Tra le cose che questa estate trascina via in modo trascurato annovero la straordinaria audizione del 3 agosto presso la Commissione parlamentare antimafia del gran maestro del Grande oriente d’Italia, Goi Stefano Bisi.
Le cronache di agosto, si sa, lasciano spazio – ancor più che nell’ordinario – a tronisti, veline, vip, very vip e vippissimi e dunque non c’era da attendersi nulla di più e nulla di meno.
Tempo al tempo, ho così deciso di recuperare – dopo un’ennesima estate passata a studiare carte – i contenuti straordinari di quell’audizione passata sotto traccia mediatica.
Orbene, il 28 luglio Bisi aveva dato per lettera la disponibilità a essere ascoltato dalla Commissione antimafia, anche alla luce dell’appartenenza al Goi di due assessori di Castelvetrano (Trapani), regno del superboss Matteo Messina Denaro. In vero, indipendentemente dalla giocata in anticipo di Bisi, la Commissione aveva già deciso di audire tanto il Goi quanto diverse altre obbedienze massoniche. E così farà.
Visto che questo era l’innesco dell’audizione, da qui parto anche io con la domanda diretta che, ad un certo punto, il presidente Rosy Bindi decide di porre. Eccola: «Come spieghiamo che Castelvetrano è la patria di Matteo Messina Denaro, ha la più grande concentrazione di logge massoniche in rapporto alla popolazione di qualunque parte del nostro Paese e tra queste c’è anche una loggia del Grande Oriente?».
Ma per esser ancora più chiara, Bindi ribadisce: «Se la massoneria è ciò che lei dice e io non dubito che sia ciò che lei dice, che cosa sta facendo per impedire che Castelvetrano resti il luogo che protegge la latitanza di Matteo Messina Denaro?».
Una doppia domanda secca che avrebbe preteso una risposta secca.
Eccola e giudicate voi: «I fratelli che fanno parte di quella loggia non coprono certo la latitanza di questo super-ricercato e darebbero la vita perché venisse catturato, come darebbe la vita lei. Tuttavia, devo dire che potrei ribaltare la domanda: che cosa fanno i partiti lì presenti e che lei rappresenta?».
Bisi, ricordandosi di essere un giornalista, pone domande lui, cercando di tirarsi fuori dall’empasse ma la mossa provoca reazioni forti.
Bindi ricorda intanto che il capogruppo del Partito democratico a Castelvetrano, Pasquale Calamia, è sotto scorta per il modo in cui svolge il suo ruolo di consigliere e per aver detto pubblicamente di essere disposto a dare la propria vita pur di veder catturata la misteriosa primula rossa di Cosa nostra siciliana.
Nessun arretramento di Bisi e altra domanda: «È sotto scorta, ma che cosa fanno nel complesso del tessuto sociale di Castelvetrano? Siete voi, alla fine, che amministrate la cosa pubblica, o dai banchi della maggioranza o dai banchi della minoranza. Siete voi».
La domanda è un autogol: il “noi” e il “voi”, sottolinea Bindi, nel caso di Castelvetrano non esiste proprio visto che due assessori politici sono anche massoni del Goi e un terzo è di un’altra obbedienza massonica.
Ma Bisi riprende la parola per ricordare ciò che i due assessori fanno tutti i giorni: amministrare al meglio la cosa pubblica e il proprio dovere, come è giusto che facciano e come è dovere che facciano. Concetto espresso poco prima, Bisi quando sottolinea che: «Hanno scritto una lettera pubblica in cui dicono: “Siamo capaci di fare gli assessori o no?”. Se non sono capaci, il sindaco li deve mandare a casa. Se sono capaci, li deve tenere. Questo mi pare ovvio. Non ci deve essere un certificato ulteriore di garanzia, perché l’assessore comunale deve saper fare quello che deve saper fare l’amministrazione comunale, ossia il bilancio del comune, tener pulita la strada o la scuola e curare i giardini pubblici. Nel caso, forse più grave, di Castelvetrano, di questa loggia del Grande Oriente d’Italia, di fronte a una richiesta di un organo di polizia la loggia di Castelvetrano ha deciso di fornire i nomi. I nomi non li possiamo fornire perché così alcuni possono prendere la mira».
Ricapitolo scusandomi subito se la mia modesta intelligenza non arriva a sintetizzare bene il pensiero di Bisi: gli assessori vengono pagati per fare gli assessori e delle patenti massoniche o del volontariato o sportive non deve interessare nulla a nessuno. Fanno quel che fanno tutti gli amministratori e su quello vengono giudicati. Poi nel caso «forse più grave» di Castelvetrano, dove non si muove da sempre foglia che la famiglia Messina Denaro non voglia, beh, la loggia ha dato i nomi alla prefettura di Trapani (gli elenchi dei massoni siciliani in vero, sono stati chiesti già da un membro della Commissione, Beppe Lumia e per questi rimando ai link a fondo pagina). Altri nomi scordateli, cara Commissione, perché vige la privacy e i massoni sono nel mirino anche del terrorismo internazionale (ma su questo tema della privacy tornerò nei prossimi giorni).
Tutto qui? No, perché Franco Mirabelli (Pd) afferma di non pensare che «per combattere la mafia, basti fare bene l’assessore e amministrare bene. In posti come Castelvetrano ci vuole qualcosa di più per combattere la mafia. Non è sufficiente dire che sono persone che amministrano bene» ma a sollevare un nuovo polverone sarà Beppe Lumia. Per questo, però, rimando a domani.
- To be continued (si vedano anche