it).
Alcuni mesi fa il Centro Mafiacontro di Palermo, che fa capo al senatore del Pdl Carlo Vizzini, ha diffuso 2000 questionari presso scuole siciliane, campane e lombarde.
I risultati sono agghiaccianti: per il 24% degli studenti la mafia è una risorsa o una tradizione. Soltanto uno studente su due crede che Cosa Nostra sia una danno per l’intera società. E uno su due affronta “poco o mai” con gli amici il tema della criminalità organizzata. Nel giorno del ricordo di due giudici fatti saltare per aria – Giovanni Falcone e sua moglie Francesca Morvillo – la cosa che più fa male è scoprire che il 22% degli studenti intervistati ritiene che Gaetano Costa e Rocco Chinnici , magistrati uccisi dalle cosche nel 1980 e nel 1983, fossero capimafia.
“E’ un pugno nello stomaco apprenderlo”, ha spiegato al Sole 24 Ore Maria Falcone, a capo della Fondazione intitolata a suo fratello e alla moglie, che come ogni anno premierà con 10 borse di studio i laureati che si saranno distinti con tesi sulla legalità.
MARIA FALCONE E I PUGNI NELLO STOMACO
Altro che nave della legalità. Benvenga, che Dio la benedica ma qui bisognerebbe far partire verso il ministero dell’Istruzione un bastimento di insegnanti. Come diceva Gesualdo Bufalino, amato scrittore di Comiso, “la mafia sarà sconfitta da un esercito di insegnanti”.
Ne sono certo, anche passando dalla lettura dei i giornali locali del Sud. Quelli del Nord – se cercate il rapporto scuola-legalità – è quasi inutile sfogliarli (ho scritto quasi, so anche io che ci sono le eccezioni).
Come i miei più affezionati lettori sanno, sono un giornalista che ama ritagliare e mettere gli articoli da parte.Come si faceva un tempo. Sono giovane (almeno così credo). Ho 46 anni (un giovanotto dunque) ma faccio questo maledetto mestiere da 25 anni. E dopo la laurea – pur attratto per un attimo dalle sirene dell’Università – non ho avuto dubbi su quale fosse la mia strada. Coniugo dunque Internet alla forbice.
E la forbice non tradisce. Mai. Ecco cosa ho scovato dai miei ritagli, certosinamente impilati per argomento o provenienza territoriale. Sono solo alcuni esempi, sia chiaro.
Traggo dalla Gazzetta del Sud del 14 giugno 2007 a pagina 37 il seguente titolo: “Studenti della Piana favorevoli a raccomandazioni e pressioni – Il sociologo Marziale: emerge anche un concetto sbagliato di famiglia – A Taurianova sconcertante risultato di un questionario distribuito dai Lions in varie scuole”.
Il Mattino di Napoli, 17 luglio 2008: “Temi choc in classe: “Il clan ci protegge” – Le confessioni degli alunni di Miano: la camorra c’è e se qualcuno ci vuol far del male loro intervengono”
Il Mattino di Napoli (da ora in poi non vi tedio più con date e numeri): “I prof: scuola disarmata contro la camorra – Temi choc sull’invedanza dei clan, presidi e insegnanti accusano: da soli non ce la faremo mai”.
Il Mattino di Napoli: “Roberti: ormai il boss è diventato un modello – Il capo della Dda: zone fuori controllo, lo confermano i temi”.
Il Mattino di Napoli: “Don Merola: gli studenti sono affascinati dal male”.
Il Mattino di Napoli: “Uno studente su tre conosce un camorrista – I risultati choc del questionario sulla legalità”
Ora, è chiaro, che qualcuno sarebbe tentato di capovolgere i miei pensieri: “Ma lo vedi – quel qualcuno potrebbe dire – che le scuole diffondono questionari e si parla di mafie? Ma lo vedi che la scuola da sola non può compiere miracoli? Ma cosa rimproveri a noi insegnanti?”
Lo ammetto: potrei aver torto anche se potrei dire che le scuole che ne parlano sono come le mosche bianche e ribadire che parlare non basta se poi di azioni e reazioni studentesche nelle terre mangiate dalla mafie se ne vedono poche. Anzi: pochissime. Magari quando Libera organizza la giornata della memoria in memoria delle vittime di mafia. E poi? Se ne riparla tre mesi dopo con la nave della legalità. E poi? Poco, nulla, “nullissimo” (passatemi il brutto neologismo), soprattutto in alcune aree del Paese.
Sarà, avrò torto. Ma io ricordo che il 6 agosto 1980 quando fu sfigurato a morte il giudice Gaetano Costa nei parlai con i miei amici e con la mia famiglia.
Sarà, avrò torto. Ma ricordo che a 15 anni in classe leggevamo i quotidiani e commentavamo i fatti di terrorismo con gli insegnanti. E le mafie sono terrorismo: ma all’interno dello Stato a differenza delle Br e dei Nar.
Sarà, avrò torto ma ricordo che avevo 15 anni quando il professore napoletano di filosofia – poi suicidatosi per la scoperta di un cancro – nella mia scuola romana ci ricordava spesso che la camorra mangia anche i più buoni.
Sarà, avrò torto. Ma ricordo che l’ insegnante che aveva fatto il partigiano ci insegnava il valore della Resistenza e ogni giorno ce lo ricordava.
Sarà, avrò torto. Ma non ho notizia di insegnanti che ogni giorno – al Sud, al Centro e al Nord – ricordano ai propri alunni che la nuova Resistenza è nei confronti delle mafie.
roberto.galullo@ilsole24ore.com