“Amore papà è tornato. Vieni a darmi un bacio?” “Papà non posso venire ora. Sto guardando in tv una trasmissione sulla mafia”. Ore 21.45 circa di ieri, lunedì 15 dicembre. Il set del dialogo è casa mia. Chi parla è mia figlia, 13 anni, che stavo salutando di ritorno dal giornale. Chi riceve quella risposta sono proprio io.
“Strano – penso tra me e me – se ci fosse un programma sulla mafia dovrei saperlo. Ne scrivo e ne parlo da quattro anni praticamente ogni giorno e quando posso e non sono in Radio o in giro per le mie inchieste non mi perdo un programma”.
Comincio poco dopo a smanettare sul telecomando: Rai1, Rai2, Rai3. Salto le tv di Berlusconi (lì neppure ci provo) e piombo su La7, la mia tv preferita sulla quale mi sintonizzo di buon mattino. Trasmettono, tutte, altro. “Greta ma te lo sei sognato il programma sulla mafia” sbotto impazientito verso mia figlia. “Papà zitto che sta parlando Sonia Alfano” “Ma è una mia amica” “Lo so già papà ma vuoi stare zitto…” “Ma dov è Sonia?” “Papà su Mtv”.
Mtv? Non faccio in tempo a realizzare e – come in un flashback – mi torna in mente la maratona televisiva organizzata esattamente un anno fa da questa tv. Milano e Corleone idealmente a unire tutta l’Italia dei giovani contro le mafie. Tre giorni meravigliosi in cui il testimone dell’antimafia dei fatti e non quella parolaia, passava attraverso i microfoni di Elena Santarelli e Alessandro Cattelan.
Io non so neppure chi siano ‘sti due ma i giovani sì. Altro che se lo sanno. E li seguono. Nel bene.
E così mi sono sintonizzato su Mtv, a cui ho sempre guardato con curiosità, perchè con curiosità e spirito critico la guardano i miei figli, abituati (e preoccupati) nell’avere un padre che da molti anni si batte con la voce su Radio24 e con la parola sul Sole e su questo blog contro tutte le mafie. A partire dalla ‘ndrangheta, al cui confronto Cosa Nostra ormai è una scuola per educande.
Ora, direte voi, un programma sulla mafia lo daranno a un giornalista affermato. A un professionista o a un professorone della materia. Cavolo: ma perché non hanno chiamato me? ho pensato in un momento di delirio di onnipotenza!
Sbagliato. Lo mettono nelle mani di Pif. Non è un detersivo all’ammoniaca. E’ una ex Iena di Italia1. Ma sì, quello alto e dinoccolato con baffetto da sparviero che non faceva ridere neppure a bastonate (ma faceva riflettere, a differenza di alcuni suoi colleghi in quella trasmissione). E’ palermitano. Con la sua telecamerina, nel programma “Il Testimone”, in onda (salvo eccezioni, come ieri) il mercoledì alle 21.30 ha intevistato familiari di vittime di mafia tirando fuori con leggerezza e lievità dalla memoria sopita o addormentata di tutti noi, persone come l’incorruttibile medico legale Paolo Giaccone assassinato l’11 agosto 1982 o come l’inavvicinabile collega Beppe Alfano assassinato l’8 gennaio 1993. Testimonianze e ricordi attraverso le voci. Voci giovani, come quelle dei familiari rimasti in vita per ricordarne la morte. Voci come quella, appunto, di Sonia che oggi guida l’associazione nazionale delle vittime di mafia (www.familiarivittimedimafia.com). O come quella della nipotina di Giaccone, che ha raccontato il pianto in classe al ricordo del nonno. Dolore in tv: non solo il loro, ma soprattutto il nostro, per non aver fatto forse fino in fondo il nostro dovere di testimoni della legalità. E che in quegli anni in cui la Sicilia stritolava (come fa ancora oggi) le vite, magari – come ha raccontato Pif – “cazzeggiavamo a Londra”. Dolore vero, non come quello della carrambate o delle defilippate (neologismi che potrebbero indicare la realtà del nulla televisivo sotto vuoto spinto). Dolore però – e ieri Mtv ce lo ha mostrato – da cui continua o può germogliare nuova vita. Un dolore raccontato ai giovani con la testa dei giovani: quelli ch
e domani dovranno governare questo maledetto Paese. Giovani che a scuola si formano sui testi di Dante ma ignorano Sciascia. Che studiano i barbari ma ignorano le nuove barbarie: le mafie, che come la linea sciasciana della palma che dal Sud sale sempre più verso il Nord, stanno divorando l’Italia intera e le vite dei nostri figli. Le nostre sono già andate.
Lo dico subito: la scelta dell’intelligente e scanzonato Pif e non del consumato tuttologo di turno non poteva essere più azzeccata. Ha parlato della mafia come deve parlarne chi sa di rivolgersi ad un pubblico giovane, di “esserinidi” (come li chiamo io) in formazione, che squittiscono davanti a un video di Biagio Antonacci o si ingrifano con le movenze di Christina Aguilera, ma che hanno una testa. Che va riempita di valori e di nomi e cognomi che quei valori rappresentano anche oggi che sono morti. No. Per i miei figli sono vivi e lo sono per decine di migliaia di figli di questo Paese che non onora solo Vittorio Mangano, lo stalliere mafioso di Silvio Berlusconi ma anche, ad esempio, Graziella Campagna, diciassettenne siciliana che il 12 dicembre 1985 fu rapita e assassinata solo perché in un’agendina del boss (probabilmente Gerlando Alberti), che le era casualmente finita tra le mani, aveva forse letto nomi e cognomi che non doveva leggere. Un omicidio preventivo. Già la prevenzione: per la mafia è sangue e morte, per lo Stato, cioè per tutti noi, dovrebbe essere sangue e vita.
Pif dunque, ma anche Santarelli, Cattelan. Vanno bene tutti, purchè ogni giorno in qualche modo le mafie e la loro tracotanza siano sotto i riflettori.
"Purtroppo i giudici possono agire solo in parte nella lotta alla mafia. Se la mafia è un’istituzione antistato che attira consensi perchè ritenuta più efficiente dello stato, è compito della scuola rovesciare questo processo perverso, formando giovani alla cultura dello stato e delle istituzioni." Questa è una delle tante pillole di storia raccontata da Paolo Borsellino, magistrato che ha dedicato una vita (e la propria morte) a lottare contro Cosa Nostra. E se noi modificassimo così una parte della frase: “…è compito della scuola, della famiglia e della tv rovesciare questo processo perverso…”?
Non so come la pensate voi e come la penserebbe Paolo Borsellino, ma la mia famiglia di origine e quella che ho formato con mia moglie, ogni giorno fa di tutto per rovesciare questo processo perverso. Grazie a mio figlio Nicholas, che ora ha 16 anni, due anni fa ho scoperto che ci si può diplomare in terza media con una tesina sperimentale sulle mafie (e dire che la maestra non voleva acettargliela perché…non era materia di esame!). Grazie a mia figlia Greta ho scoperto che Mtv ci sta provando. Speriamo che non si sia già stancata perchè perseverare – nella lotta alla mafia – non è diabolico. E’ salutare.
roberto.galullo@ilsole24ore.com