In una regione, la Calabria, e in una città, Reggio, in cui la libertà di stampa è una chimera e chi fa solo il proprio mestiere (cosa rara nell’informazione italiana, figuriamoci calabrese) deve subire umiliazioni al limite dell’ispezione corporale, fisica o metafisica, non passa giorno che i giornalisti non vengano presi di mira. Assaliti. Brutalizzati. Violentati psicologicamente quando non è possibile possederli né con le lusinghe né con l’odio o con l’amore.
Ne so qualcosa – da anni – per esperienza diretta. E me ne fotto anche se è dura. Durissima.
Ieri è toccato a Consolato Minniti dell’Ora della Calabria, oggi tocca al collega Giuseppe Baldessarro del Quotidiano della Calabria. A chi domani?
Il primo è reo – come dico sempre riferendomi a me stesso – di avere l’indole dello scorpione. Ma si, ricordate la favola della rana e dello scorpione di Esopo?
Allora: uno scorpione chiede a una rana di lasciarlo salire sulla schiena e di trasportarlo nell’altra sponda di un fiume. La rana temendo di essere punta durante il viaggio si rifiuta; tuttavia lo scorpione sostiene che anche lui cadrebbe nel fiume e non sapendo nuotare morirebbe insieme alla rana. Così la rana accetta e inizia a trasportarlo ma a metà strada lo scorpione effettivamente punge la rana condannando a morte entrambi. Quando la rana sente la puntura dello scorpione chiede il perché del suo gesto e lo scorpione risponde: «È la mia natura».
Ebbene la natura di un Giornalista è dare notizie, senza guardare in faccia a nessuno e senza curarsi delle conseguenze della notizia quand essa è fondata, concreta e attuale.
Uno “scorpione”, a Reggio come a Roma o Milano, non è tollerato. Le serpi (in seno) si.
Bei tempi quelli delle veline e delle fughe di notizia verso i giornalisti-amici che – anziché ricevere dure condanne ed essere perseguite – ottenevano l’incoraggiamento, il plauso e il godimento di quanti sono pronti, oggi, in tutte le Procure d’Italia, a spezzare le reni al giornalista-nemico! Un Giornalista non è mai e poi mai amico o nemico di nessuno.
Il secondo, Baldessarro (anche a lui va tutta la mia solidarietà non certo per spirito di casta perché solo Cristo sa cosa penso della mia categoria) è invece reo di aver scritto sul suo profilo facebook (non frequento i social network e dunque trascrivo quanto ho letto su un delirante comunicato stampa che infamava il collega Baldessarro e mi domando per quale motivo i media locali pubblichino ogni "sputo" di comunicato, come si dice nel nostro gergo, senza selezionare quasi mai nulla): «Il nuovo vescovo di Reggio Calabria Giuseppe Fiorini Morosini è garantista: “Nessuno è mafioso fino al terzo grado di giudizio, e comunque vanno lette le motivazioni delle sentenze, perchè i giudici sono uomini e come tutti gli uomini possono sbagliare”. Io invece non sono garantista, dunque per me questo vescovo è un cesso, e per dirlo, oltre che pensarlo, non ho bisogno di attendere alcuna sentenza».
Un aggettivo becero ma che, caspita, sarà scappato per la fretta del commento, non certo per la volontà di attaccare volgarmente un vescovo o colpirlo per il gusto di colpirlo. Baldessarro poi, che non sarebbe in grado di fare male neppure a una mosca cocchiera! Suvvia!
Questo lo capirebbe chiunque! A nessuno di noi – durante una conversazione viscerale e oggi i social network sono spesso viscerali e proprio su questo basano consenso e frequentazione – è mai sfuggito un giudizio greve su una persona magari assolutamente mai pensato davvero? Chi è senza peccato scagli il primo post o il primo tweet!
Baldessarro ha poi precisato – commenta Aldo Varano su www.zoomsud.it – che il giudizio non era rivolto al vescovo ma alle sue opinioni sulla giustizia. Legittimo. Reale.
Posso dire come la penso? Mai avrei usato quell’aggettivo (che non condivido) ma, vivaddio, bravo Baldessarro. Hai contribuito a rompere gli schemi dell’ipocrisia che circonda oggi più che mai la tuà città, oltretutto assediata dalla cupola mafiosa che tutto può. Sappi, caro Baldessarro, ma lo sai bene, che tutto in Calabria si può tollerare a un giornalista tranne che fargli fare il proprio mestiere!
La Chiesa può e deve rappresentare una voce altisonante contro quella cupola e non a caso il vescovo uscente di Reggio Calabria ha (con qualche ritardo?) tuonato contro i poteri marci della città.
Nel caso del suo commento su facebook – che oltretutto è un messaggio personale e dunque non capisco cosa c’entri l’Ordine dei giornalisti che i novelli pisquani della politica e della pseudo-società civile calabrese invocano per soffocare la voce di un giornalista non sapendolo evidentemente fare con la dialettica e il ragionamento – tutti, ma proprio tutti, in questo momento si stanno concentrando sul dito (l’aggettivo brutto, diciamolo chiaramente, di Baldessarro) e non sulla luna (l’oggetto della legittimissima critica del collega, vale a dire la necessità di attendere o meno una sentenza definitiva per esprimere giudizi non sulla fedina penale di un singolo ma sulla sua integrità morale).
Ca…o! Questa è la riflessione vi-ta-le di Baldessarro!
Paolo Borsellino (che per quel che mi riguarda è un faro di vita personale e professionale), commentando il rapporto tra politica e magistratura disse: «C’è un equivoco di fondo.
Si dice che il politico che ha avuto frequentazioni mafiose, se non viene giudicato colpevole dalla magistratura, è un uomo onesto.
No!
La magistratura può fare solo accertamenti di carattere giudiziale.
Le istituzioni, invece, hanno il dovere di estromettere gli uomini politici vicini alla mafia, per essere oneste e apparire tali! ».
La Chiesa è un’Istituzione? Di più, vivaddio! E’ la più alta guida spirituale per chi crede e – talvolta – anche per chi non crede!
Credo che la riflessione di Borsellino – oltre a togliere il respiro – debba illuminare il cammino di tutti noi. A partire dalla Chiesa e dal suo gregge che invece – ed ecco un'altra miopia sulla quale vorrei che tutti riflettessimo – in questo momento è terreno di caccia politico per l’imminente voto a Reggio Calabria (e non solo) ed è per questo (solo per questo) che pisquani, politici, pseudo-politici, commentatori, rappresentanti der valoroso popolo dell’antimafia e dell’arcobaleno e chi più ne ha più ne metta si sono scagliati contro il giornalista-nemico Baldessarro facendone (anche nel suo caso) carne da macello.
Spero che la Chiesa di Reggio Calabria sappia ben distingure nel proprio giudizio morale e sociale tra chi sbaglia un
aggettivo e tra chi sbaglia vita o induce a sbagliarla (a qualunque schieramento appartenga nell’esistente duopolio reggino centro-destra, cnetro-sinistra). E che sia in grado di gridarlo ai reggini.
r.galullo@ilsole24ore.com