Lotta alle mafie/3 La formazione farlocca nelle scuole: solo il 3% affronta il tema di cosche e clan nel proprio territorio

Amati lettori di questo umile e umido blog da due giorni vi racconto – così come fotografato dagli Stati generali della lotta alle mafie e non dalle chiacchiere – quanto Istituzioni statali, sindacati e ordini professionali scommettano sulla formazione interna contro i pericoli devastanti delle mafie. Per i temi affrontati rimando ai link a fondo pagina.

Oggi ci addentriamo nello stesso filone ma questa volta con specifico riferimento alle conclusioni alle quali è giunto il tavolo tematico “Mafie, formazione e scuola” coordinato da Maria Falcone, con riferimento alla formazione svolta nel corso del 2016 dal mondo della scuola.

Inizialmente ho provato un sollievo per il cuore. E per quella verità assoluta ben rappresentata da quanto disse lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino, secondo il quale la mafia non si combatte con l’Esercito ma con un esercito di insegnanti. Poi, nel leggere meglio dati, statistiche ed analisi, mi sono depresso come un salice piangente.

A nulla è valso (anzi!) sentire venerdì della scorsa settimana a Milano, nel corso degli Stati generali delle lotte alle mafie, sentire Valeria Fedeli, ministro dell’Istruzione, dell’università e della ricerca mentre affermava: «Dobbiamo fornire quotidianamente cultura e conoscenza della legalità. Presidi e insegnanti lo fanno quotidianamente. Abbiamo anche fatto investimenti economici per dare contenuti formativi a ragazzi e ragazze. Nelle nostre scuole vanno persone competenti. Le nostre scuole e le nostre università giocano un ruolo fondamentale». Ora leggerete le analisi e giudicherete.

Sempre nel corso degli Stati generali delle lotte alle mafie, Gaetano Manfredi, presidente della Conferenza dei rettori delle università italiane, affermare che «negli ultimi anni abbiamo svolto un’ attività molto intensa in sinergia con la Commissione parlamentare antimafia. Due incontri a Cosenza nel 2015 e a Milano nel 2016. E’ importante che venga coinvolto il sistema universitario. Al termine di questi incontri è stato siglato un protocollo dalla Conferenza dei rettori con la Commissione parlamentare antimafia. Abbiamo deciso di puntare sulla ricerca, sulla didattica, sulla formazione specialistica e su tutte le attività di promozione e divulgazione della cultura della legalità. L’approccio è fortemente interdisciplinare e di reti interuniversitarie». In questo caso c’è da dire che il passo in avanti negli ultimi anni delle Università italiane – con corsi specifici e persino un dottorando a Milano – c’è stato e questo lascia ben sperare.

Il campione sondato

Ebbene, nel campione rappresentativo sondato, solo il 5,2% delle istituzioni scolastiche non ha avviato esperienze formative. Evviva, mi son detto (sempre al netto che il tavolo tecnico non ha affrontato il tema della qualità della formazione, che è un altro capitolo degno di interesse specifico).

Nel dettaglio, il 67,1% delle scuole ha organizzato attività di formazione che hanno riguardato direttamente o indirettamente il tema della criminalità organizzata specificamente rivolte ai propri allievi. Il 26,8% le ha rivolte sia agli allievi che agli insegnanti mentre lo 0,9% le a concepite solo per gli insegnanti. Evviva, mi sono ancora detto.

Tuttavia – e questo è un dato che mi ha gettato nella depressione – solo il 3% delle attività hanno insistito specificamente sulla lotta alla criminalità organizzata nel territorio di riferimento, il che apre la strada a due possibilità formative: 1) brevi cenni sull’universo mafioso, 2) vi parlo delle mafie ma non a casa nostra.

Del resto si sa, parlare di corda in casa dell’impiccato no se puede.

Negli altri casi (cioè il 97%) la formazione è stata incentrata sia sul tema della convivenza civile che su quello della legalità (48,2%) mentre il restante 48,8% ha scelti di insistere sui temi della convivenza civile, della legalità e della lotta alla criminalità organizzata.

Le attività formative rivolte al personale della scuola hanno riguardato solo al 30% l’intera scuola, mentre al 70% solo i docenti coinvolti in progetti che prevedono la partecipazione degli allievi ad iniziative di legalità e lotta alla criminalità.

Per quanto riguarda l’efficacia è stata riconosciuta molto efficace dal 78% dei partecipanti e “abbastanza” per il 20%.

Una buona notizia: il 74% delle scuole che hanno svolto attività di formazione non ha previsto incentivi (a differenza di quanto abbiamo visto nei giorni scorsi anche nelle istituzioni statali).

L’attività formativa è stata affidata per il 65% circa a professionisti esterni ed interni. Tra i formatori coinvolti associazioni e fondazioni, forze armate e dell’ordine, magistratura, liberi professionisti, regioni ed enti locali, istituzioni penitenziarie, università ed enti di ricerca, organismi bancari e finanziari, autorità nazionale anticorruzione.

Almeno sappiamo che il 76% delle scuole monitorate ha un referente interno per la formazione, il 16% fa riferimento ad una funzione strumentale (ignoro cosa voglia significare) e il 7,41% fa riferimento ad una apposita commissione. Infine l’87% delle scuole sondate non ha in corso di validità protocolli di collaborazione finalizzati al contrasto della criminalità con altri enti e istituzioni impegnati sullo stesso fronte.

Ora vi saluto ma domani proseguo.

r.galullo@ilsole24ore.com

  • To be continued (per le precedenti puntate si leggano

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/11/28/lotta-alle-mafie1-manco-lo-stato-ci-crede-la-formazione-interna-e-svolta-appena-dal-71-delle-istituzioni-che-deve-pure-incentivare-i-corsisti/

http://robertogalullo.blog.ilsole24ore.com/2017/11/29/lotta-alle-mafie2-sindacati-e-ordini-professionali-si-impegnano-piu-dello-stato-ma-la-formazione-e-ancora-residuale/)