Amati lettori di questo umile e umido blog, scusate la recente discontinuità nei miei servizi ma sto chiudendo un’inchiesta che occupa me e il mio collega Angelo Mincuzzi da circa tre mesi, in giro per l’Italia. Presto la leggerete sul format “Fiume di denaro” sul sito del Sole-24 Ore con ricchi approfondimenti e video-inchieste. Il tema? Non lo svelo, altrimenti che sorpresa è?
Al netto di questo oggi provo a tornare su un tema che mi è stato segnalato da un lettore, amareggiato e scocertato per un tweet dell’8 marzo 2018 alle ore 11.59 dell’ex ministro della Salute, ex presidente della Regione Lazio e politico di lunghissimo corso Francesco Storace.
Il tweet recitava così: «Ora che al Sud è scomparsa la mafia su cui ha campato sarebbe molto bello che Roberto Saviano rinunciasse ai tanti poliziotti di scorta a spese nostre».
Va da se che Saviano, lo stesso giorno alle ore 16.09 abbia risposto con questo tweet: «I vecchi fasci proclamano l’estinzione della mafia. A Roma del resto la mala è loro fedele alleata. Storace vuole liberarmi dalla protezione? Non vedo l’ora».
Secondo voi Storace se l’è tenuta? Macchè…Ed ecco dunque la replica sempre l’8 marzo alle ore 16.27: «Roberto Saviano è diventato suscettibile e replica in maniera scomposta e vecchia maniera ad un mio tweet. Troppo onore, copione».
Francesco Storace, ricordiamo, attualmente e presidente nazionale del Movimento nazionale per la sovranità (non mi chiedete cosa sia), del quale il coordinatore della direzione nazionale è Peppe Scopelliti (l’inventore del modello Reggio che è talmente ben riuscito che, chissà, forse lo si vuole forse esportare, attraverso questa composizione partitica, in giro per l’Italia) e il segretario nazionale è Gianni Alemanno, ex sindaco di Roma. Li faccio questi tre nomi per contestualizzare questa formazione.
Cito, già che ci sono, un altro nome, a me del tutto sconosciuto fino a quando non sono andato a cercarlo su google: quello di Monica Assisi avvocato penalista, presidente dell’Associazione legittima difesa onlus e responsabile del dipartimento Giustizia, sicurezza e legalità del Movimento nazionale per la sovranità. Perché la cito? Perché il giorno prima, alle ore 03.37, a fronte di un diverbio, sempre via tweetter, tra lo stesso Saviano e Matteo Salvini, inarrivabile leader della Lega, se ne è uscita con questa frase rivolta allo scrittore campano: «Lei usa la mafia e le tragedie per suo tornaconto. Si vergogni per la citazione usata. Lei è un istigatore di odio e violenza allo stato puro».
Devastante il riferimento all’istigazione all’odio e alla violenza rivolto a Saviano ma del resto di più, in quelle latitudini e longitudini politiche, non ci si poteva certo aspettare.
Ma sapete perché ho deciso di farvi questa cronaca spicciola e riassuntiva?
Perché – al netto del fango buttato su Saviano, con il quale solidarizzo per quel che vale e al quale mi stringo per quel che vale – questo ennesimo scazzo sui social ha fatto perdere di vista l’aspetto più inquietante, distruttivo e devastante delle affermazioni di Storace.
Ancora una volta ci si è soffermati sul dito (la feroce polemica sulle scorte tra un ex capo ufficio stampa del Movimento sociale italiano e uno scrittore noto in ogni angolo del globo per il suo impegno) e non abbiamo dato un’occhiata alla luna, vale a dire l’affermazione di Storace che, testualmente, dichiara che «al Sud è scomparsa la mafia».
Questo mi fa indignare. Che, sull’onda di un pensiero galoppante, che accelererà la morte di questa sbrindellata democrazia italiana, un politico possa permettersi di dire che in Sicilia, Calabria, Campania e Puglia la mafia è scomparsa (se lo è in Sicilia, figuriamoci nelle altre tre regioni infestate dalla criminalità organizzata) è davvero devastante.
Questo pensiero, per carità legittimo ma per me semplicemente distruttivo – che può contare sull’adesione e condivisione di media, giornalisti (sic!), professori, politici e classe dirigente, sui quali spendere parole è inutile – è un oltraggio alla verità. Non quella del passato (remoto o prossimo che sia) ma quella attuale. Quella in cui non solo quelle quattro regioni sono alle prese con una mafia sempre più molecolare, diffusa, onnipresente e invisibile ma quella che vede la linea della palma di sciasciana memoria salire sempre più velocemente. Ben oltre la Campania, il Lazio, la Toscana e la stessa Lombardia.
Devo dire, onestamente, che nello stesso momento in cui sto scrivendo queste riflessioni, che potrebbero essere arricchite da migliaia di esempi, io stesso mi rendo conto che forse chi la pensa diversamente dagli Storace che brulicano in giro per l‘Italia, ha perso. Forse non ha mai nemmeno pareggiato, figuriamoci se ha mai vinto. Forse non ha mai nemmeno davvero gareggiato.
Chi pensa che la mafia (rectius: le mafie) sono oggi più forti di ieri e (se l’andazzo è questo) che domani saranno più forti di oggi, è destinato ad essere deriso, isolato, delegittimato e (penso ad esempio a quei pochi magistrati che sono realmente Servitori dello Stato) messi in un angolo in attesa che si compia il loro destino.
Questa è l’Italia. Senza mafia e senza paura (del ridicolo).
r.galullo@ilsole24ore.com